IN VIAGGIO CON FRIDA CERCANDO LA MATURITÀ

LE ROVINE DI SOCRATE OME al culmine di U ■ una macerazione di flj 1 scrittura poetica e di 1 1 esperienza della vita e della storia, le nuo- I ve poesie di Mario So; I crate presentano la B I straordinaria coinciV I denza dell'estrema semplicità del lessico, dei maestri, delle forme, della più fonda meditazione fino a giungere una volta per sempre a fare luce su di sé, sul mondo, sul fatto stesso di comporre poesia. II titolo di Allegorie quotidiane non potrebbe essere più adeguato. I testi sono sempre, appunto, allegorie, cioè non si esauriscono nella lettera, ma rimandano accanitamente a significati supremi, a decisive definizioni, all'attingimento di lezioni esemplari; ma tendono a questi risultati e usano di quella grande forma di costruzione letteraria e di idee che è l'allegoria attraverso i modi e gli eventi quotidiani, le esperienze comuni, i fatti normali, sollecitati quanto più è possibile dalla scrittura poetica a farsi esempi assoluti, tramiti di rivelazioni che hanno la perentorietà e la definitività di ciò che è detto sull'orlo di un eterno silenzio. La parola che scava Per questo il libro di Mario Socrate ha due aspetti fondamentali: da un lato, l'allegoria della scrittura, con la meditazione sul senso che essa ancora abbia e su tutti gli ostacoli e le difficoltà che la corrodono, la rendono fragile, vulnerabile, sottoposta continuamente al rischio dell'afasia; dall'altro lato, l'allegoria della morte. Nella «vergogna» che è il nostro tempo, il compito della parola poetica è di scavare tenacemente e disperatamente nello spessore delle rovine e' dei rifiuti per ritrovare quella verità che essa fu e che ha perduto: «Scava un'ultima volta / a trovare più giù tra quelle rovine / la voce sepolta, / in quegli inferi l'euridice / che ritorna a chi non si volta». Socrate usa di frequente la rima, il verso regolare, l'assonanza, le forme della canzonetta e dell'ode, il sonetto (e ne compone di mirabilmente perfetti per la coincidenza di LE ROVINE DI SOCRATE struttura metrica e di messaggio, di significante e di significato), cioè àncora il suo discorso poetico agli esempi luminosi della poesia dove erano Orfeo ed Euridice e la parola era integra e vera. Dì qui nasce la costante meditazione sul fare poesia, con la coscienza di essere ormai sul tragico orlo del silenzio, ma anche con l'altrettanto viva consapevolezza della scommessa e della sfida contro il nulla che lo scrivere versi è, e dell'impossibilità, di conseguenza, di accettare l'afasia della storia e della vita. Il sublime e l'umile Per questo Mario Socrate rievoca e ripropone le «favole antiche», i miti; e scrive un'intera sezione, Sogno ricorrente, che, poi, si ripropone anche in altri testi successivi, raccontando l'allegoria della rappresentazione teatrale nella quale il poeta si trova di colpo chiamato a recitare, ma nell'incertezza della parte che gli è toccata e di ogni altra parte, anzi, di ogni altro attore, a significare lo stato d'estrema ambiguità e dubbiosità delle funzioni di tutti, nel mondo d'oggi. L'altra grande allegoria del libro è quella della morte. Ne nascono testi di particolare intensità, come Gli immemori. Confidenziale, Congedo, Dall'un dei capi, Vaglia, Finitudine, Prima, dove ora il mito (anche religioso) si prolunga nell'ambientazione quotidiana di pensieri, atti, sussulti di vita, ora il quotidiano lievita nella visione rivelatrice o è il fondamento del decisivo pensiero di attesa, di consapevolezza, di accettazione della morte. Credo che la più alta poesia moderna nasca dalla più accentuata antifrasi, cioè dal contrasto, in ogni momento, del sublime e dell'umile, del comico e del tragico. Le Allegorie quotidiane di Mario Socrate sono un mirabile esempio di tale condizione della poesia. Giorgio Barberi Squarotti Mario Socrate Allegorie quotidiane Garzanti pp. 118, L. 25.000

Persone citate: Congedo, Giorgio Barberi Squarotti, Mario Socrate, Socrate, Sogno, Vaglia

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