Che cos'è e quale futuro per la sinistra?

Che cos'è e quale futuro per la sinistra? L'intellighenzia europea in un seminario ad Oxford organizzato dalla Fondazione Rosselli Che cos'è e quale futuro per la sinistra? Tante le strade, tutte tortuose verso il «liberalsocialismo» OXFORD. La sinistra sul lettino. A domandarsi chi è, a cercare un'identità, a sottoporsi a un'autoanalisi che, com'è tipico della sinistra, finisce per assomigliare a uno stracciarsi le vesti. E' stata la torinese Fondazione Rosselli a chiamare i più grossi cervelli della sinistra europea al St. Cross College, una cinquantina di persone. Un cenacolo sui destini di milioni di persone che forse senza sapere più perché si dicono di sinistra. Un seminario chiamato «What is left?», che cos'è la sinistra?, ma letteralmente anche che cosa è rimasto? C'era anche il premio Nobel Isaiah Berlin ad assistere e sul futuro della sinistra ha detto solo due parole: sono pessimista, parole che rischiano di incidersi come un'epigrafe sul seminario e non solo. Già, è difficile darsi un futuro per la sinistra, almeno nel rispetto della tradizione, perché - come ha segnalato la relazione di apertura del senatore socialista Gino Giugni padre dello «statuto dei lavoratori» - se la sinistra era per l'intervento statale in economia adesso è ben noto che sicuramente il mercato crea risorse mentre l'intervento statale spesso le distrugge. Se prima la sinistra era di partiti operai adesso la classe operaia è in frammentazione e riduzione, non sembra poter più essere «centrale». E allora? Che avessero ragione gli altri? I nemici di un tempo, i liberali? Che il socialismo e i suoi valori di uguaglianza e di solidarietà cada nelle braccia di Hayek e del suo individualismo darwinista, del suo «laissez faire» alle forze di mercato? Giugni non si scompone: «La differenza è ormai sottile, il socialismo riformista europeo, quello vincente oggi, che viene dal revisionismo di Bernstein, vede un bisogno di correzione del mercato su grandi questioni collettive, ma vuole fortemente, come il miglior liberalismo, rendere ciascun individuo in grado di determinare il proprio destino, di fare libere scelte». E' questo il «liberal-socialismo». Relatori e grandi nomi della intellighentia come Dunn, Merkell, Hine, Maffettone, Salvadori, Giuliana Zincone, si sono divisi e interrogati su questo. Dal vecchio carismatico «ancora marxista» Hobsbawn molto legato alla tradizione pianificatrice, alla giovane Hewitt che in Inghilterra si batte contro le «difficoltà a trasformare il vecchio Labour Party in un moderno partito socialdemocratico». Sull'Italia hanno parlato Alberto Martinelli e Michele Salvati della Fondazione Rosselli. Il primo ha parlato dell'emergere negli Anni Ottanta del pragmatismo riformista socialista, il secondo dei travagli del pds. Il tedesco Timmermann ha descritto una Spd con grandi slanci progettuali, ma alle prese con un possibile nazionalismo rinascente. Escudero per gli spagnoli ha presentato Programma 2000. Ma l'unica cosa chiara è che le vie della sinistra sono tortuose. [g. p. a]

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Oxford