Asti: i due in carcere non hanno ucciso?

Asti: i due in carcere non hanno ucciso? Si proclamano innocenti gli arrestati per l'assassinio delle due donne a Castelnuovo Calcea Asti: i due in carcere non hanno ucciso? Presentano alibi e testi, ma qualcosa non torna a loro favore ASTI DAL NOSTRO INVIATO Innocenti o colpevoli? Carlo Calosso, 34 anni, bracciante agricolo, abitante a San Marzano Oliveto in frazione Corte, e Giovanni Portinaro, 33 anni, camionista, residente a Calamandrana in via Valle Chiozze 10, sono gli assassini di Maria Teresa Barbero e Giovanna Bonaventura? I due uomini sono in carcere ad Asti: il giudice per le indagini preliminari Franca Caipinteri ha confermato venerdì il fermo con l'accusa di omicidio volontario. Ma la vicenda è tutta da chiarire. Manca il movente, manca l'arma dell'omicidio, mancano tanti altri particolari. «Ho convalidato i due fermi - ha detto Carpinteri -. Questo però non significa che il caso sia risolto; ci sono altre indagini in corso». Perché questa dichiarazione sibillina? Per ora si sa solo che è una donna la principale teste di accu¬ sa. «La sera prima del delitto avrebbe detto - mi hanno chiesto di andare con loro a Calosso da Maria Teresa. Avevo l'influenza, ho rinunciato». I due uomini però hanno respinto l'accusa. Sia il camionista che il bracciante sostengono di avere un alibi per quelle ore. Portinaro avrebbe detto che la sera del delitto si trovava in Emilia Romagna per lavoro. L'uomo, assistito dall'avvocato Aldo Mirate di Asti, avrebbe affermato davanti al Gip: «La sera in cui sono state uccise Giovanna e Maria Teresa sono partito da casa alle 23 per andare a Reggio Emilia per conto della ditta di trasporti per cui lavoro». La ditta è in regione San Giovanni a Canelli ed è quella di Bruno Colombardo, mio dei tanti padroncini che lavorano per le aziende enologiche locali. Portinaro avrebbe anche detto di essere rientrato in Piemonte il pomeriggio successivo. Un controllo al tachigrafo e al relativo trac¬ ciato dell'automezzo che guidava quella notte del 7 maggio forse è già stato fatto dai carabinieri, e forse è proprio quel particolare che può accusarlo. Carlo "Carlin" Calosso ha invece nel suo datore di lavoro, l'agricoltore Mauro Terzano, uno strenuo difensori «d'ufficio». Così ha raccontato Terzano, davanti al carcere di Asti, mentre attendeva invano di vedere scarcerato Carlo Calosso (che considera come un figlio suo visto che l'ha praticamente adottato dall'età di 15 anni). «Dapprima non ero sicuro se era a casa la sera del delitto. Poi mi sono ricordato che c'era poiché mia madre in quegli stessi giorni era ricoverata in ospedale. Quel lunedì io sono rientrato alle 18 e sono uscito per andare da mia madre. E Carini c'era. Verso le 23 sono tornato ed ho trovato Carlin con un altro: stavano guardando la tv». In definitiva, a sentire versioni curette e indirette, entrambi gli accusati dovrebbero essere tranquilli in botti di ferro. «Non sarebbe andata proprio così quella notte», si è solo lasciato scappare uno degli avvocati difensori. Sembra infatti che i due si siano contraddetti in più di una circostanza nel confronto che c'è stato fra loro. Frattanto ieri a Torino, all'Istituto di Medicina Legale, è stata portata la Mercedes di Giovanni Portinaro. Al medico legale Pierluigi Baùna Bollone il compito di esaminarla, stabilire se è proprio quella che si è fermata nella stradina di campagna di Castelnuovo Calcea, se i pneumatici sono uguali e se all'interno non è ancora rimasta qualche traccia compromettente. Quella prova «certa e definitiva» che non dev'essere ancora stata trovata e che potrebbe perdere definitivamente i due amici accusati del duplice delitto. Ivano Barbiero