E 180 si sono asserragliati sui bus di Fulvio Milone
E 180 si sono asserragliati sui bus E 180 si sono asserragliati sui bus Non volevano il trasferimento in un campeggio BRINDISI. Si aspettavano un'accoglienza diversa. 0 forse sono stanchi di vagare sballottati in cerca di un camping che li accolga. Per molti dei profughi albanesi sbarcati a migliaia nel porto di Brindisi la settimana scorsa, ora si profila un secondo esodo di massa. Ed ecco che affiorano le prime, clamorose proteste: 134 uomini, donne e bambini sgomberati l'altro ieri notte da un camping alla periferia di Ostuni si sono rifiutati in un primo tempo di entrare in una nuova tendopoli approntata dall'esercito a Cagnano Varano, in provincia di Foggia. Si sono asserragliati in sei automezzi e respinto ogni contatto col mondo esterno (mentre altri 120 loro compagni hanno accettato la nuova, provvisoria sistemazione). Una protesta durata alcune ore per ottenere lo status di profughi politici, un «titolo» che vale più dell'oro, per chi ha interrotto tutti i ponti con il passato. Dopo lunghe trattative hanno poi accettato di ripartire per Brindisi e alcuni di loro hanno espresso il desiderio di tornare in patria. Venti di protesta spazzano anche il porto di Brindisi, l'inferno dei vivi, dove tra mercoledì e venerdì venti «boat people» attraccarono con il loro carico di umanità dolente. Ieri mattina 158 esuli «pentiti» sono riusciti ad ottenere il permesso di imbarcarsi su uno dei vecchi pescherecci che già avevano affrontato una difficile traversata da Durazzo alle coste pugliesi, per tornare in patria. Come spiegare il comportamento degli albanesi che hanno deciso di rientrare, dopo avere sfidato le baionette della polizia di Tirana e una navigazione ai limiti della sopportazione umana pur di raggiungere la libertà? I funzionari della Protezione Civile dicono che «probabilmente coloro che hanno scelto la via del ritorno a Durazzo non sono pro¬ fughi politici, ma mercanti che hanno approfittato dell'esodo per fare un po' di provviste da dividere in famiglia o da rivendere al mercato nero in Albania». Un'ipotesi, però, plausibile fino a qualche giorno fa, quando il porto brulicava di migliaia di persone che nessuno sottoponeva ad alcun controllo. Ieri, però, la situazione era del tutto diversa: 41 dei 158 fuggiaschi che hanno optato per il ritorno in patria provengono dalla tendopoli di Bernalda, una delle più rifornite dall'esercito italiano. Gli altri si sono allontanati dai camping brindisini, dove il Comune e la prefettura li hanno alloggiati sin dai primi giorni del grande esodo. A sentirli, l'Italia li ha delusi. I 148 rimpatriati hanno seguito l'esempio di circa 2500 loro compagni per i quali l'avventura pugliese dovrebbe essere considerata come un «weekend dal vago sapore goliardico», tanto per usare le parole dell'addetto stampa del ministro Lattanzio. Nella provincia di Brindisi rimangono ancora 6162 profughi, distribuiti tra gli alberghi della costa, i campeggi e l'ex lager fascista di Restinco. Il ministero sta tentando di trovare loro una sistemazione, anche se gli operatori turistici cominciano a protestare. Nei giorni scorsi, il sindaco di Brindisi, Marchionna, aveva lanciato una sorta di ultimatum al governo: «Abbiamo fatto tutto quanto potevamo per accogliere i profughi, ma ora è il momento di rientrare nella normalità. Albergatori e gestori di camping sono preoccupati per la stagione ormai alle porte, e pretendono le strutture liberate entro il 15 maggio». Il sostituto procuratore della Repubblica Nicola Piacente prosegue intanto la sua inchiesta sui ritardi negli aiuti agli esuli. - Fulvio Milone
Persone citate: Marchionna, Nicola Piacente
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