Etica ed economia: Berlin, Gallino, La Malfa, Martini, Romiti

Etica ed economia: Berlin, Gallino, La Malfa, Martini, Romiti Etica ed economia: Berlin, Gallino, La Malfa, Martini, Romiti IL libro che raccoglie i saggi su Etica ed economia di Isaiah Berlin, Luciano Gallino, Giorgio La Malfa, Carlo Maria Martini e Cesare Romiti, con una introduzione di Salvatore Veca, ha già una storia abbastanza lunga: per la maggior parte, raccoglie gli interventi a un convegno che si è tenuto un paio di anni fa e intorno al quale si sono già svolte numerose discussioni, rinnovate di recente in occasione della presentazione pubblica del volume in alcune città italiane. E' dunque, più di molti altri, un libro che si deve leggere con una intensa attenzione al suo contesto. Il contesto dentro cui oggi sembra di doverlo leggere è anche determinato dalle discussioni che si sono fatte intorno alla guerra del Golfo: anche in quelle discussioni, si è trattato spesso della contrapposizione tra un atteggiamento morale orientato soprattutto ai principi (secondo la massima «fai quel che devi, accada ciò che può») e uno più preoccupato di calcolare le conseguenze delle azioni. L'analogia è significativa almeno nel senso che una delle conclusioni a cui si arriva leggendo questo libro è che la pura morale dei principi deve fare i conti, nel caso delle decisioni economiche, con un in¬ sieme di conseguenze e connessioni così complesso che, alla fine, sembra diventare proprio un dovere morale assoluto quello di diffidare della morale dei principi. Da questa specie di contraddizione sembra si possa uscire soltanto accettando una garanzia trascendente del nesso tra giustezza morale delle decisioni e loro efficacia pratica nell'assicurare il raggiungimento dei fini migliori: è questo il senso dell'intervento del cardinale Martini nel quale la consapevolezza della complessità delle decisioni non scalfisce la convinzione che «la corretta impostazione dell'attività aziendale è garanzia di sviluppo dell'azienda stessa»: la correttezza qui non è evidentemente solo «tecnica», misurata in termini di efficacia, ma anzitutto morale, misurata in relazione a imperativi di solidarietà, bene comune, promozione del vero bene, ecc. La garanzia deriva dal fatto che, in ultima analisi, nella prospettiva teologica del cardinale, l'ordine morale e l'ordine naturale della creazione si corrispondono perfettamente: se fai quel che devi non possono che seguirne effetti buoni anche sul piano dell'utilità pratica. Se le cose stessero davvero così, non sussisterebbero poi grandi differenze tra la posizione di Martini e quella che, nel libro, sostiene Cesare Romiti, per il quale la moralità dell'imprenditore consiste nel perseguire fermamente il fine proprio (nel linguaggio del cardinale Martini si dovrebbe dire «naturale») dell'impresa, che è quello di produrre beni e servizi al massimo delle sue possibilità, e cioè anche, necessariamente, il massimo profitto. Un imprenditore che, magari per ottimi motivi «morali», decida in contrasto con le ragioni dell'efficienza e della produttività opera contro il suo dovere morale. Se davvero la correttezza morale è garanzia di efficacia, come pensa Martini, allora anche la riuscita economica dell'impresa è segno che si è agito moralmente bene (non lo pensa solo Romiti; l'ispirazione religiosa dello spirito capitalistico è un fatto ben noto, almeno a partire da Weber). Ma forse la religiosità di Romiti non è così radicale come quella del cardinale: egli dubita giustamente, in fondo, che il successo economico sia, di per sé, un segno della giustezza morale delle decisioni. Introduce quindi una importante specificazione: lo sviluppo e il profitto vanno perseguiti con tutti i mezzi legittimi. I valori a cui Romiti si richiama per precisare questa legittimità non sono poi, nel loro contenuto, molto diversi da quelli che anche Martini approverebbe: la trasparenza delle decisioni, la fedeltà alla parola data, il rispetto per il merito e l'impegno individuale, la libera concorrenza e in generale la libertà, il benessere del maggior numero possibile. Ma ciò che sembra significativo, qui, anche alla luce degli altri interventi (e penso soprattutto a quello, molto complesso e molto ricco, di Luciano Gallino), è che il richiamo alla legittimità apre il discorso proprio verso quella comples¬ riducono poi a quelle illustrate da Romiti; e che queste regole valgono solo entro limiti fissati da principi di legittimità più generali, i quali non possono essere dedotti dall'ordine naturale della creazione e (quindi) nemmeno solo dagli imperativi morali che risuonano nella coscienza del singolo. In un'epoca di pluralismo degli ideali morali, il dovere morale assoluto, se ce n'è uno, è di conformarsi alle proprie motivate convinzioni nel rispetto della pari libertà di tutti gli altri. E' un dovere che si adempie anzitutto garantendo (anche da parte dei grandi potentati economici) l'effettiva libertà della stipulazione politica delle regole di convivenza. Come in molti altri campi (ed è questo un altro pregio dell'appello alla trasparenza che risuona nel discorso di Romiti, al quale a torto si è spesso rimproverata proprio la sua eccessiva franchezza) anche nel caso di etica ed economia è probabile che alla fine si debba fare attenzione, più che alla «trave» dei grandi valori, alla «pagliuzza» delle procedure. sità entro la quale le decisioni economiche si collocano, e che rende in qualche senso troppo semplicistica la pretesa di riferirsi solo alla voce della coscienza individuale. Non c'è, in ultima analisi, un passaggio diretto tra l'etica (la moralità delle decisioni del singolo come conformità a un imperativo che egli sente come obbligante) e l'economia, a meno che si voglia credere davvero in un ordine naturale garantito dall'autore stesso della creazione. I doveri e le regole La connessione, e insieme il quadro entro cui la moralità dell'azione individuale non è solo un modo di «mettersi a posto la coscienza» o un cieco atto di fede, è invece da ricercarsi nella politica, come stipulazione libera, rischiosa in quanto affidata ai meccanismi democratici, delle «regole del gioco» in base a cui i mezzi del perseguimento del profitto diventano legittimi. Con ciò non si sposta semplicemente il problema dell'eticità dell'economia all'eticità della politica; o, meglio, con questo spostamento si fa anche un passo avanti. Viene in luce, infatti, che l'attività economica ha sue specifiche regole tecniche le quali si Isaiah Berlin Gianni Vattimo Autori Vari Etica ed economia Editrice La Stampa pp. 129. L 15.000