Sanremo, sfogliando l'album dei ricordi di Alberto Gedda

Sanremo, sfogliando l'album dei ricordi Ognuno dei 1129 cantanti che vi hanno partecipato ha qualche fatto curioso da raccontare Sanremo, sfogliando l'album dei ricordi Vandelli: «Mi chiamarono caprone»; Boccini in incognito Per i quarant'anni del Festival di Sanremo si è sfogliato l'album dei ricordi con le foto ingiallite di Cinico Angelini e quelle liftate di Anna Oxa: un anno dopo si aggiungono immagini, come le figurine nelle raccolte, e si rimpolpa l'aneddotica da vetrina. Ma ognuno dei 1129 cantanti proposti dalla rassegna ha un «suo» Sanremo da raccontare. Come Maurizio Vandelli, il «bello» dell'Equipe 84 felicemente single e incontenibile: «Ancora oggi quando vedo la firma della giornalista Natalia Aspesi mi prudono le mani: mi è rimasta la voglia di strozzarla per quanto scrisse nel 1966 quando partecipammo al festival, in coppia con i Renegades, con "Un giorno tu mi cercherai". Era la prima concessione che la Rai faceva ai capelloni. Noi ci eravamo preparati per benino: i funzionari ci avevano fatto mille raccomandazioni sul come comportarci e che cosa dire, pronti a spegnere le telecamere se non fossimo stati compunti. E lo fummo, tanto da presentarci sul palco con vestiti di Courrèges e un look raffinato che ci costò un occhio: il giorno dopo la Aspesi scrisse "Ma cosa ci fanno quattro caproni al festival?". Capito? Caproni a noi che avevamo indossato il cilicio...». Rimpianti per il festival? «Neanche uno: la gara è terribile, vivi in un incubo. Ho solo il rammarico di non essere ricordato per il terzo posto ottenuto con Lucio Dalla nel '71 con "4/3/43", bellissima canzone». Orietta Berti ha preso parte a 10 edizioni: alla prima nel '66 con «Io ti darò di più» in coppia con Ornella Vanoni, all'ultima vent'anni dopo con «Futuro». «Io mi presento sempre alla commissione: l'anno scorso proposi due canzoni molto belle, "Tarantelle" e "Incompatibili ma indivisibili", non ammesse: i pettegoli mi dissero che Aragozzini non mi voleva. Quest'anno sono tornata con un pezzo di grande melodia, "Canzone fra le mani" di Danilo Amerio, che è stata nuovamente esclusa: penso che non l'abbiamo nemmeno ascoltata perché la mia casa discografica (Cgd) aveva già in gara Tozzi, Raf, Al Bano e Romina. Riproverò». E' così importante per lei Sanremo? «Lo è per tutti anche se non è più decisivo, fortunatamente, per il futuro di un artista. In ogni caso non c'è altra manifestazione con una tale audience e battage pubblicitario». Ripensa a Luigi Tenco e al biglietto nel quale motivò il suicidio con la sconfitta della sua canzone «Ciao amore ciao» mentre «Io, tu e le rose», proposta da lei, entrò in finale? «E come posso dimenticare quella terribile edizione del '67? Ci ripenso spesso e sono sempre più convinta che Tenco non si sia tolto la vita per questo: era troppo intelligente, sensibile, bravo per aver scritto una simile stupidaggine. Era un poeta ma era circondato da brutta gente». «Io nella vita non ho mai vinto nulla - dice divertito Bruno Lauzi- Mi sono abituato a vivere nell'incomprensione anche perché se è vero che un grande artista si riconosce da quant'è misconosciuto in vita, allora io sono già sulla buona strada. Così quando mi chiedono di Sanremo rispondo che ci sono andato una volta sola: loro non mi hanno capito e io continuo a non capire loro». Era l'edizione del '65: il cantautore genovese partecipò con «Il tuo amore» un valzer musette nel trionfo della melodia e l'arrivo del beat. «Una bella idea, subito scartata». Dopodiché non hai più pensato al festival? «No, no: per anni ho mandato canzoni che venivano prese in considerazione finché c'era la commissione allargata ma che poi finivano cestinate quando le giurie erano ridotte "a insindacabile scelta dell'organizzatore". Mi è successo con tutti gli organizzatori: evidentemente c'è qualcosa che non quadra fra me e gli organizzatori del festival. Fortunatamente non fra me e il pubblico. Mi spiace non partecipare a Sanremo perché è una manifestazione importantissima ma non posso continuare a scrivere canzoni per "esperti" che fingono d'ascoltarle». E Francesco Baccini? Non ha mai partecipato a Sanremo, vien da dire: e invece no. Nell'88 realizzò la sigla finale del festival, «Mamma dammi i soldi», come «Espressione Musica»: «Un'esperienza allucinante - ricorda già mi avevano cambiato il nome, poi quell'anno il festival finiva alle tre del mattino per cui mi hanno visto mia mamma, mia nonna e cinque panettieri. Mah!». E il festival? «Una noia mortale. Mi organizzavano le conferenze stampa per "lanciarmi" alle 9 per cui c'eravamo io, un funzionario della casa discografica e la controfigura di un apprendista giornalista». Quando parteciperai alla rassegna? «Credo mai, è un postaccio! Prendi quest'anno: ci sono pochi artisti, come Riccardo Cocciante, per il resto sono tutti finti. Però ci sono anche i miei amici "Ladri di biciclette" e io tifo per loro: perché arrivino di nuovo ultimi, naturalmente, alla grande!». Alberto Gedda Orietta Berti in un lontano festival di Sanremo

Luoghi citati: Sanremo