DORMO DUNQUE CREO

DORMO DUNQUE CREO DORMO DUNQUE CREO Un 'inchiesta e un pamphlet sulVarte di prender sonno PETROUSKA si addormentò di quel sonno mirabile di cui dormono solo i fortunati che non sanno che siano né emorroidi, né pulci, né troppo elevate capacità intellettuali»: Le anime morte, prima parte, fine del capitolo sesto, incantevole. Ma Gogol, oggi, avrebbe torto. Zeri, per esempio, dorme benissimo, sei, sette ore filate, «dalle dieci, anche dalle nove di sera», benché ami, come talvolta ha raccontato, le esplorazioni notturne, le città nel buio. Si sveglia all'alba, per cominciare a leggere, a sentir musica. Come si faceva da bambini, dice: «Mi lavo gli occhi con l'acqua fredda, sperando di non ricordare i miei sogni». Perché teme i sogni premonitori; la sera non mangia nulla di pesante, «pochi grammi comunque. Ma questi sogni non bisogna evocarli, è sicuro che tra poco ne farò uno terribile». Adesso è un po' preoccupato. Luciano Berio invece è olimpico: «Tutte storie, gli artisti, i musicisti dormono». Come il servo Petrouska? «E anch'io, dormo». Rossini, si sa; Wagner faceva spesso notte ma poi dormiva, faccende di soldi e di cuore permettendo. «Mozart no poveretto, o lavorava o era in viaggio, a farsi sballottare in carrozza». Berio non è disturbato da visioni, «anzi la cosa che meno mi interessa di Freud è la sua Interpretazione dei sogni». Il libretto di Jean-Paul Il sonno dell'intellettuale - nel senso ristretto del dormire, beninteso -, è sempre così tranquiUn'i'.J.'uyiW' di oggi che scrive (o recita o compone) assomiglia molto di più a Orazio il dormiglione che a Celine perennemente vigile e straziato nella sua poltrona? Mai un peccato, mai un rimorso? E' una curiosità, un po' indiscreta, che ci viene sollecitata dall'Arte di prender sonno di Jean-Paul Richter, pamphlet-apologo finemente intessuto di umori e di veleni che, sperduto nel tempo, arriva in Italia dopo quasi due secoli grazie al Melangolo (pp. 77 L. 8000, traduzione di Paola Biale, comprese due appendici La fortuna di esser sordo dall'orecchio sinistro e L'annientamento). I comandamenti-sedativo dell'autore di Anni acerbi e di Hesperus, funambolico coevo di Goethe, puro Sturm und Drang, svisceratamente amato da Gadda, sono addirittura 14, elementari e barocchi, d'abissale estetismo e di non dissimulata ironia. Si comincia con l'invito a «contare» già tenuto in considerazione da Leibniz (nientemeno): «Infatti l'intera filosofia, anche la matematica, non ha grandezza astratta meno interes¬ sante per noi del numero. Scommetto che nessuno si addormenta più facilmente del matematico e nessuno più difficilmente del poeta e dello statista». Non è detto. Romanticamente, Jean-Paul è convinto che il sonno si ottiene soprattutto esercitando l'arte di tediare se stessi; propone, quindi, di recitare sonetti, roba poetica disprezzata perché «come nelle bambole meccaniche nulla vi si muove più vivacemente del posteriore, cioè della rima»; di fare come Mecenate che dormiva solo tra rumori d'acqua, o come Franklin che riteneva efficacissimo cambiar letto durante la notte (metodo adatto non solo ai giovani). Per addormentarsi non bisogna comunque mai pensare al futuro, ma solo al passato: in questo caso la seccatura è garantita, meglio dormire. A un piccolo Proust contemporaneo alcuni di questi espedienti potrebbero forse servire davvero, ma dalle brevi quasiconfessioni che seguono, pare che il nostro panorama delle lettere e delle arti sia sorprendentemente quieto. Il poeta sogna. «Sogno cerca sogno - scrive Richter -, nella grande ombra della notte ogni ombra gioca con noi mortali e ci considera suoi simili». E Mario Luzi dice: «E' bello, io sogno il riaffiorare di certe figure, magari appena notate, che si caricano di energia, di significato. C'è anche una dislocazione nel pianeta, la perdita di peso, essere in grado di nuotare nell'aria, entrare entro materie, aprirsi varchi. La notte è un viaggio nell'Ade o nei Campi Elisi, può avere il suo paradiso». Anche Luzi dorme bene, «ma amo le pause che il sonno mi regala, mi è caro anche per queste lacune, oasi durante le quali sono tutto mio, come dice Leonardo. Allora ripenso, scrivo mentalmente. La notte è la madre, ci offre sostanze, ci nutre. Mi piace poi se questa veglia è vicina all'alba, ai primi sintomi della giornata, quando il silenzio è diverso». Quel silenzio è amato anche da Natalia Ginzburg. Ha ricominciato ad alzarsi alle 4 del mattino: «Sono ore ottime - racconta con voce serena -, mi pre- paro il caffè, ho buon umore e voglia di fare, scrivere o leggere o tradurre. La mattina, anche quando è ancora buio, va tutto bene». Meno distesa la sua sera: «L'avvicinarsi del sonno è un momento di cui ho paura. Non mi viene in mente la morte, piuttosto pensieri come i debiti, le colpe. La fine della giornata mi dà il senso che devo rendere conto di quello che ho fatto o devo fare. Certe volte non si riesce a dormire per collera, se sono arrabbiata con qualcuno io non dormo». Paola Capriolo dorme come dormono i giovani, molto e soprattutto il mattino. «E me ne faccio una questione di principio, con il sonno ho un rapporto da persona viziosa, voglio dor¬ mire nelle ore proibite. La notte invece è spettacolo, è da guardare, anche se sto nel mio letto e leggo». «Leggere - come consiglia Elias Canetti - sino a che le ciglia risuonino lievemente dalla stanchezza»? «No, vedere la tv sino a quando gli occhi si chiudono - è l'imperativo categorico per Sebastiano Vassalli -. Da ragazzo il mio bisogno di dormire era soprattutto legato alle emozioni: un grande avvenimento, un exploit di qualsiasi tipo chiedevano, con urgenza, quasi drammaticamente, un sonno lungo, profondo, riequilibratore. Adesso il mio approccio è molto più lento e vuole una mediazione: così a qualunque ora, siano pure le due della notte, per addormentarmi ho biso- gno di 20 minuti di tv. Anche in albergo, in Paesi stranieri. Anzi la funzione viene meglio dove non si conosce la lingua, quando la tv rimane del tutto spogliata della parola, quando diventa puro suono o pura immagine che si muove. Forse è un modo per non interrompere la macchina del pensiero che uso anche durante il sonno». «Dormire! Sognare, forse», oppure camminare ad occhi chiusi? Vittorio Gassman rimpiange, da vero eroe romantico, kleistiano, il suo sonnambulismo giovanile che attribuisce anche a Vincenzo, protagonistaalter ego nelle Memorie del sottoscala. «Sono stato sonnambulo sino ai 30 anni, un sonnambulo serio, mi hanno pescato mentre stavo per uscire di casa, era uno stato che mi interessava e di cui ho avuto in seguito punte di nostalgia, uno stato intermedio in cui uno si rende conto di essere in una situazione innaturale che però contiene elementi di fascino». Quel «linguaggio del Tutto divino» di Novalis e soci. Ma il tempo lo ha compensato di questa privazione perché «con gli anni si impara a condurre il proprio sonno e parzialmente i propri sogni, si può farne un poco la regia. Il teatro e soprattuto il cinema mi hanno insegnato persino a provocarlo il sonno, magari di giorno, in situazioni scomode. Il sonno pomeridiano è molto piacevole, ha il sapore di un piccolo furto alla realtà». La voce di Villaggio Il buon sonno accompagna anche il comico, dopo che egli ha assolto alla sua principale funzione che è quella di disturbare il nostro. «Ma c'è chi disturba il mio - dice per^divertimento Paolo Villaggio -: Fellini, sempre sveglio, all'epoca della Voce della luna, ci cercava all'alba. Benigni ne uscì pressoché distrutto. Io ero contento, invece. Perché anch'io sono capace di guidare il mio sonno, sonni lunghissimi in barca, nei viaggi; sogni meravigliosi in Polinesia; sonno come vuoto assoluto, come rifugio, grotta, protezione durante i periodi di più intenso lavoro. Sveglia prestissimo, invece, quando scrivo, (come adesso che sta finendo una specie di autobiografìa, attesissima dal mondo editoriale, ndr), ho quasi un bisogno fisico di quel momento di attesa, il passaggio dal buio alla luce, purché vicino a me ci sia mia moglie». Mattinieri, casalinghi, controllati, mai una sregolatezza, i nostri amabili intellettuali sono quasi deludenti, meno inventivi addirittura dei politici: un ministro degli Esteri che danza e seduce, un Presidente della Repubblica che scandalizza e attacca. «Ora con il telefono cellulare - dice Andreotti Cossiga mi raggiunge persino mentre faccio la mia ginnastica giapponese». L'alba può essere anche un momento diabolico. tare» già tenuto in considerazione da Leibniz (nientemeno): «Infatti l'intera filosofia, anche la matematica, non ha grandezza astratta meno interes¬ dossale parlare di suicidio. Addormentarsi è tutt'al più l'abban- sua opera è nata di notte: questi uomini hanno una percezione superiore della Tenebra, sono delle talpe veggenti». avevano fenomeni simili al mio, fui guarito da un veterinario». «Poiché tendo ad accettare le cose, non a combatterle, non mi sono mai allarmato per la mancanza del sonno. La notte non è ministro degli Esteri che danza e seduce, un Presidente della Repubblica che scandalizza e attacca. «Ora con il telefono cellulare - dice Andreotti Cossiga mi raggiunge persino mentre faccio la mia ginnastica giapponese». L'alba può essere anche un momento diabolico.

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