Dietro lo scoppio un pugno di soldi

Dietro lo scoppio un pugno di soldi Arrestati i proprietari del negozio fatto saltare in via Lauro Rossi a Barriera di Milano Dietro lo scoppio un pugno di soldi Sette feriti, per fortuna non gravi. La ricostruzione Per puro caso non c'è stata una strage. Basti dire che lo scoppio nella gastronomia ha letteralmente sollevato il soffitto dell'alloggio soprastante, tranciando muri e putrelle, sino a fargli toccare la volta del secondo piano. Poi tutto è ricaduto nel negozio ormai in fiamme. Fortuna ha voluto che la famiglia che viveva al primo piano fosse fuori casa, diversamente i morti sarebbero stati parecchi. E che dire della sorte toccata a Maurizio Jannetta, che passava sulla sua Uno rossa davanti alle serrande della gastronomia esattamente nel momento dell'esplosione? Poteva essere l'ennesima vittima. Lo spostamento d'aria ha fatto volare per 10 metri la sua macchina (sin sopra il marciapiede opposto) eppure il Jannetta ha avuto appena sette giorni di prognosi per escoriazioni al volto. Fortuna, nella sfortuna. Lo scoppio, avvenuto venerdì sera alle 21,15 in piena barriera di Milano, nei locali di un negozio di gastronomia di via Lauro Rossi 3, è ormai divenuto un fascicolo giudiziario. I carabinieri hanno risolto il caso a tambur battente, tutto è stato chiarito ed i responsabili arrestati. Il bilancio però è pesantissimo: dal palazzo di quattro piani sono state sfollate 56 persone, l'intero edificio è inabitabile. I danni sono di miliardi anche perché l'esplosione ha coinvolto i condominii circostanti nel raggio di centinaia di metri. Via Lauro Rossi, proprio all'angolo con corso Giulio Cesare, vista alla luce del sole, pare un campo di battaglia. La strada è transennata, sull'asfalto ci sono le carcasse di sei auto, di cui quattro completamente bruciate. Ovunque sono sparsi frammenti di serrande e finestre, i detriti ed i cumuli di macerie sono alti metri. Alzando gli occhi sulle case non si vedono che tapparelle a pezzi e porte finestre sfondate. Inutile aggiungere che i vetri rotti sono stati migliaia, anche a tre o quattro isolati di distanza, tale è stato lo spostamento d'aria. Almeno duecento famiglie della zona sono al freddo per aver porte e finestre gravemente danneggiate. I responsabili. Sono i proprietari della gastronomia, i fratelli Paolo ed Andrea Scalavino, di origine pugliese, 31 e 30 anni, entrambi sposati con due figli. Abitavano rispettiva¬ mente a Venaria, in via Palestra 20, e a. Torino in via Caio Plinio 34, ma ormai il loro domicilio è il carcere delle Vallette perché sono stati arrestati in flagranza per «disastro doloso», un reato che prevede sino a 12 anni di carcere. Sulla loro colpevolezza non ci sono dubbi, anche il movente per cui hanno tentato la truffa all'assicurazione, fingendo un attentato del racket, è stato accertato con sicurezza. I due fratelli erano carichi di debiti, anche nei confronti dei fornitori del negozio che gestivano da 5 anni. I carabinieri starebbero inoltre per arrivare ad altre irregolarità, su cui proseguono le indagini, che l'esplosione avrebbe dovuto cancellare. I fratelli Scalavino sono già stati interrogati dai magistrati, Ugo De Crescienzo e Anna Maria Loreto, coordinati dal dottor Marcello Maddalena, che hanno potuto usufruire delle testimonianze di molti abitanti dei palazzi vicini alla gastronomia. I due sono stati feriti dall'esplosione (evidentemente hanno innescato loro la miccia passando dal retro del negozio dopo aver finto di chiuderlo a fine giornata) e sono stati presi dai carabinieri nascosti in un garage a po¬ che decine di metri grazie alle indicazioni dei testimoni che li avevano visti fuggire. La ricostruzione. Dopo i primi accertamenti della scientifica, ma dovranno seguire ancora analisi e prove di laboratorio, i carabinieri del maggiore Muggeo e del capitano Polvani ritengono di aver chiarito la dinamica dello scoppio. I due fratelli hanno preparato una bomba con polvere pirica, sono state trovate tracce, per far saltare il negozio e reclamare l'assicurazione (stipulata un anno fa, prevedeva anche la clausola dell'attentato del racket) ma hanno commesso due errori fondamentali. Innanzi tutto hanno esagerato con l'esplosivo, in quantità sproporzionata visto che si trattava solo di danneggiare merci e locali, e poi hanno saturato l'ambiente con vapori di benzina che hanno ancor più ingigantito la deflagrazione. Probabilmente la benzina è stata usata come «miccia», nel senso che gli attentatori pensavano di innescare la bomba dando fuoco ad un «striscia» di benzina che partiva dalla porta sul retro. Però, i due non hanno calco¬ lato che la benzina evapora in fretta, l'ambiente è stato saturato in un momento e quando è stata accesa una fiamma è subito saltato tutto con effetti disastrosi. Proprio come era successo in via Tonello 5, nove anni fa, quando ci furono sette morti. Eliseo De Cubellis ed il suo socio in un minimarket Conad incaricarono Aldo Arnone, pregiudicato, di simulare un «attentato» al loro esercizio commerciale. L'Arnone versò benzina e finì anche lui svenuto ed ustionato nel cortile sul retro. Tutto uguale, salvo che allora la fortuna non fu dalla parte delle famiglie che vivevano nel palazzo. Gli sfollati. Sono 56, di cui otto ospitati in alberghi a cura del Comune e gli altri in casa di parenti ed amici. Per loro si profilano mesi ed anni difficili, perché proprio l'esperienza di via Tonello insegna che la vicenda giudiziaria provoca ritardi nella ricostruzione degli alloggi. L'intero palazzo di via Lauro Rossi 3 è sotto sequestro per le perizie ed i sopralluoghi in attesa del processo. Insomma, passeranno anni. Marco Vagliettl Quell'esplosione poteva provocare una vera strage. Miliardi di danni Edifìcio inagibile: sfollate 56 persone. Le testimonianze di passanti e vicini Venerdì sera, via Lauro Rossi: i primi soccorsi dopo lo scoppio avvenuto all'interno della gastronomia

Luoghi citati: Milano, Torino, Venaria