Morta Volonghi, Madre Coraggio

Morta Volonghi, Madre Coraggio Aveva esordito a soli 15 anni accanto a Gilberto Govi. Amatissima da pubblico e registi per professionalità e simpatia Morta Volonghi, Madre Coraggio La signora di ferro del teatro aveva 74 anni MILANO. E' morta Lina Volonghi, a 74 anni, nella sua abitazione milanese: una lunga malattia ha avuto ragione della «signora di ferro della scena». L'attrice era nata a Genova ed aveva esordito a soli 15 anni a fianco del grande Gilberto Govi. All'epoca la giovane Volonghi era anche campionessa di nuoto e alternava le gare al palcoscenico. Diceva: «Una gara continua la mia adolescenza, alla quale ho sempre partecipato con gioia, anche se non sempre ho vinto». Negli Anni 40 la Volonghi è a Roma con il teatro sperimentale di Anton Giulio Bragaglia, e successivamente in compagnia, per diversi anni, con Ernesto Calindri. Nel 1963 entra nella Compagnia del Teatro Stabile di Genova, dove resta per 16 anni. L'ultima sua apparizione sulle scene è di sette anni fa in «Buonanotte mamma», che aveva esordito al Festival di Spoleto. Allo Stabile di Genova trovò nel personaggio di Celestina, nell'omonima tragicommedia di De Rqjas, la parte più congeniale per mettere in luce il suo estro creativo, la sicurezza espositiva e la sua vigoria ritrattistica. Nel 1965 al «Piccolo» di Milano sotto la direzione di Strehler affrontò un inconsueto ruolo tragico, quello di Ecuba nelle «Troiane» di Euripide-Sartre, e sempre con Strehler dette eccel¬ lenti prove anche nelle «Baruffe chiozzotte» di Goldoni e in «Epitaffio per George Dillon» di Osborne. Nel 1968 torna allo Stabile di Genova diretto da Ivo Chiesa dando vita a una splendida «Madre Coraggio» di Brecht, che replicò fino al 1970. Ma furono molti gli spettacoli che Lina Volonghi (dando il meglio di sé) ascrisse all'albo d'oro del nostro teatro moderno. E furono soprattutto interpretazioni goldoniane con cameriere e popolane che, interpretate da lei, diventavano subito «regine». Era lei stessa a dire di essere nata da una famiglia povera ma dignitosa, con un padre socialista, «in tempi in cui essere socialista - ricordava - significava rivoluzione e scandalo». Era una dei sette figli che affollavano la piccola abitazione genovese. Diceva: «Ho cominciato a lavorare al tempo delle scuole elementari, le uniche che ho frequentato. Poi il teatro: ed ero poco più d'una bambina. Un lavoro questo che ho sempre tentato di inventarmi giorno dopo giorno». Quindi, i suoi «cinquant'anni di scena» erano in realtà sessanta. Ed era solita affrontare il palcoscenico con lo stesso vigore con cui affrontava i discorsi e la vita in genere. Viveva come recitava: con grande professionalità. Infatti, per la sua alta disciplina, i registi, anche i più esigenti e spigolosi, la amavano: da Strehler a Visconti, da Squarzina a Zeffirelli. Lei adorava Roma fin dai tempi di Bragaglia e rimpiangeva quegli anni che pure furono anni di grande studio, di letture, di applicazione estrema. Sentiva necessario costruirsi un retroterra culturale. E leggeva di tutto, da Shakespeare a Molière, agli elisabettiani. Quando raccontava la sua vita, si capiva che non aveva dimenticato nulla: tutte le storie di miseria dignitosa e di soddisfazioni grandissime, tutte le malattie, i matrimoni, la mamma, i trofei vinti ai campionati di nuoto. Non era abituata a mediare: diceva tutto quello che pensava. «Ciò che odio di più negli altri è il mimetismo, l'ipocrisia», affermava, e c'era da crederle soltanto a sentire la sua voce, a vedere la sua faccia semplice e tersa, il suo sorriso largo e accattivante. Dal compagno di scena Carlo Cattaneo, che si era scelto per consorte, non aveva avuto figli. «I miei figli sono i miei personaggi», diceva. Li aveva portati in Russia, in Germania, in Francia: le piaceva molto viaggiare come le piaceva molto conoscere tanta gente, fare incontri emozionanti. Tra le molte esperienze, la Volonghi aveva anche fatto quella politica. Quando fu eletta consigliere comunale di Genova, per il tempo che vi rimase, fece il consigliere molto seriamente. Spiegava: «Come del resto molto seriamente ho affrontato tutto nella vita». Nel 1987 aveva vinto una prima battaglia con la morte. Era stata salvata con un intervento urgente al cuore. Aveva detto: «Ho coraggio per affrontare la morte, ma la paura di non potere più salire in scena è stata tanta». Con commozione l'ha ricorda¬ ta Ivo Chiesa, direttore dello Stabile genovese: «Se abbiamo avuto per 16 anni una delle compagnie tra le più belle che abbia mai diretto lo devo molto a Lina perchè per essere un gruppo importante in teatro non basta che gli attori siano bravissimi ma devono anche raggiungere un affiatamento profondo, una grande comunanza a livello umano e lei era bravissima nel creare questo clima. La morte di Lina Volonghi è un grandissimo lutto per il teatro italiano. Penso sia difficile avere un consenso come Lina ha sempre avuto: era spontanea, buona, intelligente, sempre disponibile». Anche il regista Luigi Squarzina che per anni ha diretto l'attrice genovese si è detto «molto angosciato per la scomparsa di Lina che nel teatro italiano occupava una posizione unica». Squarzina ha ricordato particolarmente un personaggio interpretato dalla Volonghi, «Madre Coraggio» dove «l'attrice introdusse il paradosso di una corposità e di una umanità sofferente e lacerata». [n. b.) Lina Volonghi, un volto caro agli appassionati di teatro ma anche ai telespettatori che la ricordano in tanti sceneggiati di successo