Un Corano con radici ebraiche di Alain Elkann

Un Corano con radici ebraiche Incontro con André Chouraqui che ha tradotto il testo fondamentale dell'Islam Un Corano con radici ebraiche «Ogni conflitto religioso è contro lo spirito» APARIGI NDRE' Chouraqui, dopo aver tradotto in francese TAntico Testamento e li Vangeli, ha appena stampato presso l'editore Robert Laffont la sua traduzione del Corano, che è già un bestseller in Francia. Chouraqui non capisce perché ci si stupisca della sua traduzione del Corano date le sue radici, la sua cultura e il suo itinerario di scrittore e uomo d'azione. Chouraqui nasce da genitori ebrei di origine spagnola in Algeria nel 1917, parla l'ebraico, l'arabo e studia in Francia. Negli Anni Cinquanta si trasferisce in Israele, diventa consigliere del primo ministro Ben Gurion e quindi verrà eletto vicesindaco di Gerusalemme. Lo scorso anno Chouraqui aveva pubblicato le sue memorie: L'amourfort comme la mort. Si definisce uno scrivano, un linguista, non un teologo. Un grande specialista del Corano, Hamidullah, si è congratulato con lui per la sua traduzione e anche Mahmoud Azab Mohamed, professore ad Al-Azhar. I fondamentalisti arabi rischiano di gridare allo scandalo, ma anche alcuni integralisti cattolici avevano fatto la stessa cosa quando lo scrittore ebreo si apprestò a tradurre i Vangeli. Abbiamo incontrato Chouraqui nel suo appartamento al piano terreno di un palazzo moderno dalle parti del Bois de Boulogne. Appare stanco per le faticose interviste, i dibattiti televisivi, le telefonate ininterrotte degli ultimi giorni. Ci accoglie in pigiama e vestaglia, seduto su un sofà, circondato di fogli, giornali e libri, come un orso in una tana. E' un uomo robusto con i capelli bianchi, lo sguardo vivacissimo e mutevole. Si rannuvola e sorride, parla in modo sgradevole e distante, poi diventa gentilissimo. Suona il telefono, risponde con cortesia, ringrazia una signora di essere venuta alla presentazione del suo Corano nell'aula magna della Sorbona pochi giorni or sono e le dice: «Certo ci sarà la pace, dai vivi o dai cimiteri, ma finirà per venire. Vado a Bruxelles e quindi torno a Gerusalemme». Come prendono il suo Corano i musulmani? André Chouraqui risponde: «Non è forse scritto nel Corano a cinque riprese "Allah ha favorito i figli d'Israele più di qualunque universo"? Il versetto 104 della sura 17 dice: "Abbiamo detto ai figli d'Israele: abitate questa terra: quando l'altra promessa si realizzerà, vi faremo tornare in massa"». Crede nella pace? «Penso che si possa fare la pace. Non penso che bisogna fare una grande conferenza internazionale con le potenze mondiali. La pace va fatta Stato con Stato. Gli arabi e gli ebrei hanno saputo vivere insieme per dodici secoli. Oggi si specula sugli arabi e sugli ebrei». Lei si è sempre occupato dei rapporti tra ebrei e cristiani: «Certo il Vaticano si rifiuta di avere rapporti normali con lo Stato d'Israele. Il Vaticano ha rapporti diplomatici con 118 Stati di cui 49 arabi o fortemente musulmani. Racconterò un episodio poco conosciuto. Lo Stato d'Israele è stato fondato il 15 maggio del 1948 e nel settembre dello stesso anno tre diplomatici israeliani sono andati a Roma per incontrare il Santo Padre - allora il Papa era Pio XII che del resto ho conosciuto personalmente -. I diplomatici alloggiavano in un piccolo albergo aspettando una risposta. Il Vaticano fece rispondere: "Non conosciamo lo Stato d'Israele". I diplomatici insistettero e fu mandato a trattare l'avvocato Veronese per tre o quattro volte, ma non vi furono risultati. Io stesso ho conosciuto Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. Ho parlato con loro della necessità di rapporti diplomatici normali con Israele». André Chouraqui è stanco, si alza e si risiede sul divano. Suona il telefono: è la televisione canadese che gli chiede di partecipare a un dibattito con Tahar Ben Jelloun, poi mi dice che se voglio parlare di lui non c'è bisogno di un'intervista perché ha già scritto quello che pensa nell'autobiografia L'amour fort comme la mort. Mi mostra la fotografia della sua case a Gerusalemme e della sua famiglia. Dice: «Ho uno scoop da raccontare. Nel 1904 Theodor Herzl, ormai vecchio e malato, va a trovare Pio X e gli dice: "Vengo a chiedere la sua benedizione per uno Stato ebraico". Il pontefice gli risponde: "Non si può aiutare uno Stato ebraico. Gli ebrei non hanno riconosciuto il Cristo, noi non possiamo riconoscere Israele". Nel 1917 il rappresentante del movimento sionista mondiale chiede un colloquio con papa Benedetto XV. Il Papa incarica un giovane attaché, Eugenio Pacelli, di incontrare il nuovo capo dei sionisti e di rispondere in nome della Chiesa. "Riconosceremo Israele a due condizioni: 1) che vi sia uno Stato con delle frontiere riconosciute dai suoi vicini; 2) che il nuovo Stato d'Israele riconosca alla Chiesa cattolica dei diritti di proprietà sui Luoghi Santi e cristiani e che ottenga l'accordo per questo dai responsabili delle altre religioni cristiane". Io sono sempre stato amico dei cristiani, ma credo che la strada verso il riconoscimento ufficiale d'Israele da parte della Chiesa sarà lungo. Troppo forti sono i legami tra i cattolici e i musulmani». Perché è così importante per Israele il riconoscimento da parte della Chiesa cattolica? «Ma è molto semplice. Perché finché il Vaticano non riconosce Israele, gli arabi hanno una scusa per prendersela con Israele. Se la Chiesa non riconosce quello Stato, vuol dire che quello Stato non ha da essere e rappresenta il male». Gli arabi sono uniti tra di loro? «Ma per carità, ognuno vede le cose dal suo angolo nazionale. Gli algerini la pensano in un modo diverso dai marocchini e così via...». André Chouraqui è reticente a parlare del suo Corano e del suo lavoro intellettuale, e sostiene che non si possano riassumere anni di lavoro in poche domande come lo esigerebbero i mass-media. Dice di se stesso: «Io sono una persona molto seria». In conclusione Chouraqui dice: «Rispetto il credo dei miei fratelli ebrei, cristiani e musulmani, ma non sopporto che in nome della loro credenza religiosa gli uomini si uccidano tra loro. Dico alt alla guerra religiosa: è un crimine contro lo spirito e la riconciliazione. Anche se la strada è lunga, bisogna perseverare sul cammino dell'amore e della pace». Alain Elkann André Chouraqui «linguista e non teologo»: il suo Corano, tradotto in francese, è già diventato un best-seller (grazianero|