CARO PINOCCHIO SEI TRASFORMISTA

CARO PINOCCHIO SEI TRASFORMISTA CARO PINOCCHIO SEI TRASFORMISTA BPADOVA UFFO il Pinocchio africano, lituano, russo, brasiliano, sudamericano. Ecco, come il mondo vede il famoso burattino toscano, diventato un simbolo come la torre di Pisa: calato e affratellato, col suo lungo naso, nelle varie realtà locali in contesti nuovi e fantasiosi. C'è, ad esempio, un Pinocchio scanzonato e birichino del Madagascar: volto esotico, sandali, uno sfondo variopinto e una fata dagli occhi a mandorla, che stringe al petto un bambino in «carne e ossa», nato da quello di legno. E' un olio su tela del pittore malgascio Noèl Razafintsalama, nato nel 1937 a Ifody, illustratore nel 1973 di una edizione nella sua lingua delle Avventure di Pinocchio. E' una delle oltre 100 immagini di grafici di 30 Paesi di cinque continenti, che affollano il cinquecentesco oratorio di San Rocco (sino al 30 giugno, lunedì escluso). La mostra, organizzata dall'assessorato alla Pubblica Istruzione e Cultura della Provincia di Padova, curata da Piero Zanotto, come il catalogo (Editoriale Programma), presenta le varie interpretazioni figurate del celebre personaggio, ad un secolo dalla prima traduzione del libro in Inghilterra apparsa nel Natale 1891. Il Pinocchio di Carlo Lorenzini (in arte Collodi) nasce come volume nel 1883, dopo essere uscito in 36 capitoli a puntate nel corso di tre anni sul «Giornale per i bambini». Da allora, un boom di edizioni: francese (1902), tedesca (1905), russa (1908), statunitense (1909), svizzera e romena (1911), spagnola (1912). Il burattino «meraviglioso di legno che balla, ti¬ ra di scherma, fa salti mortali» gira rapidamente il mondo proprio come aveva voluto il suo simpatico papà, mastro Geppetto. Colpisce la fantasia, ispira favole e figure. Le prime immagini sono quelle di Fleres, il tipografo dei fascicoli, poi quelle del fiorentino Enrico Mazzanti, che illustra in bianco e nero, sulla scia del Dorè, l'edizione del 1883, poi quelle più realistiche di Carlo Chiostri del 1904, e di tanti altri. Sino a queste, esposte, opera di «figurinai» nati negli ultimi cinquant'anni. Opere che manipolano, trasformano, snaturano bizzarramente il personaggio. C'è, ad esempio, il Pinocchio giapponese Shinobu Ariga, trattato come una stampa: una figuretta corta dal naso a carota che vola tra le stelle nel paese dei balocchi, reso con estroso collage di disegni a china ed acquerello. O il Pinocchio dal lunghissimo Naso delle bugie dell'iraniano Ali Baniasadi, immerso in languide atmosfere orientali. Il Pinocchio di Fellini, che fa la caricatura di Benigni e la farina cattiva (un po' banale) di Crepax, a china ed acquerello. C'è uno splendido, quasi metafisico Naso bugiardo del polacco Oblucki e un geometrico Desiderio d'amore - Pinocchio che sogna le labbra rosse - del russo Parshikov. Ci sono Pinocchi alla Disney come quello del fumettista Asteriti o erotici come quello che spasima sotto lo sguardo di una bella ragazza del bolzanese Milo Manara. Persino con ironici nasi fioriti dell'inglese Richard Thompson o infilati e germogliati in vaso nel disegno di Cavallerin. Povero Pinocchio internazionale: gliele hanno fatte proprio tutte. Maurizia Tazartes «Oh, Fatina mia!»: l'inocchio in un disegno di Milo Manara esposto all'oratorio di San Rocco a Padova

Luoghi citati: Inghilterra, Madagascar, Naso, Padova