Settimana di novità nella lotta tra Rai e Berlusconi: appuntamento tra mercoledì e giovedì

SGARBI IN SCATOLA SGARBI IN SCATOLA La mappa del vietato Da Malaparte in poi Hanno messo il dottor Sgarbi in scatola: aveva criticato il Papa irritando una parte di vertice Rai che ha dato risalto all'avvenimento di cui altrimenti nessuno si sarebbe accorto. L'obbligo adesso per lui è di registrare i suoi interventi televisivi. Sulle registrazioni può intervenire il censore con le forbici. La censura però taglia le gambe a chi la esercita: produce cronache di giornali e crea martiri dell'informazione. Sposta il discorso di qualche anno e fa sì che dopo tutti concordino che il censore era in errore e il censurato aveva ragione. La censura tv è nata con la tv stessa: il problema si pose quando Curzio Malaparte disse: «L'Italia è uno sporco Paese di preti in cui non si può nemmeno divorziare» e il solo sistema che fu escogitato per farlo smettere fu quello di togliere materialmente la corrente e chiudere le trasmissioni. Era il 1954, la registrazione non esisteva e le soluzioni che si presero furono due: discriminare con attenzione i personaggi da invitare in televisione e tartassare senza pietà chi sgarrava. La censura mostrò una certa vivacità sessuofobica e un'insospettata pruderie apartitica. L'uomo che stilò l'elenco delle parole proibite a «Carosello» aveva la tessera del pei. Interdi: cardinale, lassativo, topo, water, suora, amante, catarro, membro, depilazione, verga, organo, prefetto, piorrea, olio vergine e cento altri vocaboli. Un «Carosello» non passò perché vi si vedeva un giudice che mangiava una banana e la cosa fu giudicata irrispettosa. Si decise di mettere al magistrato una parrucca in modo tale che si capisse che si trattava di un giudice inglese: allora la censura approvò, il «Carosello» uscì. L'Ampex, la macchina per registrare le immagini tv, arrivò in Rai nel 1958. Venne giudicato un bel giocattolo e abbandonato in uno studio. Nel 1962 lo tirarono fuori: c'era stato Dario Fo che faceva il comunista a «Canzonissima» e si dispose che tutti i varietà, tutti i programmi col rischio di dissenso, e, in sintesi, tutta quanta la televisione, venisse registrata, tagliata, trasmessa dopo il vaglio. Fo venne scacciato. Fece causa, ottenne con la moglie I 10 milioni e 800 mila lire di I risarcimento, tornò in Rai dopo dieci anni e si beccò sei o sette minuti di applausi significativi del potere santificatore della censura. La sua «Canzonissima», via detto, non era affatto esaitante. La censura l'ha fatta grande. La censura ha maglie larghe e strane. Nel 1977 crollò grazie alla riforma. L'anno dopo tornò più forte. Oggi esiste e non esiste, a parte il provvedimento un poco medioevale che ha ingabbiato Sgarbi. Ezio Greggio e Raffaele Pisu una volta fecero «Striscia la notizia» su un canale Rai. Greggio ricorda spesso: «E' stata la sola volta che ci hanno tagliato il programma». La Rai addusse motivi di tempo. Gli scandalosi interventi dei comici a «Fantastico» e «Sanremo» invece sono sempre stati concordati millimetricamente prima di essere trasmessi. La leggenda vuole che spesso siano anche pilotati, con gli Altissimi funzionari de che preferiscono un certo comico in chiave antipsi, altri Altissimi che scelgono comici anti-dc e le dure proteste che seguono guidate a favore della guerra fra cordate Rai. La censura, a volte, è uno strumento di lotta. Nei «Promessi sposi» del trio Marchesini-Lopez-Solenghi, Massimo Lopez faceva il cardinale Borromeo con la voce di Papa Wojtyla: il suo personaggio venne cancellato e i cronisti più attenti o dietrologi pensarono che era cominciata la guerra per la successone a Fuscagni, direttore di Raiuno. Chi sa se la censura si interessa ancora al sesso? Le serate di Sanremo hanno registrato il saliscendi della scollatura della signorina Biscotti, quella che piange: abissale la prima sera, monastica le altre. A «Crème Caramel» i costumi delle ballerine scoprono le natiche: però appena fanno la piroetta la telecamera alza il tiro e le riprende dalla cintola in su. La pensura ha scoperto che il dottor Sgarbi ogni tanto parla molto. Lo ha lasciato urlare furioso come un ultra al «Processo del lunedì» (sul tema: la violenza negli stadi), lo ha bacchettato invece perché ha criticato le critiche del Papa alla Romagna godereccia. La censura stupisce sempre: lasciapassare la maleducazione, mette il veto alla discussione. Stefano Pettinati iati |

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