COSI' NACQUE IN MARTINI IL DESIDERIO DI RACCONTARE MITI

COSF NACQUE IN MARTINI I SO CCONT COSF NACQUE IN MARTINI I SO CCONT QIL DESIDERIO DI RACCONTARE MITI crisi del gruppo «Valori Plastici», a cui aveva aderito con il consueto entusiasmo, accettò di diventare «aiuto» dell'artista americano Maurice Sterne. Questi, che da molti anni lavorava tra Roma e Anticoli Corrado, gli garantiva una lauta paga. Ed egli, lasciate a Vado Ligure la moglie e la figlia nata da poco, si trasferì nel piccolo borgo laziale. Così, all'improvviso si trovò tra contadini e pastori. Come scriveva alla moglie, vita molto primitiva... per ogni strada puzza di sterco o di capre o maiali, vacche e somari. Il lavoro era sodo ma come studio aveva una bellissima chiesa abbandonata, piena di pitture antiche. Anche i contatti con gli artisti che venivano a villeggiare da Roma gli furono utili, perché non gli fecero perdere i contatti con il dibattito artistico. I rapporti con Sterne furono poi migliori di quanto forse per pudore - raccontasse agli amici. Cosciente del proprio valore, certamente era insoddisfatto di creare opere per un altro. In cuor suo sperava di liberarsene presto, magari con uno scandalo riparatore. Ma aveva a disposizione tempo per le proprie ricerche, per meditare, senza assilli economici. E, in fondo, era sicuro che i riconoscimenti e il successo non avrebbero tardato. D'altro canto, vivere vicino ad un artista assai colto come l'a- mericano, il quale aveva girato mezzo mondo, gli fu proficuo. Specie il lavoro per il «Monumento ai pionieri», che Sterne doveva inviare negli Stati Uniti, costituì un arricchimento di cui si vedranno i frutti nel 1931, alla Quadriennale di Roma, dove ebbe il primo premio. In conclusione un periodo importante, da cui prenderà avvio quella svolta che lo consacrerà tra i maggiori scultori del suo tempo. Fu in quel clima particolare che egli mise definitivamente a fuoco quel desiderio di raccontare miti, principio basilare della sua poetica. Da allora, il progressivo dispiegarsi di un nuovo percorso. Racconti di scarna essenzialità, tramite statue o, ancor meglio, bassorilievi di straordinaria espressività. Nei quali campeggiavano figure umili e, al tempo stesso eroiche, nella loro dura fatica quotidiana. Scene colme di attesa, trepidante, misteriosa. Da inserire come formelle, più o meno grandi, in monumenti pubblici, simili a quelli medievali. Proprio ad Anticoli il tentativo di una fontana, forse ricordo di quella di Perugia di Nicola e Giovanni Pisano. Una compiuta visione poetica che, dopo molti travagli, ebbe la sua alba nel piccolo «presepe», alto a picco sull'Amene. pevolezza della sua genialità. Il più convinto era lui stesso e non ne faceva mistero. Ma l'irrequietezza stilistica, che nasceva dal suo bisogno di sfuggire gli stilemi e ricapitolare ogni volta, a seconda delle necessità espressive, tutta la storia dell'arte - dagli etruschi al romanico, da Donatello a Barlach - ne ostacolava la piena maturazione. E fino a quel momento, pure per il suo vittimismo, solo delusioni. Fu a questo punto che, oppresso dalle necessità economiche, frustrato per la rado d'Antiochia, da cui il nome. Famoso per le floridissime modelle, fin dall'Ottocento fu meta di artisti. Fra gli altri: Sartorio, De Carolis, Carena, Ferrazzi, Capogrossi, Pirandello, nonché Mestrovic, Kokoschka e parecchi stranieri. Quando Arturo Martini vi pose, come egli disse, le tende, aveva 35 anni. Alle spalle, dopo il noviziato presso artigiani e una fabbrica di ceramiche di Treviso, un inizio piuttosto difficile e parecchi vagabondaggi. Anche a Monaco e poi a Parigi, con l'amico Gino Rossi. Presentando, nel 1922, una sua mostra a Firenze, con affettuosa ironia Savinio lo definì: artista girovago e invaso dal demone del moto. I compagni e i critici più attenti ebbero subito consa¬ movastrdi [f.v.l