I dieci comandamenti di BIAGI di Piero Soria

I dieci comandamenti di BIAGI/ diI dieci comandamenti di I dieci comandamenti di BIAGIcomandamen Parla il giornalista che V8 marzo torna in tv A settant'anni porta sul video un «Chi l'ha visto» della fede La guerra in tv e sui giornali: nessuno scava vicende di uomini TMILANO RE infarti, quattro guerre, settant'anni: non so far altro. Ho in I cominciato a diciassette. Ed in tutto questo tempo la gente con nome e cognome, con le sue storie che son diventate storia o con le sue storie che son solo rimaste cronaca, mi ha fatto compagnia. Sono un tipo fortunato. Perché tutto è girato per il verso giusto. E son consolato dall'idea che ogni giorno che viene può portare con sé una nuova pagina nel romanzo del mondo...». E mentre Giuliano Ferrara compare quasi ogni sera sulle nostre tavole imbandite, ad affilare coltellacci sulle cotenne di qualche vittima da istruttoria, Enzo Biagi sembra sorridergli dallo spot accanto. Quasi una promessa di nuove fiammate polemiche. Con i suoi capelli candidi, e con quella sua casalinga voce al tortellino. Che sembra soave. Ma che taglia più delle lame di cui sopra. Perché annuncia agli italiani l'arrivo dei Dieci Comandamenti. Ad incominciare dal fatidico «Io sono il Signore Iddio tuo, non avrai altro Dio fuori di me», che rappresenta un po' il Chi l'ha visto? della fede, a partire dall'8 marzo. Di nuòvo tv, dunque. Ma ^elettrodomestico», come lo chiamava De Filippo, rimarrà sempre uguale a se stesso? La guerra del Golfo non ha finito per cambiarlo un po'? Non lo so. Non so se il linguaggio sia destinato a cambiare. Anche perché ciò a cui abbiamo assistito è stato solo il racconto di un racconto. Oltretutto condito sempre dalle stesse immagini: l'aereo che decolla, l'urlo delle sirene, le manovre nel deserto, il cormorano «nero». Poche storie, in sostanza. Tante, troppe telefonate. Niente guerra. Nessun inviato alla Paolo Monelli a far cronaca scavando vicende di uomini. Mancanza di professionalità? Mah... Ogni tanto c'è la sensazione che si è di fronte a degli specialisti. Che so, pediatri, dentisti. Per poi scoprire che sono senza laurea. Sa com'è. Vittime di promozioni sul campo. Un po' di giovani, un po' di donne. «La gente non è fessa» Alcuni Lucio Manisco nella bufera... Non ho nulla contro le antipatie personali. Ma bisogna dichiararle in anticipo. Non ci sto alle lezioni. «Io la penso così». Chiaro e tondo. Perché intanto poi ti scoprono, la gente non è fessa. Lilli Gruber... E' brava. Ma in un'intervista all'ambasciatore di Israele concludeva dicendo: «Proprio non riusciamo a convincerla, eh?». E la Maglie che tuona contro Peter Arnett, chiamandolo «megafono di Saddam»? Tutti vorrebbero essere al suo posto. Basta non aver la pretesa di ascoltare un mafioso aspettandosi discorsi da commissario di polizia. Ed il dopo? Quando, a guerra finita, i mille inviati ritorneranno? Beh, forse qualcuno sarà rovinato dalla pace... Ma quali sono le cose che non funzionano? Tre troupe nello stesso posto, nello stesso albergo, più impegnate a rispondere alle chiamate di Roma che a cercar notizie è una follia. Momenti assurdi. Con compiti non divisi. Mammì ha proposto di fare un solo telegiornale. Sono stati i repubblicani a vo- lere le tre reti. Ora si torna indietro. Se lei fosse direttore... Lo sono stato e me ne sono andato. Odio gli ambienti impregnati di politica. Io ne conosco solo quattro o cinque di politici: Cossiga, Martinazzoli, Veltroni... Che odia la Crème Caramei. Ci credo! Per cercare voti è più dignitoso presentarsi con la barba di Mazzini che con le gambe di Pamela Prati. «Bidòn, bidòn»... Schwarzkopf che a «Striscia la notizia» fa come Stantio ed Ollio... Qualcuno si è arrabbiato. Difficile far satira di guerra, no? Sì, può darsi. Ma Ricci è bravo. D'altra parte Grosz metteva la maschera antigas al crocefisso. E tutti quei dibattiti... Frullati, vuol dire. Quei frullati a base di direttori e di elzeviristi della carta stampata, sempre i soliti. Pubbliche relazioni. Non è che la televisione si senta debole e che cerchi omologazione nel «nemico» giornale? No. Solo pubbliche relazioni. Elei? 10 non so fare l'elzeviro. Sono uno specialista in niente. In ogni caso si possono dire le cose senza rompere le scatole. E i giovani? Non so. Non mi sento di fare profezie. Piuttosto, prendiamo la guerra del '40: io le faccio dieci nomi. Lei me ne faccia altrettanti, di oggi. Cominci lei. Monelli, Montanelli, Piovene, Barzini, Buzzati, Emanuelli, Lilli, Vergani, Tomaselli. Forse venivano chieste loro cose che ora non si chiedono più. 11 vecchio Barzini portava dispacci a cavallo. De Benedetti creava scandalo mettendo Coppi in prima pagina. C'era personalità. Io non riesco a credere che, con Aziz e Baker nello stesso albergo a Ginevra, nessuno abbia sentito il bisogno di parlare con un cameriere. Dico uno. Pensi alle cose che aveva da raccontare. In altre parole? In altre parole, al fronte abbiamo mille inviati in due alber¬ ghi che si fanno le conferenze stampa tra di loro. E nessuno che ci dica qual è la razione del soldato americano, quali giornaletti legge (ai miei tempi c'era Stars & Stripes), com'è la vita. Anche a me è capitato a Bucarest, durante l'invasione della Cecoslovacchia, di essere stato sequestrato in un hotel con altri quattrocento. Senza notizie, con la censura. Ma abbiamo inventato una strategia. A Saigon c'erano Dayan e Steinbeck. Oggi questa guerra sembra senza storia. Eppure si muore. Ma non ho visto un pezzo sui figli, non esiste il calore umano. «De Benedetti il più grande» Con De Benedetti... E' stato il più grande. Anche con le sue crudeltà. Il grande vecchio non era certamente una sonata per violoncello. Dopodiché? Il miglior Corriere con Ottone. E poi Scalfari, Montanelli. Loro hanno inventato giornali. Io non ne sarei stato capace. Ma con Scalfari ha litigato. Ho lavorato benissimo con lui. Ad un certo punto però ha toccato la mia suscettibilità. Con un inserto, «il Meglio di un anno». Dentro ci aveva messo cinque articoli di una signora... anche bravissima, non dico di no... Ma possibile che tra i miei quaranta-cinquanta pezzi non fosse riuscito a travarne uno da pubblicare? Sa, io sono vanitoso. E quindi il ritorno al «Corriere». Sì. Ma non frequento il locale. Allora: Biagi si alza alla mattina... Alle 7,30, come un bancario. Sento la radio mentre mi faccio la barba. Colazione con mia moglie. Una passeggiatina con il mio amico Cesare Rimini che finisce inesorabilmente davanti a una tazzina di caffè. Poi, verso le 9-9,30 in studio, sopra la Rizzoli, in Galleria. Pranzo, un sonnellino... Sì, tutte le volte che ci riesco. E' un toccasana. Poi lavoro fino alle 17,30. Alla sera a casa, davanti alla tv o con un libro. A letto alle 23,30. Cinema, teatro? Cinema niente. Perché la tv è una grande giustificazione. Ma appena salterà fuori quella via cavo... Un po' di musica, invece. Qualche concerto. Con preferenze per Mozart e Verdi. Sa, da piccolo cantavo nel coro ed odiavo Wagner perché ci faceva sempre tirare a notte fonda con le prove. Ed il giorno dopo che fatica a scuola. Aveva ragione il parroco di Roncole che ci diceva sempre: «Con Verdi è tutto chiaro fin dalla prima nota, ma con Wagner...» A colazione con Muti E lo odia ancora? Un po'. Anche se l'altro giorno ho lasciato secco Muti. Erava¬ mo a colazione. E a un certo punto gli faccio: «Ma nel "Parsifal" non c'è una marcia che fa così... tata-tata-tata?». E l'altra musica? Quella di Sanremo? Secondo me si capisce più la Francia dalle parole di una canzone di Prévert che da mille saggisti. E poi conoscevo Cinico Angelini, Pippo Barzizza. Sì, 10 aspetto sempre il Festival. E' 11 momento in cui siamo tutti fratelli. O ne abbiamo l'illusione? Forse. Quando è avvenuto l'attentato a Togliatti ero a Bologna a vedere Josephine Baker. La notizia ha lasciato tutti sconvolti. Ma lei dal palco ci ha richiamati all'ordine: «Monsieurs, conservez vos illusions». E la famiglia? Quella non è un'illusione. E' una realtà vera. Mia moglie ha appena compiuto 70 anni. Come me. Cinquant'anni insieme, ci pensi! Ci siamo conosciuti a casa di un amico. Una domenica, a Bologna. Sono venuti tutti. Tre figlie e quattro nipoti intorno. A festeggiarla. Ma non è stato niente di straordinario. Perché ci vediamo spesso. Stiamo molto insieme. Ma nonno Biagi com'è? Tollerante. Buono. Forse perché mi piace essere amato. E con i nipoti ci si può anche arruffianare. Cosa che invece non ti succede con i figli. Lì la musica cambia. Anche se tutto è sempre andato bene, forse perché non ci siamo mai presi troppo sul serio. Ciascuno per la propria parte. E adesso? Che atteggiamento hanno nei confronti della star? Se non si vergognano, è tanto! Quindi vuol dire che non hanno un padre schiavo della musa dell'Audience? No. Nessuna ossessione. I dati, caso mai, ti servono per sapere dove hai sbagliato e se la gente sta con te. Tv, giornali, è la stessa cosa. Ti seguono solo se ti credono. Ma nei «Dieci Comandamenti» è d'obbligo credere... Mah, io sono un cronista e voglio sapere. Ed è sempre come la prima volta. Questa trasmissione, ad esempio, mi ha portato in un convento di suore, vi¬ cino a Roma. La gente lo chiama il Convento delle prostitute. E' una specie di Legione Straniera del peccato. Dove nessuna conosce il passato delle altre. Parli con loro e scopri dei mondi. E poi io non so fare altro. Ha incominciato a diciassette anni. Sì. E questo mestiere mi ha fatto compagnia attraverso tre o quattro guerre e tre infarti. Torna sempre a casa? Tutti gli anni. A Pianaccio. Un mese. Le vacanze. Per trovare i miei compagni delle elementari. Gente semplice, che mi stima. Con cui sto bene. Minatori, agricoltori. Vede, com'è... Io ero di salute cagionevole ed allora mi hanno mandato a scuola... A chi invece è andata la sua stima e la sua amicizia? Ad Amendola, a Nenni, a Pertini... Li conoscevo bene: qualità e difetti... Ed a Willy Brandt, quando era ancora il sindaco di Berlino. Lui è la Coerenza... E se dovesse indicare degli esempi da seguire? Tre preti: Don Zeno, don Mazzolari e don Milani. I più grandi rivoluzionari degli ultimi 50 anni. E poi? Sabin. Un ebreo russo morto povero perché non ha mai ricevuto una lira per aver salvato mezzo mondo dalla polio. Uno che ha provato il vaccino prima su di sé, poi su alcune detenute, poi ancora sulle sue figlie. Ci pensa? Sulle sue figlie... Ma il Biagi dei best-sellers, l'uomo perennemente in cima alle classifiche, è sempre la stessa persona? Guardi, io mi considero un fortunato, uno a cui è andata bene. Perché tutto dipende dal caso, dalle occasioni, dagli incontri. Mio padre era operaio, gli sarebbe bastato il posto sicuro. Emigrante e licenziato Invece? Da Bologna non sarei mai andato via, ma ho dovuto emigrare perché troppo a sinistra. Poi via (anzi licenziato) da Epoca. Via dalla Rai. Via dal Carlino (io invece non licenziavo nessuno, vero Chierici, vero Vene?). Ormai mi sento ai supplementari, anzi ai rigori. Fare il direttore da qualche parte? No. Sono vecchio, provvisorio, prendo le cose come se fossi eterno, ma... E poi non amo il gruppo, non sono tipo da compagnia. Sono da amicizie profonde. Poche. Sto bene con gli altri solo se ho la libertà di dire le mie coglionate. Parlavamo di libri... Già. Ma io arrivo da Jack London, da Gente di Dublino. Non ho amore per la letteratura nel senso nobile. Aboliamo gli elzeviristi. Quelli che si incazzano con Einaudi perché pubblica Gino e Michele. E con quelli che condannano Mara dona... Sì, Maradona è innocente. E' solo un povero miliardario ricco. E' il frutto di un mondo fatto così. Siamo noi che l'abbiamo reso colpevole e la domenica, se perde con la Juve, sono affari suoi. Mentre le sue di domeniche? Fisse. Davanti alla tv coti gli amici. Con la partita in diretta e con la radio accesa per non perdermi niente. «Tengo» Bologna. Mi piaceva Maifredi. A Torino avete fatto male a mandare via Zoff. Era serio. Molto serio. Grazie cronista Biagi. Grazie a lei. Arrivederci e auguri. Ecco, l'undicesimo comandamento: la gentilezza. Piero Soria «Itele-dibattiti di esperti sono solo pubbliche relazioni» «Ogni giorno porta una nuova pagina del romanzo del mondo» / diI dieci comandamenti di I dieci comandamenti di BIAGIcomandamenili ■ir** ;.';/;;; 1 i " v-. ^6 i i