E adesso una pace di affari di Mario Deaglio
E adesso una pace di affari La morale economica E adesso una pace di affari NEI primi mesi del 1919, gli alleati vincitori sugli Imperi Centrali pensarono seriamente di requisire il bestiame dei contadini austrìaci quale acconto sulle riparazioni di guerra dovute all'Italia e alla Serbia. E il ministro francese delle Finanze, Klotz, rifiutò l'invio di aiuti urgenti alle popolazioni tedesche affamate finché la Germania non ebbe consegnato la sua flotta. Si cominciava così a scavare quel lungo solco di risentimenti che doveva portare all'ascesa del nazismo e alla seconda guerra mondiale. Nel Golfo devastato dalla guerra, gli alleati di oggi non devono ripetere gli errori economici di allora. Occorre dire subito che parlare di riparazioni di guerra a carico dell'Iraq, per quanto moralmente sacrosanto, è economicamente irrealistico. L'ammontare del debito estero di questo terribile Paese è stimato attorno ai 100 miliardi di dollari: al prezzo attuale del petrolio, le esportazioni irachene basterebbero a malapena a garantire il servizio dei debiti passati (senza contare che ci vorranno un tempo imprecisato e ingenti investimenti nel ripristino delle installazioni prima che queste esportazioni possano riprendere). Se, d'altra parte, cercasse di estrarre più petrolio, l'Iraq rischierebbe di far cadere il prezzo mondiale del greggio, trovandosi così peggio di prima e coinvolgendo nella sua crisi lo stesso Kuwait e tutti gli altri Paesi produttori. Forse la cessione al Kuwait, per qualche decennio, dello sfruttamento di un campo petrolifero iracheno potrebbe essere un modo ragionevole per risolvere la questione. La permanenza al potere del vecchio regime a Baghdad costituisce un freno all'inizio della normalizzazione economica. Gli alleati hanno dinanzi a sé il Mario Deaglio CONTINUA A PAGINA 2
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