Enzensberger accusa Habermas risponde
Enzensberger accusa Habermas risponde Enzensberger accusa Habermas risponde Enzesberger usa toni apocalittici: «L'eliminazione di Hitler è costata la vita a un numero enorme di persone. Il prezzo per cancellare Saddam Hussein dal'" la faccia della terra sarà astronomico, anche se il suo desiderio di scatenare una guerra atomica, probabilmente, non è realizzabile». «Ma i dittatori che verranno in futuro - conclude l'articolo, - non dovranno subire questa restrizione ai loro progetti. E' prevedibile che altri popoli in futuro acclameranno i loro e i nostri carnefici. Hitler e Saddam hanno fallito l'ultimo passo verso la vittoria finale - ovvero verso la soluzione finale - ma i loro per sé. Wolf Bierman, il cantautore che aveva scelto di vivere al di là del Muro, si schiera nettamente a favore della guerra. «Ima pace totale? Nograzie», dice, parafrasando lo slogan dei verdi contro il nucleare. In mezzo alle concitate prese di posizione, provocate dall'articolo di Enzensberg, spicca il filosofo Jùrgen Habermas che in un lungo articolo sulla Zeit di giovedì esorta alla pacatezza. «Ritengo legittimo l'intervento degli alleati - dice Habermas -. Ma nello stesso tempo sono fortemente dubbioso che la guerra, così come è stata finora condotta, possa reggere a un esame scrupoloso». Di giorno in giorno, secondo il teorico dell'agire comunicativo, sembrano venire meno gli scopi e i limiti posti dal diritto internazionale. A Enzensberger e ai portavoce della cattiva coscienza tedesca, Habermas suggerisce di «Non abbandonarsi al complesso di Chamberlain della stampa inglese», a non rievocare Monaco per diventare interventisti. Ammonisce che il paragone Saddam-Hitler, è pericoloso: riduce una pagina oscura del passato germanico a un fenomeno negativo, ma inevitabile della storia. Trasforma una colpa politica in un determinismo antropologico. Se l'umanità produce spontaneamente dittatori sanguinari, i tedeschi sarebbero assolti dalle colpe dei padri e dei nonni. Ma il parallelo porta anche a giustificare soluzioni radicali per mali estremi: insomma potrebbe riaffermarsi la logica di una «Nuova Hiroshima per impedire una nuova Auschwitz». La Germania riunificata ha il dovere di «non tergiversare sugli aiuti a Israele» e di non dimenticare la diplomazia. Nel fare appello al dialogo non «si rispecchia - secondo Habermas - una vecchia incertìtude allemande, ma semmai un rapporto più riflessivo con esperienze specificamente tedesche. Spero, anche nell'interesse dei nostri alleati e di Israele, che la politica della cautela non venga schiacciata da quella terribile normalità che deve restituire alla Germania di nuovo unita la vecchia risolutezza e ridarci il tanto agognato oblio». LONDRA ADDAM Hussein? «Un mistero. La faccia è quella di un tassista, altro che dittatore. Non è un Hitler, un Mussolini, uno Stalin. E' il cattivone di un film dove viene pestato da Schwarzenegger. Forse è un cyborg». Così dice James G. Ballarci, il più sfrenato inventore di storie fantastiche. E pericolose: hanno la lama puntata sulle nostre paure, le anticipano, stuzzicano e soddisfano fino all'incubo. Oggi anche lo sciamano hightech di Shepperton ha un timore. Ce lo affida: «Credo che questa volta la realtà sia riuscita a raggiungere la mia fantasia». Nel suo salotto appena meno banale degli altri salotti appartenenti a villette identiche, schierata lungo le ordinarie strade di questo sobborgo londinese, Ballard tiene gli occhi sul «Golfo» teletrasmesso. Con un'apprensione antica. Qual è l'orrore nascosto nella vita dell'ex studente di medicina, ex pilota della Raf «Jim» Ballard, l'inglese nato a Shangai? La guerra e la scoperta che proprio questa è stata il gran propulsore della sua fantasia. Dal '42 al '45, ragazzino prigioniero dei giapponesi, non solo scopre le atrocità consumate poi in venti romanzi e soprattutto nell'Impero del sole. Ricorda quello che forse è stato soltanto un sogno: «La visione della luce emessa dalle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki è stata il bing bang della mia scrittura». Precisa: «Tutta la mia fantascienza è nata come reazione di fronte alla possibilità di un conflitto nucleare negli Anni Cinquanta». E ricorda, quasi imbarazzato: «Nell'ultima pagina dell'Impero del sole il ragazzino protagonista, dopo lo scoppio delle bombe atomiche sul Giappone, non dice: è la fine della seconda guerra mondiale. Dice: qui ha inizio la terza. E mormora tra sé, quasi sognante: aspetto di vedere lo enzensberger: «Saddam come 1 litter» successori ci riusciranno». Dopo le polemiche sulla riunifìcazione, dopo la messa in stato d'accusa degli artisti di punta della ex Ddr, la guerra del Golfo si rivela un faticoso banco di prova per gli intellettuali tedeschi. Le distruzióni di massa, i gas, la questione israeliana, evocano vecchi fantasmi. Saltano gli schemi ideologici. Destra e sinistra si confondono; si mescolano antiamericanismo e senso di colpa per il riarmo di Saddam Hussein. Riaffiora la malattia che ha spesso afflitto la classe intellettuale tedesca: il filisteismo, l'incapacità di stare all'altezza dei tempi. Ognuno parla
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