Balla con Djian, scrittore fenomeno: sorprende ancora di Enrico Benedetto

Balla con Djian, scrittore fenomeno: sorprende ancora Dopo le 800 mila copie di «37°2 le matin» (da cui fu tratto il film «Betty Blue»), un nuovo romanzo, «Lent dehors» Balla con Djian, scrittore fenomeno: sorprende ancora Lascia le storie di sesso e narra Vavventura di una «étoile» del Boston Ballet PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE A quarantadue anni, Philippe Djian volta pagina. Dal suo eremo di Biarritz, lo scrittore che nell'ultimo quinquennio ha spopolato le librerie francesi, annuncia un romanzo totalmente nuovo, Lent dehors. Non più ambienti marginali, ma la danza e il suo universo, suggeritigli da una lunga frequentazione del Boston Ballet. Chi aveva idolatrato il suo best-seller - 800 mila copie 37°2 le matin e la struggente versione cinematografica che rivelò al grande pubblico Beatrice Dalle, non potrà che rimanere perplesso. Betty Blue (questo il titolo italiano) esce insomma di scena, senza remake o continuazioni. Ma Djian promette: il sesso duro, aperto, chiave di volta nei suoi primi racconti, non sparirà in una rassicurante quiete borghese. «Un individuo medio - spiega intervistato sul Figaro littéraire - gli dedica gran parte della vita. Occultarlo mi sembrerebbe aberrante. Non sono attratto dalla pornografia, ma amo descrivere la sessualità». E se i fan non gradissero Lent Dehors! «Non sono qui per confortare, voglio coinvolgerli». Se un amore diventa follia Djian in effetti, più che lettori ha tifosi. I venti-quarantenni da cinque anni (il volume è dell'86) stravedono per lui. Troppo facile identificarsi con Betty e Zorg, i due ragazzi sradicati che attraversano l'amore sino a precipitarsi nella follia. 37°2 le matin «che Beineix ha saputo trasformare in un suo film» commenta Djian, ed è un complimento trasmette l'enorme carica autodistruttiva d'ogni rapporto totale, senza compromessi. Ma an¬ che Zone erogene e Blue camme l'enfer lanciano un messaggio forte, anti-intelletualistico per eccellenza. Lui sa di essere un piccolo, grande mito. Anche quest'anno, il «Who's Who France» ha preferito non citarlo, malgrado non siano molti i romanzieri transalpini ad avere venduto oltre due milioni di copie in dieci anni. Philippe Djian certo non si lagna per la dimenticanza. Il suo metodo è alimentare la celebrità non per ostensione ma sottraendosi all'abbraccio mortale dei media. Pochissime interviste (brava Isabelle Nataf che l'ha spuntata), nessun lancio editoriale, ancora meno pr. Farlo venire a Parigi diventa un'impresa. «Là divento quasi fenomeno da baraccone: almeno Biarritz è casa mia. Vorrei nascondermi dietro i libri». Il background ondeggia fra studi regolari (Lettere, Giornalismo) e una galassia di lavori co¬ me benzinaio, docker, impiegato di banca. Anche l'aspetto può sconcertare. Sopracciglia interminabili, bocca tumida, capelli all'indietro, barba volentieri di qualche giorno, Djian ricorda poco o nulla uno scrittore francese. Troppo involontariamente macho nel look, troppo fisico in generale. E' come se il grande amore per Bukowski (ma gli piacciono anche John Irving e Fante) lo relegasse in qualche modo fra i maudit. Tradotto in 18 lingue In realtà - su questo i fan preferiscono sorvolare - tiene moglie e figli, detesta l'eccesso e non esibisce per nulla una qualche «diversità». Ora che i suoi libri vengono tradotti in 18 lingue, fra cui serbo-crato, ebraico, catalano, «non ho più bisogno di sognare, il mio sogno è la realtà»: «occorre equilibrio fra questo mestiere e una vita da padre di famiglia». La sua scrittura è metodica. «Giro la frase in testa, quando la metto giù so che non potrei fare meglio». Si favoleggia che i romanzi nascano una pagina al giorno, mese dopo mese. «Leggenda» sostiene lui, ma conferma di non essere grafomane. Inoltre procede alla cieca. «Provo un'angoscia abominevole perché non so dove vado e mi chiedo in quale guaio io stia cacciandomi». Lent dehors nasce in assenza d'ogni progetto, venti righe sul foglio vergine. In quel primo capoverso, «succede qualcosa d'imprecisato a un tizio che riteneva la sua esistenza scorrere già in un solco». «Tutto qui. Poi sono rimasto tre o quattro giorni fermo, senza saper proseguire. Alla fine è andata». Ma la concentrazione necessaria per sviluppare il racconto gli pesa: «Seduti, pri¬ gionieri mentre fuori fa bello. E' durissima». Così nell'ultimo volume ha cercato di rompere questa schiavitù ritrovando spiega - il modo per divertirsi. Forse dietro la trama «artistica» c'è proprio questa esigenza. «Volevo mettere in scena un gruppo d'individui strettamente legati fra loro e pensavo al teatro». Conosciuta una star del Boston Ballet durante i suoi numerosi viaggi negli Stati Uniti, Djian comincia a frequentare le prove finché s'appassiona compiutamente. La danza non sarà quindi solo l'incipit o un contorno ma il nucleo di questo per ora misterioso ottavo romanzo. I critici non li teme, anzi gli piace aizzarli. «Trovo che avrebbero dovuto mostrarsi più feroci sulle mie prime opere. Valevano pochino». Potrebbe coglierli di sorpresa una seconda volta, cambiando tutto o quasi ora che si erano abituati alle storie tipo 37°2 le matin. Djian, infatti, vuole allontanarsene a ogni costo. Dopo l'inumazione in cult-hook, complice il film, oggi rinnega l'eredità sbottando: «Quel libro non lo sopporto più». Enrico Benedetto .Lo scrittore francese Philippe Djian, 42 anni, ha venduto oltre due milioni di copie in un decennio. Dedica alla danza l'ottavo libro, «Lent dehors» [foto g. neri]

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