DA BUDAPEST UN PO' DI VENEZIA

DA BUDAPEST UN PO' DI VENEZIA DA BUDAPEST UN PO' DI VENEZIA VMILANO ANNO di moda i «quadri dell'Est». Arrivano, anzi tornano come figlioli prodighi nei Paesi d'origine. A Venezia sono esposti una sessantina di capolavori europei del Museo Nazionale d'Arte di Bucarest, tra i quali molti italiani. Adesso a Milano si è appena aperta una mostra, «Itinerario veneto», presso la sede della Finarte in via Manzoni (13 febbraio-5 marzo), che presenta quindici dipinti e altrettanti disegni veneti del '600 e '700 del Museo di Belle Arti di Budapest. La mostra è nata come scambio di cortesie: la casa d'aste milanese si è impegnata a finanziare il restauro di due enormi tele di Francesco Fontebasso, pittore veneziano del Settecento, appartenenti al Museo di Budapest, che in compenso offre in visione a Milano una trentina di pezzi. I due grandi dipinti del Fontebasso rappresentano La continenza di Scipione e Antioco e Stratonice. Eseguiti per Palazzo Bernardi di Venezia, furono comprati nell'Ottocento come «Tiepolo» dal cpnte Karolyi, che le fece trasportare a Pest e collocare nel suo palazzo in stile veneziano. Da lì le tele passarono, dopo la seconda guerra mondiale, per donazione al Museo di Budapest, dove saranno ricollocate, dopo il restauro, nella sala di marmo di ingresso in modo più degno e vistoso, come sottolinea Miklos Mojzer, direttore. I 30 pezzi arrivati sono di prestigiosi artisti: Tiepolo, Canaletto, Pittoni, Sebastiano Ricci, Diziani ed altri. Hanno tutti una complessa storia collezionistica alle spalle e riserbano qualche curiosità. Le porte del Dolo, ad esempio, un attraente dipinto di piccole dimensioni, attribuito al giovane Belletto verso il 1740, è invece del suo maestro Canaletto. Un recente restauro ne ha scoperto la firma. Rappresenta quasi fotograficamente un borgo lungo il Brenta, con tutti i particolari, dalla ricamatrice di merletti al fruttivendolo. Di Giovanni Battista Tiepolo, che in questi giorni è possibile vedere anche tra i protagonisti «forestieri» del Settecento Lombardo a Palazzo Reale, è esposta una Madonna in gloria e Santi dalla rara iconografia, che intreccia il tema della Sacra Conversazione con quello dell'Immacolata Concezione. Era destinata probabilmente ad una confraternita, come propongono i curatori. Colpisce anche la tela con Venere e Satiro, già nella collezione Esterhazy, passata al Museo di Budapest nel 1958. Un museo ricchissimo di capolavori, tra cui molti veneti e veneziani. Vi sono entrati attraverso gli scambi secolari con Venezia e la presenza di artisti veneti a Vienna e in Ungheria, ma soprattutto grazie al collezionismo privato del Settecento e Ottocento. I collezionisti ungheresi, nobili, cominciarono a raccogliere dipinti nel Seicento. Nel Settecento si formarono grosse raccolte come quelle Esterhazy o Batthyany. Ma è soprattutto nel secolo scorso che il collezionismo, grazie al nuovo sviluppo industriale del Paese e al vivace commercio di opere d'arte con l'Europa, assume dimensioni internazionali. Spiccano quelle del patriarca di Venezia Pyrker, che vantava Bellini e forse Giorgione, quella Szapary con Tintoretto ed altre, che entrano nel 1902 nel nuovo Museo Nazionale di Budapest. E poi, ancora arricchite, in quello di Belle Arti, inaugurato nel 1906. Maurizia Tazartes Particolare di «Le f)orle del Dolo» di Canaletto, uno dei quadri esposti nella sede delta Finarle