UNA POESIA QUASI MATEMATICA

UNA POESIA QUASI MATEMATICA UNA POESIA QUASI MATEMATICA L. TORINO ^ ARTE degli Anni / Sessanta è at* tualmente oggetto di attenta revisione storica: tra le varie tendenze, le ricerche ottico-cinetiche o programmate, che erano le più avanzate nei primi anni del decennio, sono ancora un campo aperto di rilettura. Una galleria torinese, la Rocca6, dedica a Getulio Alviani, uno degli artisti più rappresentativi di questa tendenza, una mostra che resterà aperta fino al 30 giugno. La mostra è la terza di un piccolo ciclo espositivo sull'arte degli Anni Sessanta, che ha compreso Maurizio Mochetti e Gianni Piacentino, con catalogo a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Angela Vettese. Le opere di Alviani esposte sono indicative del percorso dell'artista che, nato nel 1939 a Udine, dal 1961 a oggi è fermamente indirizzato verso lo studio della dinamica di rifrazione della luce sui materiali, sugli effetti percettivi di superficie a colori differenziati, sulla possibilità di modificazione di figure geometriche derivate da formule matematiche. La poetica di Alviani è nata nel complesso nodo di ricerche dei primi Anni Sessanta quando, in reazione alla pittura informale, si tendeva a uscire dal limite del quadro, verso una dimensione «al di là della pittura». Per una naturale propensione verso l'ordine e la costruttività, Alviani si era subito diretto verso un'integrazione tra metodologia scientifica e metodologia artistica, nella finalità, già bauhausiana, di un sodalizio tra arte e industria. Perseguendo questa finalità, ha frequentato i corsi della Scuola di Ulm, legandosi d'amicizia con Max Bill e Al- bers; e ha diretto dal 1981 al 1985 il Museo d'Arte Moderna e la Fondazione Soto a Ciudad Bolivar in Venezuela. In mostra, vi sono alcuni esemplali delle note Superfici a testura vibratile del 1961-63, ottenute mediante sapienti fresature di alluminio, dalla cui lavorazione e incastro scaturiscono immagini luminose prospettiche, a seconda degli angoli visuali e dell'incidenza della luce. Tra le opere più recenti, la grande scultura in acciaio Cerchi progressivi del 1978 si articola da una crescente dilatazione del diametro del cerchio da cui è generata; e la serie 1.2.3.4.iscritto nel cerchio vuole rappresentare, da una formula matematica, una progressione di poligoni colorati dai lati in crescita iscritti in un cerchio. Tra le opere del '90-'91, la più interessante è quella eseguita sulla parete della galleria, dal titolo Bianco, nero e ombra, la cui essenzialità minimale diviene la chiave di lettura della poetica dell'artista: una serie modulare di fettucce nere tese orizzontalmente a regolari intervalli sul muro bianco crea effetti ottici di vibrazioni e di ombre, coinvolgenti l'ambiente e lo spettatore. Il movimento virtuale, le indagini sulle modificazioni percettive dei materiali, la ricerca di un rapporto interattivo con lo spettatore, costanti dell'iter di Alviani, sono oggi ripresi e portati avanti nel lavoro di molti giovani artisti, specialmente in area francese. Essi, raccogliendo l'eredità delle ricerche ottico-cinetiche degli Anni Sessanta in Europa, tendono a riconvertire in una «nuova» dimensione estetica le esperienze tecnicoscientifiche più avanzate. Mirella Bandini Alviani: «Bianco, nero e ombra» e «Cerchiprogressivi» (pari.)

Luoghi citati: Ciudad, Europa, Torino, Udine, Venezuela