Breve viaggio d'amicizia di Francesco Santini

Breve viaggio d'amicizia Breve viaggio d'amicizia DeMichelis a Kuwait City Poi vola a Taif dall'emiro KUWAIT CITY DAL NOSTRO INVIATO Il jet del ministro degli Esteri italiano supera i crateri infuocati del petrolio e scende a vista sull'aeroporto massacrato dell'emirato. Non c'è assistenza radio a terra. Il comandante Olimpieri infila il muso del «Dc9» in una lama di sole che squarcia, nel deserto, la nuvola densa dei pozzi kuwaitiani e tocca la pista. De Michelis ha il volto disteso. E' rimasto sino alle 2 della notte a colloquio con il re Fahd dell'Arabia Saudita. Un'udienza di 90 minuti. Riad è il centro del mondo in queste ore. De Michelis atterra in Kuwait e la valigia diplomatica italiana contiene il successo di essere riusciti a farsi ascoltare dai sauditi al pranzo con Baker. De Michelis sedeva alla destra del principe Feisal. La proposta italiana di una conferenza di cooperazione fra i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente è apparsa «utile» per un futuro non più tanto lontano. Nel corso della cena, una nota mondana. Per la prima volta nella storia della dinastia saudita, le signore sono state ammesse a un pranzo ufficiale. E questo non è dispiaciuto al ministro italiano. A spezzare il protocollo, rigidissimo, la presenza di Susan Baker. Sedevano, quindi, al tavolo reale le mogli di un paio di ministri degli Esteri dell'area del Golfo. Non accompagnati, l'egiziano Meguib e il siriano Sharaa, vero ospite d'onore nell'incontro alla Royal Guest House. E il protocollo si è spezzato di nuovo ai bordi della pista di Kuwait City. C'è, ad attendere De Michelis, lo sceicco Nasser Al Ahmad Al Sabah. Abbraccia e bacia De Michelis che ha già visto a Roma, l'estate scorsa, all'indomani dell'invasione irachena. Sotto braccio, accompagna il ministro italiano alla sua auto personale. Lo fa sedere accanto al posto di guida. De Michelis appare sorpreso. C'è, sulla poltrona, una mitraglietta. Nasser Al Sabah lo tranquillizza. Sposta l'arma sul pavimento tra le scarpe del ministro italiano. Si mette alla guida. Parte con il freno a mano tirato. Corre a 140 all'ora «con l'amico italiano», nello stesso paesaggio sconvolto che la Cnn ha mostrato per giorni. L'auto corre in direzione del quartiere di Al Shamiah. E' qui che la famiglia degli Al Shawy, ricca e potente, ha concesso al governo una palazzina provvisoria per accogliere gli ospiti di riguardo. Ecco, all'ingresso dell'edifi¬ cio che, qui, chiamano «divania» un altro «vecchio amico» del ministro degli Esteri italiano. E' il principe ereditario Saad Al Sabah: un nuovo abbraccio nella confusione di telecamere, miliziani kuwaitiani, baschi rossi canadesi, carabinieri italiani, guardie saudite, marines americani, e tanti, tanti uomini d'affari che si avvicendano alla corte del principe ereditario. Esce il ministro degli Esteri canadese, entra De Michelis. La legge marziale resterà in vigore in Kuwait ancora per 80 giorni. Il tempo per riattivare la luce elettrica, i rifornimenti idrici e i collegamenti telefonici. Si parla di elezioni «democratiche» e della possibilità, per altro remota, di estendere il suffragio alle donne. I kuwaitiani ammessi alle urne sono 70 mila su un milione e 800 mila abitanti e, voto delle donne a parte, spiegano: ogni nostra iniziativa non può turbare le consuetudini dei Paesi del Golfo ancora più rigide. Una visita, rapidissima, nella sede della rappresentanza italiana appena riaperta. Foto di rito con l'ambasciatore Colombo. Poi De Michelis chiama il cameriere indiano che ha custodito l'edificio. Ancora una foto. Una corsa mozzafiato all'aeroporto dalle piste ingombre di aerei americani. De Michelis vola a Taif, per un incontro con l'emiro Jaber Al Sabah arroccato sulle alture fortificate saudite. Jaber Al Sabah accoglie De Michelis ed estrae una vecchia stilografica che conserva con cura. «Questo è un regalo - spiega - del presidente Andreotti che è un mio amico». L'emiro rientrerà a Kuwait City la prossima settimana per il Ramadan. De Michelis, come ha fatto con re Fahd, gli consegna una lettera di Francesco Cossiga e uno spesso dossier sulla proposta che più gli è cara: la conferenza di cooperazione e sicurezza per il Mediterraneo ed il Medio Oriente. Il ministro italiano rientra a Riad. Sull'aereo che stamane lo porta prima a Beirut e quindi a Damasco, riassume il senso dei primi due giorni di visita. C'è, al primo punto, il problema immediato della sicurezza. L'accordo di Damasco tra egiziani, siriani e i Paesi del Golfo appare consolidato. Al secondo, due incognite: Saddam Hussein, che sauditi e kuwaitiani sperano venga fatto scomparire dagli stessi iracheni, e quello di Arafat. La questione palestinese va risolta. Francesco Santini