Gorby-Eltsin, roulette russa

Gorby-Eltsin, roulette russa Gorby-Eltsin, roulette russa Fra i grandi rivali duello a distanza in tv MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il duello a distanza tra il presidente Michail Gorbaciov e l'arcirivale Boris Eltsin è proseguito fino a poche ore prima dell'apertura dei seggi elettorali, e gli appelli dei due leader, alla televisione quello di Gorbaciov, alla radio quello di Eltsin, hanno di fatto chiuso la campagna per il referendum «sulla conservazione dell'Urss». Invitando a votare «sì», il leader del Cremlino ha evitato qualsiasi tono polemico, affermando che una risposta affermativa dalle urne assicurerà «il proseguimento di tutte le riforme iniziate nel Paese». Da parte sua Eltsin ha ammorbidito i toni della vigilia e non ha invitato a votare per il «no», ma ha velatamente suggerito l'astensione, affermando che «un fallimento del referendum sarebbe il segnale, per i dirigenti del Paese, del fatto che la loro politica richiede serie correzioni». «In questione c'è il destino del nostro Paese, il destino della nostra patria (...) come vivremo noi e i nostri figli e nipoti», ha esordito Gorbaciov nel discorso trasmesso venerdì sera dal telegiornale. «Il nostro "sì" conserverà l'unità di uno Stato che ha mille anni, e che è stato creato con il lavoro, l'intelligenza e l'immensa sofferenza di molte generazio¬ ni, il nostro "sì" non significa la conservazione del vecchio ordine, con la dominazione del centro e la mancanza di diritti delle repubbliche: il risultato positivo del referendum spianerà la strada al radicale rinnovamento dell'Unione, alla sua trasformazione in una federazione di repubbliche sovrane in cui i diritti e le libertà dei cittadini di tutte le nazionalità verranno efficacemente garantiti». Nelle intenzioni di Gorbaciov, infatti, il referendum è un passo importante per «fermare prima che sia troppo tardi la crescita dell'intolleranza, dell'animosità e dell'ostilità» nella vita del Paese. Quest'unico velatissimo ac¬ cenno polemico è sembrato tuttavia indirizzato meno a Eltsin e compagni che alle sei repubbliche che hanno rifiutato ài prendere parte alla consultazione: le caucasiche Armenia e Georgia, le baltiche Lituania, Lettonia ed Estonia e la Moldavia. «E' mia ferma convinzione che, se nella società avvenisse una profonda divisione, non ci sarebbero vincitori. Noi tutti saremmo perdenti. E' persino difficile immaginare quante disgrazie e calamità seguirebbero alla disintegrazione del Paese, all'opposizione di popoli e gruppi etnici. Sarebbe una disgrazia non solo per noi: la disintegrazione di una potenza che è oggi uno dei ba¬ stioni della pace porterebbe con sé uno sconvolgimento generale, uno sconvolgimento di dimensioni senza precedenti». Pur senza ripetere gli appelli alla «guerra contro la dirigenza del Paese» lanciati la scorsa settimana, il presidente russo Boris. Eltsin è stato tuttavia assai meno conciliante del suo rivale. In un appello trasmesso da «Radio Russia», l'emittente della più grande tra le 15 repubbliche sovietiche, Eltsin ha affermato che una vittoria del «sì» comporterebbe l'accettazione della «essenza imperiale unitaria» dell'Urss. D'altra parte, egli ha invitato gli elettori della «sua» repubblica a rispondere «sì» alla domanda che il parlamento russo ha aggiunto a quella del referendum nazionale: l'introduzione del regime presidenziale, con elezione diretta del presidente. «Il futuro della Russia viene deciso ora», ha detto Eltsin. E in realtà la seconda domanda cui gli elettori russi sono chiamati a rispondere è tutt'altro che retorica. In un «ammutinamento» del parlamento russo, la frazione comunista era riuscita il mese scorso a convocare per il 28 marzo una sessione «straordinaria» del congresso del popolo, allo scopo di sottoporre Eltsin ad un severo «esame di condotta». L'introduzione del regime presidenziale, invece, darebbe al leader radicale la possibilità di indire le elezioni presidenziali già a maggio, e di vincerle a man bassa, grazie all'enorme popolarità di cui egli gode. Il mandato popolare così ottenuto (Gorbaciov non è stato eletto dal popolo ma dal parlamento), lo metterebbe al riparo da eventuali sortite della destra parlamentare, dandogli per di più un enorme potere contrattuale da far pesare nelle trattative con Gorbaciov. Proprio questo è lo scenario perseguito da Eltsin, e il referendum russo rischia di divenire più importante, per il futuro del Paese, che non quello nazionale. Secondo quanto riferitoci da un collaboratore del leader russo, infatti, «la vittoria di Eltsin aiuterebbe paradossalmente anche Gorbaciov a riguadagnare il ruolo centrista che gli è congeniale». Fabio Squillante