La Presidenza federale condanna «i dimostranti anti-riformisti», ma Slovenia e Croazia si dissociano
Dopo i tanks, Belgrado in stato d'assedio La Presidenza federale condanna «i dimostranti anti-riformisti», ma Slovenia e Croazia si dissociano Dopo i tanks, Belgrado in stato d'assedio Retate della polizia contro i leader della protesta di sabato BELGRADO NOSTRO SERVIZIO I carri armati e le autoblindo dell'esercito jugoslavo si spno ritirati ieri pomeriggio dal centro di Belgrado, devastato in seguito agli scontri di sabato tra i manifestanti dell'opposizione e le forze dell'ordine serbo, in cui hanno perso la vita due persone. Rimangono imponenti, tuttavia, le misure di sicurezza di fronte alla sede del Parlamento federale, di quello serbo, della Presidenza della Repubblica, della Televisione e dei ministeri della Difesa e degli Interni. Malgrado la calma apparente di ieri la tensione non accenna a diminuire. Un traffico da giorno lavorativo ha bloccato il centro cittadino, la gente voleva sapere cosa era successo. La polizia serba ha arrestato una cinquantina di persone, tutte appartenenti al Movimento del rinnovamento serbo, il partito guidato da Vuk Draskovic, che ha organizzato la protesta di sabato. Ieri sono trapelate le notizie sull'arresto dello stesso Draskovic, avvenuto sabato sera, mentre si trovava insieme ai rappresentanti degli altri partiti dell'opposizione nella sede del Parlamento serbo. Draskovic è caduto in un tranello: durante le trattative con le autorità ufficiali gli è stato detto di recarsi da solo in una stanza vicina dove lo stava aspettando il capo del governo serbo. Da lì è stato portato via, ma nessuno sa dove si trova in questo momento. La moglie e gli avvocati difensori hanno cercato per tutta la giornata di ieri di scoprire dov'era detenuto, ma senza successo. Ieri mattina è stato arrestato anche il vice presidente del suo partito, nonché i capi locali in altre città della Serbia. In giornata è stata convocata una riunione straordinaria della Presidenza federale, alla quale hanno partecipato anche il premier jugoslavo Ante Markovic e i ministri della Difesa e degli Interni. «Le manifestazioni di sabato hanno recato un enorme danno ai processi democratici e riformisti della Serbia, alla reputazione di Belgrado e di tutto il Paese», hanno detto i massimi dirigenti jugoslavi, aggiungendo di aver mobilitato l'esercito per evitare nuovi danni e nuove violenze nella capitale. Alla riunione non hanno però partecipato i rappresentati della Slovenia e della Croazia, che hanno protestato contro l'uso delle forze militari. I partiti dell'opposizione si sono dichiarati pronti a continuare la protesta e ieri sera migliaia di studenti si sono radunati nella città-studi di Belgrado per protestare contro la repressione della manifestazione di sabato. Contemporaneamente però a Novi Sad, Pristina e in altre città della Serbia sono state organizzate manifestazioni di appoggio al potere comunista. Ingrid Badurìna Una colonna di carri armati dell'esercito jugoslavo sfila per le vie di Belgrado. Nei violenti scontri di sabato tra dimostranti e polizia sono morte due persone
Persone citate: Ante Markovic, Draskovic, Ingrid Badurìna, Vuk Draskovic
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