All'attacco il leader serbo: non riconosceremo più le decisioni della Presidenza Federale

Gli Stati dell'Est al punto di fusione DOPO IL COMUNISMO Gli Stati dell'Est al punto di fusione Lj INVERNO più lungo è finito, ma la primavera che è alle porte non promette nulla di buono per gli ex Paesi comunisti dell'Europa dell'Est. Mentre l'Urss si mette alla prova con il referendum sull'unione, l'ex impero sta ribollendo. Da Varsavia a Sofia si moltiplicano i segnali di una decomposizione del fragile tessuto democratico. La crisi del Golfo Persico aveva gettato un velo su quanto andava avvenendo all'Est. Adesso che l'attenzione per l'Iraq e per il Kuwait si è affievolita, si cerca di capire quali sono stati gli effetti dei bombardamenti del «generale Inverno» sui governi del dopo-Muro. L'impressione è che possano anche essere stati devastanti come quelli degli Alleati su Baghdad, e che la primavera in arrivo rischi di segnare l'inizio di una «battaglia di terra» sul cui esito è difficile scommettere. A Varsavia sono già in atto le grandi manovre di questo scontro. Il presidente Walesa ha tentato di far sciogliere il vecchio Parlamento e di andare a rapide elezioni prima della visita, in maggio, di papa Wojtyla. E' stato battuto dalla maggioranza dei deputati dell'ex partito comunista, ma anche dai suoi ex compagni legati agli intellettuali di Solidarnosc. La prova della verità è rimandata all'autunno, ma le forze in campo si stanno già delineando fin da adesso. La settimana scorsa Walesa ha ufficialmente costituito il «suo» nuovo partito: la Democrazia Cristiana. Tyminsky, l'uomo venuto dal nulla, ha fatto altrettanto venerdì, chiamando la sua formazione «Partito X». La campagna elettorale, dunque, è cominciata. Visti i precedenti, è facile prevedere che sarà combattuta con armi di ogni genere. A Praga, questa settimana, il presidente Havel è stato aggredito dai separatisti slovacchi. «Qualunque cosa avvenga - ha detto - mi rifiuto di mandare i carri armati per le strade». Havel è un democratico vero e ha proposto un re- Endum per decidere sull'udel Paese. Basteranno le urne a sanare le ferite e le divisioni nazionalistiche che hanno già spinto a prendere a calci un presidente-eroe? A Budapest le urne non interessano quasi più a nessuno. Nelle ultime elezioni del luglio '90 ha votato solo il 10 per cento. Gli strumenti classici della democrazia sembrano essersi già inceppati, ma il governo magiaro non ne sembra molto preoccupato. Lo allarma di più, per ora, la remissione del debito estero che Washington ha concesso a Walesa, consentendo alla Polonia una competitività che non può non danneggiare l'Ungheria. A Bucarest il Fronte di Salvezza Nazionale che governa il Paese sta decidendo in questi giorni la sua trasformazione in Partito Socialdemocratico. «E' solo una nuova etichetta per i vecchi comunisti che sono rimasti al potere», dice l'opposizione spaccata in un centinaio di organismi e di gruppi incontrollabili. Anche sulla Romania pesa lo spettro della frammentazione etnica e questa volta non è affatto detto che «bastino» i manganelli dei minatori a contenere la piazza. A Sofia si annuncia addirittura un «processo per delitti etnici». L'ex premier Jivkov e il suo successore alla leadership del partito comunista, Mladenov, compariranno in tribunale per rispondere all'accusa di aver «bulgarizzato» i nomi di trecentomila cittadini di origine turca. E' una nuova miccia che si accende mentre si preparano le elezioni di maggio. Nei mesi scorsi nei ristoranti di Sofia si è servita, in mancanza d'altro, carne di cane e di gatto. Chissà che effetto ha avuto sugli umori delle etnie bulgare. E' su questo calderone ribollente dell'ex impero che si sta stringendo la tenaglia degli avvenimenti etnici dell'Urss e della Jugoslavia. Contro il fuoco dei nazionalismi, servono a poco le frontiere fasulle tracciate da Yalta. Anzi, potrebbero ( essere un'esca ideale per le fiamme che si leveranno in primavera e in estate. Silvano Costanzo .zoj

Persone citate: Havel, Jivkov, Mladenov, Silvano Costanzo, Walesa, Wojtyla