Dal Baltico al Caucaso/ ecco i ribelli
Dal Baltico al Caucaso, ecco i ribelli Dal Baltico al Caucaso, ecco i ribelli Sei Repubbliche indipendentiste boicottano il voto MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I Parlamenti di ben sei delle quindici Repubbliche dell'Urss hanno deciso di boicottare il referendum sulla «conservazione dell'Unione», e nella regione di Leopoli (Ucraina occidentale), gli elettori sono stati chiamati a rispondere ad una domanda supplementare «sull'indipendenza dell'Ucraina». Ma anche nelle sei Repubbliche «ribelli», uffici e seggi elettorali sono stati organizzati, con maggiore o minore successo, dai militari, dal partito comunista e, in alcuni casi, nelle imprese industriali dipendenti direttamente dai ministeri moscoviti. Ecco una mappa del voto nelle Repubbliche «indipendentiste». Moldavia. A Kishinjov, la capitale, solo un seggio è in funzione: quello allestito all'aeroporto. Gli altri sei sono stati resi inaccessibili dai miliziani del Fronte popolare, 150 dei quali hanno dato l'assalto al seggio organizzato alla fabbrica «Viborpribor», distruggendo urne e bollettini di voto e picchiando i presenti. In almeno due regioni della Repubblica tuttavia le votazioni si sono svolte regolarmente: sulla ri¬ va orientale del Dniestr, dove vive la minoranza russa, e nel Sud, dove la maggioranza della popolazione è costituita da turchi gagauzi. Georgia. Il presidente Zviad Gamsakhurdia ha minacciato di non concedere la cittadinanza georgiana a chi voterà a favore della conservazione dell'Urss, e a Tbilisi, la capitale, si è votato ieri solo nelle caserme. Le autorità dell'Abkhazia e dell'Ossezia meridionale, tuttavia, hanno decise di votare, sfidando l'ira dei nazionalisti. A Tskhinvali, la capitale dell'Ossezia assediata da due mesi e mezzo dai nazionalisti georgiani, nella notte precedente al referendum le parti si sono scontrate sparando con fucili, mitragliatrici e razzi. Almeno una donna è rimasta ferita. Armenia. Fino alla tarda serata di ieri nessuna informazione era giunta a Mosca sulla situazione del voto in questa Repubblica, la cui omogeneità etnica (oltre il 90% di armeni) fa tuttavia credere che saranno in pochi a «disobbedire» alle autorità locali, che hanno chiesto di ignorare il referendum. Improbabile, comunque, qualsiasi forma di boicottaggio attivo, a parte la propaganda. Estonia. Oltre 300 seggi organizzati nelle imprese dipendenti dai ministeri centrali, nelle caserme e negli uffici del Pcus. Il 40 per cento della popolazione locale è russa o russofona. Lettonia. 1322 seggi funzionanti sono stati aperti già tre giorni prima della data fissata in caserme ( 129), uffici del partito comunista e delle organizzazioni filomoscovite, fabbriche. In Lettonia, infatti, la popolazione russa o russofona conta circa il 48% del totale, e la Tass ieri mattina affermava con soddisfazione che «circa centomila persone hanno già votato», anche se «vi erano state irregolarità». Lituania. Anche qui ad organizzare i seggi (circa 300) sono stati militari, Pcus ed organizzazioni filo-russe, oltre ad alcuni soviet locali. Parlando a Radio Vilnius, il presidente Vytautas Landsbergis ha accusato le autorità sovietiche di sfruttare la confusione per falsificare i risultati del referendum, e ha annunciato che il procuratore generale della Lituania ha aperto un procedimento penale contro il ministro dell'Interno sovietico, il «falco» Boris Pugo, colpevole di protrarre l'occupazione della locale televisione, [f. s.] Il ministro Yazov esce dalle urne
Persone citate: Boris Pugo, Vytautas Landsbergis, Yazov, Zviad Gamsakhurdia
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