Caccia al ladro in casa Savoia

Caccia al ladro in casa Savoia Anteprima. Il romanzo di Giorgio De Rienzo: un giallo vero, ambientato nell'ambigua Torino 1884 Caccia al ladro in casa Savoia Quell'inchiesta insabbiata un secolo fa L'editore Mondadori manda domani nelle librerie «Caccia al ladro in casa Savoia», romanzo di Giorgio De Rienzo. Il critico e scrittore riapre un'inchiesta che fu troncata bruscamente cento anni fa. Chi rubò il tesoro della Corona nell'Armeria Reale di Torino nel 1884? Un ispettore sagace scopre il colpevole, frugando nei segreti del Palazzo e muovendosi fra potenti decaduti, donne fatali, finti e veri conti, cronisti e ipnotizzatori, in una città animata dalla festa della Grande Esposizione Internazionale e dalla paura del colera. Ecco in anteprima alcune pagine. I L cocchiere, giunto alla villa, affida l'ispettore al maggiordomo, che lo scorta nella sala grande e lo fa accomodare su un divano. «Mademoiselle Annie Salveti ha avuto un contrattempo...» annuncia «tarderà., forse mezz'ora.. Vuole un vermouth intanto?». Il Verri fa segm i di no: che non ha sete. Non vuole niente. Rimasto solo si alza e va verso il divano d'angolo, vicino alla vetrata, nel fondo della sala. Ma prima di sedersi guarda fuori della parete a vetri e si trova davanti un bel giardino, che si affaccia sul lungo Po. Il Verri era stato in quella sala due settimane prima, alla festa del conte russo. Si siede esattamente nello stesso punto, dove si era seduto allora. Dalla prospettiva d'angolo l'ispettore trova la sala scialba e grigia, mentre la ricordava splendida, nelle pareti tappezzate di seta lilla. Ma forse è perché adesso sono spente le cento luci del lampadario di cristallo, che pende dal rosone della volta. C'è un solo lume acceso ed è appoggiato su un basso tavolino di lacca giapponese, accanto al «puf», nel centro della stanza. 11 lume rischiara poco: crea giochi d'ombre più o meno scure. Il Verri teme che mademoiselle Annie abbia spostato il luogo e il tempo dell'appuntamento, abbia preparato ad arte l'atmosfera, per arrivare irresistibile a conquistarlo. Sul «puf», sul piccolo divano circolare, zeppo di cuscini ricamati, raccolto intorno a un'esile colonna carica di fiori, due settimane prima Annie era rimasta seduta tutta la sera, come in vetrina, in piena luce, raggiante, regina della festa, fino a diventare protagonista di un'ardita esibizione, durante gli esperimenti di fascinazione. Ma prima che arrivasse il fascinatore, c'era stato lo spettacolo di Sacha Dimidoff. L'ispettore ricordava il conte russo in piedi, accanto al vecchio cembalo, nel¬ l'angolo proprio di fronte a lui, mentre eseguiva esercizi da mago incantatore, mentre faceva comparire e scomparire nastri, monete e chiavi. Se Annie ha deciso di arrivare di sorpresa, per adescarlo e poi sedurlo, il Verri preferisce farsi trovare in piedi. Si alza dal divano, passeggia sul parquet tirato a cera, scansando i soffici tappeti gettati in terra. Arriva al cembalo e scopre, a destra dietro a due alte piante in vaso, una vetrina. Qui stanno raccolti alla rinfusa gli arnesi eli scena del conte Dimidoff, i suoi mille trucchi d'illusionista: corde con nodi e senza nodi, anelli interi e mezzi anelli, monete a doppia faccia, nastri e fazzoletti di ogni colore, barattoli, scatole, bicchieri con il doppio fondo, bacchette, chiavi spezzate. Gli oggetti, uno vicino all'altro, uno sopra l'altro, sono brutti nella sfacciata esibizione dei loro trucchi. Ma quella sera invece, quando balzavano fuori dal nulla fra le mani di Sacha Dimidoff, quando scomparivano chissà dove oppure si trasformavano in altre cose, quegli oggetti sembravano bellissimi; e si sarebbe detto che le corde fossero di velluto, gli anelli pieni di gemme e di diamanti e le monete d'oro. Giochi di prestigio Dopo lo spettacolo dei giochi di prestigio, il conte aveva fatto entrare un ospite d'onore: un professore belga con poteri eccezionali. Era venuto avanti un uomo sui quarantanni, di un biondo rosso, dalla pelle rosea, delicatissima, con delle manine da far invidia a una damina, e gli occhi azzurri chiari chiari, la barba rada, i modi di muoversi e di gestire femminili. Il conte russo lo aveva presentato come un fascinatorenoto in tutto il mondo. Ma prima di magnetizzare gli ospiti il professore avrebbe fatto alcuni esperimenti di suggestione. «Come le onde che partono dalla bocca, giungono poi all'orecchio e io le ascolto», aveva detto parlando adagio in francese, con voce triste «così io percepisco il desiderio pensato da un altro e l'eseguisco... Non c'è nessun miracolo... la suggestione è un semplice fenomeno meccanico...». Il Dimidoff aveva fatto uscire una nota acuta dalla tastiera del vecchio cembalo e l'uomo era partito: aveva attraversato tutta la sala con passo duro, come se ubbidisse a un generale, e si era portato davanti a un ospite: per dirsi servo suo. Questi, sollecitato dal Dimidoff, aveva dato ordini mentali al professore e il professore aveva eseguito gli ordini, a uno a uno, leggendoli nel pensiero del padrone. Il professore aveva poi iniziato gli esperimenti di fascinazione e dopo aver magnetizzato mezza sala, si era concentrato su mademoiselle Annie: aveva fatto fare meraviglie al corpo di quella donna addormentata. L'ispettore era riuscito a stare miracolosamente sveglio, non aveva cioè subito mai lo sguardo del pro.jssore. Ma come tutti gli altri era rimasto preso dalle metamorfosi di Annie: e tanto preso da non riuscire adesso a dare consistenza al tempo, da ricordare appunto solo quelle trasformazioni sconvolgenti. Il fascinatore aveva comandato dapprima il sonno e aveva irrigidito il corpo della donna. 11 corpo, pur rigido nei muscoli, si era accoccolato sul piccolo divano tondo. Poi a un soffio Annie si era seduta: il viso era impazzito in espressioni stravolte e sovrapposte; un occhio si incupiva e dava lacrime, a esprimere dolore; l'altro si spalancava e ammiccava, a interpretare un'alle¬ gria frenetica. In tutto il viso, in tutto il corpo si riproduceva l'orribile dissociazione. Lo spettacolo non finiva lì. Annie era stata chiamata dal professore ad alzarsi in piedi; poi era caduta a un comando nell'estasi contemplativa, offrendo a tutti la bellezza dei suoi occhi blu. E i due occhi spalancati e fissi, pieni di luce e tuttavia assenti al mondo, avrebbero potuto fare paura, se non fosse apparso sulle labbra un sorriso di felicità beata. L'estasi e la seduzione Dopo l'estasi della contemplazione, il professore aveva ordinato alcune pose eccentriche: Annie, reggendosi su un piede, in equilibri strani e abnormi, aveva spostato il proprio corpo in diagonali rischiose, senza ca¬ dere mai per terra, come se la sua carne si fosse fatta marmo: come se fosse diventata una stupenda statua, capace di muoversi a comando. In quelle pose innaturali, il corpo di Annie aveva trovato una totale liberazione, aveva scatenato tutta la sua fisicità aggressiva: una smania di fare suo un altro corpo e insieme di donarsi, un desiderio di possedere e di essere posseduta. E questa esplosione di fisicità era avvenuta con un'impudicizia tanto inaudita, tanto selvaggia, che chiunque guardasse quella donna e fosse preso dalla sua eccitazione, avrebbe potuto diventarne schiavo. Dimenticate le lontananze paradisiache dell'estasi contemplativa, tornati su questo mondo, terreni, vogliosi, gli occhi di Annie avevano vagato nella sala, facendo trepidare ogni uomo nella speranza o nel terrore che si fermassero. Poi erano andati sicuri a catturare gli occhi dell'ispettore. Ma il Verri, turbato dalla sua stessa eccitazione, aveva subito opposto all'invito così sfacciato uno sguardo vuoto, severo e negligente insieme: quasi avesse voluto lanciare davanti a tutti una sfiqla d'indifferenza a quella femmina perversa. Come se avesse voluto dimostrarsi inattaccabile, invulnerabile alla seduzione. Il gioco era durato a lungo ed era continuato anche dopo, quando la festa si era liberata dal sonno della fascinazione. Il Verri era riuscito ad affrancarsi dallo sguardo di Annie solo nel momento in cui il conte russo era riapparso fra la sorpresa generale insieme a una ragazza bionda, alta e sottile, di una bellezza tanto perfetta e consa pevole di sé, da risultare astrat ta. E l'ispettore, per cancellare la propria eccitazione, si era in namorato senz'altro di quella fredda ragazza bionda. Giorgio De Rienzo Giorgio De Rienzo, saggista e critico letterario, a quasi cinquantanni, debutta come romanziere. «Sette anni fa, consultando giornali d'epoca, mi capitò di imbattermi in una storia incredibile» Di fianco, un'immagine scattata nell'Armeria Reale di Torino, dove avvenne il furto del tesoro della Corona, che ha ispirato il romanzo: «Si avanzarono ipotesi di intrighi internazionali, di congiure politiche»

Persone citate: Annie Salveti, Giorgio De Rienzo, Sacha Dimidoff, Savoia, Verri

Luoghi citati: Torino