RUGARLI: DOLCE E' L'APOCALISSE

RUGARLI: DOLCE E' L'APOCALISSE RUGARLI: DOLCE E' L'APOCALISSE FINITI i tempi dei miti e delle leggende, sarebbe un guaio se dovessero finire anche quelli della cronaca nera». E' una frase tratta da uno dei nove racconti narrati secondo II punto di vista del mostro di Giampaolo Rugarli, che sembra ritagliare le sue storie dalla realtà della cronaca per risolverle poi nel grottesco. Cinquantanovenne napoletano, ex funzionario di banca in pensione dal 1985, si è rivelato come scrittore solo nel 1987, ma questo ritardo sembra aver suscitato in lui un'ansia di recuperare il terreno perduto. Sette libri in quattro anni creano perplessità nella critica e spiazzano il lettore, non più abituato ai ritmi degli autori ottocenteschi di feuilleton. Forse quelle storie giacevano da anni nel cassetto, o forse sono nate anche sotto l'impulso di una pressante richiesta editoriale. Non lo sappiamo, e non aiuta certo ad illuminare il suo itinerario narrativo il fatto che nessuno di questi racconti sia datato. Il grottesco di Rugarli, atipico nella tradizione letteraria italiana soprattutto recente, non è una deformazione della realtà in senso tragicomico, ma piuttosto una prospettiva straniata del quotidiano, un modo rovesciato di guardare le cose che prende le distanze dalla cosiddetta normalità, come la tecnica dello straniamento illustrata dal formalista russo Sklovskij. Una musica cechoviana Accanto a questo registro c'è una musica cechoviana, un malinconico e insieme crudele disincanto, una sorta di apocalisse dolce che smussa le asprezze della vita. Quando i due toni si fondono, Rugarli raggiunge i risultati migliori, come nel breve romanzo d'esordio Il superlativo assoluto, storia di gelida solitudine dove una zitella in pensione sottopone il suo autobiografico manoscritto a un grande editore ricevendo in cambio continue proposte di riscrittura, di varianti che rimettono in discussione le radici della sua um- bratile vita. Le storie di questi racconti non sempre riescono a stare in equilibrio sul filo sottile che unisce grottesco e disincanto, e il rischio di cadere nel maniacale e nel morboso è sempre latente. Due anziani bancari si sfracellano con la Volkswagen contro un platano mentre progettano di narcotizzare e rapire due bambine con gli occhi viola (Pornoracconto), un esibizionista insospettabile scandalizza l'operaia di un calzaturificio (Scopertamente), un infermiere che trasporta cadaveri nei sotterranei di un ospedale crede di aver ucciso il suo collega malato di leucemia infilandogli un catetere {Il paramedico), un filosofo della scienza diventa coprofilo scrivendo un saggio su Sade (Sadismo), un sociologo influenzato da pratiche magiche suscita scandalo per il linguaggio osceno e blasfemo {Avventura del professor Gibilisco), una vecchia governante diventa complice della madre e fa morire le mogli del figlio per favorire la sua passione incestuosa (Odore di fumo). I racconti migliori sono quelli in cui i mostri sono esseri normali, come noi, fragili e inermi, disponibili a gustare un grano di follia per sfuggire alle brutture del mondo o «perduti nel labirinto all'inseguimento della bellezza». Il protagonista di Autodifesa che, attratto dall'«ascosa bellezza» di una gigantesca contessa, la sposa e, non riuscendo a soddisfare il desiderio erotico di quel corpo «immenso e vorace» e scopertosi tradito, le spacca la testa con un ferro da stiro. Il latinista e accademico dei Lincei di Metempsicosi che, deluso da una moglie puttana, si sfoga scrivendo un diario sulla sua metamorfosi in gatto, fico e vibrione del colera. L'assassino del racconto eponimo - già pubblicato in versione teatrale con il titolo L'orrore che mi hai dato (Marsilio) -, un regista fallito che strangola vecchie donne, le disseziona e infiora i cadaveri con le foglie della malvarosa e i versi del Pascoli. Anche lui devastato da un'idea di bellezza. Massimo Romano Giampaolo Rugarli Il punto di vista del mostro Mondadori pp. 239. L. 29.000 Giampaolo Rugarli

Persone citate: Giampaolo Rugarli, Gibilisco, Massimo Romano, Rugarli, Sklovskij