Da domenica a Venezia

Favolosi Celti re d'Europa Da domenica a Venezia Favolosi Celti re d'Europa Domenica a Venezia si apre in Palazzo Grassi la grande mostra sui Celti, alla quale «La Stampa» dedica un supplemento speciale a colori che regalerà venerdì ai suoi lettori. Per l'occasione abbiamo chiesto un intervento di Sabatino Moscati, che coordina il comitato scientifico dell'esposizione. Bronzo celtico aW | A grande mostra che si aprirà il 24 marzo a Palazzo Grassi, in Venezia, I l desta una curiosità fuori MÀI del comune. Probabilmente, il motivo principale sta nel poco che sappiamo e nel molto che intuiamo di poter apprendere. Una scoperta annunziata, insomma; o, se si vuole, un mistero che può essere svelato. Cominciamo dal nome: Celti per i Greci, Galli per i Romani, Galati ancora per i Greci. Che si tratti della stessa gente non ve dubbio, perché le denominazioni oscillano e si alternano. Ma proprio nell'oscillazione e nell'alternanza sta il riflesso di una connotazione caratteristica: quella di una gente così variamente diffusa da luogo a luogo e da tempo a tempo che non resse neppure a una denominazione unitaria. La ragione principale, che la mostra di Venezia evidenzia, sta nella presenza celtica, durante il 1 millennio a.C, dall'Europa orientale fino alla Spagna, dalle isole britanniche fino all'Italia. Lo testimoniano i resti della lingua, i caratteri della produzione artigianale, quel che sappiamo sull'organizzazione della società. Ma unità politica, no: «L'impero in nessun luogo», ha scritto un critico intelligente. 1 Celti compaiono a largo raggio con scorrerie veloci, sotto la guida di ristretti gruppi dirigenti che controllano le armi e usano i carri da guerra. Sono dei barbari prima delle invasioni barbariche, perché precedono e non seguono l'impero romano; e per la natura della loro presenza, aliena da Stati locali, prefigurano quell'unità europea che al nostro tempo cerchiamo di ricostituire, allentando i vincoli degli Stati moderni. Rappresentano così la «prima Europa». Ma donde vengono, quali furono le sedi iniziali della loro espansione? Ecco un altro mistero che si comincia a chiarire, perché i centri più antichi e stabili dell'espansione celtica si vanno rivelando nel cuore dell'Europa, tra Boemia, Austria e Germania, verso il V1I-V1 secolo a.C. Quelle fortezze ben munite, quelle tombe principesche, quella potenza e quella ricchezza, insomma, configurano lo «zoccolo duro» della grande espansione celtica e ne danno una giustificazione adeguata. Quanto alla durata nel tempo della civiltà celtica, assume ormai contorni precisi. Dagl'inizi di cui dicevamo al concentrarsi soprattutto nell'attuale Francia, dove Giulio Cesare infligge ai Celti o Galli una disfatta mortale, il percorso storico si definisce nella sua prima parte; ma ora lo seguiamo bene anche nella seconda, che vede la permanenza delle genti celtiche nelle isolebritanniche e spacialmente nell'Irlanda, non raggiunta dàlia conquista romana. Ecco dunque, su una linea di recuperata continuità rispetto al passato, l'arte dei codici miniati che recepisce e ritrasmette l'eredità cristiana, la poesia medievale irlandese che conquista l'Europa, infine la lingua che non ce¬ Venezia de e anzi diviene un simbolo dell'orgoglio nazionale. Nessun popolo dell'antichità ha avuto una vita così continua fino a noi, così pregna di significati. Sull'esistenza quotidiana, e sull'aspetto stesso di quelle genti, avevamo narrazioni abbastanza precise e non poco pittoresche dagli antichi storici. «Sono alti di statura - scrive Diodoro Siculo, nel 1 secolo a.C. - con muscoli guizzanti sotto la pelle chiara. Di capelli sono biondi; e non solo di natura, perché se li schiariscono anche artificialmente lavandoli in acqua di gesso, pettinandoli poi all'indietro sulla fronte e verso l'alto. Sembrano quindi già per questo demoni silvani, poiché tale tipo di lavaggio rende la chioma spessa e irta come una criniera». Tutto ciò a premessa della descrizione delle armi: «Elmi di bronzo con grosse figure a sbalzo e anche corna, che li fanno apparire ancora più alti di quanto non siano... mentre altri si proteggono con loriche di ferro fatte di catene intrecciate». Queste armi, a partire dai caratteristici elmi di bronzo, vengono esposte a Venezia in tutta la loro ricchezza e abbondanza; segno di un popolo guerriero di cui possiamo ben percepire le diffuse conquiste. Una raffinata tecnologia, applicata specialmente alla lavorazione dei metalli, è alla base di questa produzione. E la stessa tecnologia si riflette nei ben variati gioielli, nelle eleganti fìbule trovate a migliaia, nel prezioso vasellame per i banchetti. Sembra evidente il predominio delle arti «minori»: com'è naturale per una gente essenzialmente nomade, venuta da quel mondo delle nebbie e dei boschi a cui s'ispirano le ricostruzioni ambientali di Palazzo Grassi. Forse da quel mondo viene anche la ricca fantasia fiabesca che traspare dalle decorazioni degli oggetti metallici: immagini inizialmente umane e animali che si geometrizzano, si stilizzano, si trasformano in affascinanti ghirigori nei quali la linea curva fa da padrona. Sono gli «espressionisti» dell'antichità, in evidente contrapposizione all'arte organica e figurativa dei Greci e dei Romani. Così dovevano essere, immaginati gli dèi dei boschi, sfuggenti ma ovunque diffusi, più folletti e spiriti che persone al modo della classicità. Fantasia contro realismo. E questo spiega le leggende di cui è intessuto il mondo celtico, i misteriosi riti dei sacerdoti druidi, il presunto divieto della scrittura che ci avrebbe privato di fonti dirette per tutto l'evo antico, salvo le poche iscrizioni da cui apprendiamo almeno che i Celti furono di lingua indoeuropea come noi stessi. Ai visitatori della mostra suggeriamo di estraniarsi dal nostro mondo, dalla nostra civiltà e da quella di cui siamo eredi, compiendo l'operazione non facile ma affascinante di immergersi nel «diverso» sotto ogni punto di vista: spaziale, temporale, concettuale. Per troppo tempo abbiamo respinto come inferiori, e quindi non degni del nostro interesse, i mondi che dal nostro profondamente si differenziano: è ormai tempo di avvicinarsi a essi, di comprenderli, di effettuare quel confronto che solo può consentirci di comprendere appieno la nostra stessa civiltà. Sabatino Moscati Bronzo celtico a Venezia

Persone citate: Diodoro, Galati, Galli, Greci, Sabatino Moscati, Siculo