Dalla lista dei prigionieri politici da liberare spariti 49 nomi. Sommosse nelle carceri di Tito Sansa

Tirana non mantiene le promesse Dalla lista dei prigionieri politici da liberare spariti 49 nomi. Sommosse nelle carceri Tirana non mantiene le promesse Una decina di feriti e un morto alporto di Durazzo TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Non tutti i prigionieri politici ancora detenuti nelle carceri albanesi sono stati rilasciati ieri dal governo di Tirana, come era stato promesso la settimana scorsa al vicepresidènte del Consiglio italiano Claudio Martelli, a Staffan De Mistura, inviato personale del segretario generale delle Nazioni Unite Javier Perez de Cuéllar e alla Commissione Internazionale di Helsinki per i Diritti Umani in visita alle prigioni schipetare. Inspiegabilmente, da una lista di 175 «politici» redatta dal ministero della Giustizia, sono stati tolti i nomi di 49 persone (le loro pene sono state ridotte a cinque o dieci anni di carcere) e soltanto 126 reclusi sono stati rimessi in libertà. Tra costoro 42 detenuti nel carcere di Burrel, una cinquantina di chilometri a Nord di Tirana, riservato agli oppositori del regime. A Burrel, secondo voci non confermate (la domenica i ministeri e gli altri uffici governativi sono chiusi), 26 politici ai quali è stata negata la libertà si sarebbero ribellati, avrebbero posto un ultimatum al direttore del carcere, minacciando uno sciopero della fame se non verranno rilasciati entro questa sera. Fonti vicine al partito democratico di opposizione riferiscono (ma anche questa informazione è da prendere con le dovute cautele) che alcuni dei 26 avrebbero minacciato di togliersi la vita, facendo hara-kiri o dandosi fuoco, se la loro richiesta non verrà accolta. Analoghe sommosse sarebbero avvenute nel carcere di Spas, all'estremo Nord dell'Albania, e in quello di Kosovo, presso Lushnie, una cinquantina di chilometri a Sud della capitale. A Kosovo i detenuti politici, che secondo il medico francese Bernard Benedetti, della organizzazione Médecine du Monde sarebbero stati classificati come criminali comuni per non venire liberati, avrebbero sopraffatto i guardiani e sarebbero padroni della prigione. Già nei giorni scorsi si erano registrate delle insurrezioni. Lo ha riferito il direttore delle prigioni Edmond Caja, rivelando che la visita della commissione di Helsinki aveva avuto l'effetto di una scintilla, facendo uscire dal loro stato depressivo ed esplodere uomini prigionieri da decenni. Partita la commissione, essi avevano distrutto tutto e i carcerieri avevano faticato non poco per riuscire a ristabilire l'ordine. Tra i liberati di ieri dovrebbero esserci (ma non se ne ha conferma) anche Bashkim e Skander Shehu, l'uno di 42 l'altro di 35 anni, i due figli dell'ex primo ministro Mehmet Shehu delfino di Enver Hoxha, che erano stati incarcerati dopo la morte misteriosa del padre il 18 dicembre 1981. La versione ufficiale parlò di suicidio ma nessuno ci credette. Il corpo del primo ministro era infatti forato da tre proiettili ed era noto a tutti che alla vigilia Mehmet Shehu si era scontrato con il capo del partito. Aveva anticipato - si fa notare oggi a Tirana - le idee di democratizzazione politica e di liberalizzazione economica che adesso vengono applicate dal presidente Ramiz Alja. Alja già alcuni mesi fa aveva ordinato che venisse rimesso in libertà Dulo Shehu, il fratello del defunto Mehmet Shehu, imprigionato anche lui per reati politici. Sposato con una russa, Dulo è partito due giorni fa per Mosca. Con la riapertura degli uffici governativi si spera di chiarire oggi la situazione nelle prigioni. Le autorità sono adesso larghe di informazioni, ieri per esempio hanno invitato cronisti, fotografi e teleoperatori ad assistere prima dell'alba alla liberazione dei detenuti politici di Burrel. Abbottonate sono invece le autorità del porto di Durazzo, dove venerdì e sabato un migliaio di persone, in gran parte contadini, hanno cercato di raggiungere le banchine per imbarcarsi verso l'Italia. Ci sono stati violenti tafferugli con una decina di feriti e (si dice) anche un morto. Ieri il porto di Durazzo, dichiarato zona militare, era deserto. Tito Sansa Il porto di Durazzo, dopo gli scontri tra la polizia e la folla che voleva imbarcarsi per l'Italia, è stato dichiarato zona militare