La vera storia del Duomo e del suo mecenate di Angelo Mistrangelo

La vera storia del Duomo e del suo mecenate Nel volume curato da Giovanni Romano, piccoli e grandi segreti di un gioiello che la città, spesso, ha trascurato La vera storia del Duomo e del suo mecenate Dalla posa della prima pietra, 500 anni fa, allo scenario artistico dell'epoca Gli aspetti dell'arte in Piemonte, lo sviluppo sociale e politico della capitale subalpina, l'evoluzione e i mutamenti delle strutture architettoniche e urbanistiche, costituiscono gli elementi essenziali per tracciare il percorso della storia di Torino tra la fine del '400 e l'inizio del '500. In tale contesto si colloca il volume «Domenico della Rovere e il Duomo Nuovo di Torino. Rinascimento a Roma e in Piemonte», curato da Giovanni Romano per la Cassa di Risparmio di Torino. Una pubblicazione che s'inserisce in una collana che vanta titoli quali «Bernardino Lanino e il Cinquecento a Vercelli», «Arte di corte a Torino da Carlo Emanuele III a Carlo Felice» di Sandra Pinto, «Figure del Barocco in Piemonte. La corte, la città, i cantieri, le province», «Filippo Juvarra a Torino. Nuovi progetti per la città» di Andreina Griseri e Giovanni Romano. L'analisi intorno al Duomo rappresenta un'occasione per ripercorrere - scrive nella prefazione Enrico Filippi, presidente Crt - la «committenza di Domenico della Rovere, dei signori di Vinovo, cardinale di San Clemente, che affida, nel 1492, a Meo del Caprina da Settignano l'edificazione dell'edificio...». Si deve dire, in effetti, che il libro offre una serie di studi che concorrono a delineare il carattere di una ricerca che pone in evidenza la sequenza dei documenti consultati e il confronto tra il «Duomo di Torino e la figura del suo mecenate con lo scenario piemontese a lui contemporaneo, mettendo a paragone la rinascita umanistica della Roma Sistina con le alternative di una regione così diversa, come era in quel momento il Piemonte». Il volume sottolinea la personalità dell'architetto Meo del Caprina, al quale si deve la «scelta di scavare gli spazi architettonici nel pieno delle murature», il rap¬ porto tra Martino Spanzotti e Defendente Ferrari e la crisi tra «Rinascimento gotico» e «Rinascimento umanistico». Esperienze che si snodano attraverso i testi di Anna Maria Bava e di Giuseppe Carità, di Silvana Pettenati su «La biblioteca di Domenico della Rovere» e di Guido Gentile su «Io maestro Meo di Francescho Fiorentino...», e poi Massimo Ferretti, Giovanni Donato, Ada Quazza e Giovanni Romano. A quasi cinquecento anni dalla posa della prima pietra del Duomo Nuovo di Torino, avvenuta il 22 luglio 1491, alla presenza della duchessa Bianca di Savoia e di 1 figlio Giovanni Carlo Amedeo, questa ui...ariu raccolta di saggi, impaginata su progetto grafico di Giovanni Bertolo e realizzata dalla Editris, stabilisce un diretto contatto con gli studiosi e con chi desidera addentrarsi nella realtà storica della cattedrale sorta in piazza San Giovanni, al posto delle preesistenti chiese di San Salvatore, San Giovanni e Santa Maria de' Dopno. Consacrato il 20 settembre 1505, il Duomo, unico edificio rinascimentale di Torino, è corredato dai battenti in legno delle porte del «maestro minusiere» Carlo Maria Ugliengo, dal polittico dedicato ai santi Crispino e Crispiano di Martino Spanzotti e Defendente Ferrari, della «Sant'Anna» di Antoine de Lonhy. E tra le altre composizioni si annoverano la tomba di Anna di Créquy di scultore francese, l'acquasantiera di Meo del Caprina e compagni eseguita nel periodo 1491-1498, la lastra tombale di Antonio di Romagnano, mentra la sagrestia, in origine, era una cappella, intitolata a San Lazzaro, voluta da Claudio di Seyssel, vescovo di Torino fra il 1517 e il 1520, che nel suo testamento aveva stabilito una cifra di duemila scudi d'oro per ima cappella da costruire «a destra od a manca del coro, si da essere congiun¬ ta al medesimo». L'insieme degli elementi artistici caratterizza un itinerario che comprende le pagine miniate di Francesco Marmitta, con la scena infernale della Messa dei morti, l'epigrafe di Amedeo di Romagnano eseguita da Antonio di Battista Cartone, appartenente ad una famiglia di scultori ticinesi. Si tratta, perciò, di una monografia che restituisce l'immagine del Duomo attraverso i secoli in una direzione in cui emerge la forza evocatrice dell'Angelo musicante e della Madonna col Bambino, due particolari del polittico per la Compagnia dei Calzolai, nel quale lo Spanzotti delinea il volto della Madonna pervaso da un clima di interiore serenità, di rassicurante protezione evidente nella posizione avvolgente delle braccia che sorreggono e uniscono il bambino al corpo della madre. Angelo Mistrangelo