Eltsin, sorte segnata?

Eltsin, sorte segnata? In Urss continuano le grandi manovre dei conservatori che concentrano il tiro sul Presidente russo Eltsin, sorte segnata? Per la destra ostacolo da abbattere MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il parlamento dell'Urss riprende oggi i suoi lavori in un momento decisivo dello scontro politico, tra denunce di una dittatura incombente, appelli dei militari a scendere in piazza contro i radicali, e timori per l'annunciato aumento dei prezzi. L'agenzia «Tass» ha diffuso un ordine del giorno dei lavori del Soviet supremo apparentemente «riformista», in cui figurano progetti di legge sulla privatizzazione delle proprietà statali, la riforma di polizia e servizi segreti, il nuovo codice penale, e la legge sulla libertà di viaggio all'estero. Eppure l'elenco degli atti legislativi che il Parlamento dovrà esaminare non dà certo un quadro esatto dell'acutissimo scontro politico in atto. La destra, forte nel «complesso militare-industriale» e nell'apparato centrale del partito comunista e dello Stato, «sta preparando un massiccio attacco contro i democratici», scrive il giornale progressista «Nezavisimaja Gazeta». Il colpo, secondo il giornale del Soviet di Mosca «Kuranty», verrà sferrato innanzitutto contro «la dirigenza di una repubblica troppo importante e indipendente»: la Federazione Russa, la più grande, popolosa e economicamente potente delle 15 dell'Urss. Ma in realtà le grandi mano- vre della destra sono già iniziate da tempo, con le critiche alla politica estera che hanno fatto uscire di scena Eduard Shevardnadze, il violento intervento dei militari nel Baltico, il bavaglio imposto ai giornalisti più radicali (il vicedirettore delle «Izvestija» Golimbjovskij, la redazione del popolarissimo programma televisivo «Vzgljad», l'emittente «Radio Russia»), le accuse di collusioni con ambienti mafiosi lanciate contro il presidente russo Boris Eltsin, e quelle di malversazioni finanziarie che hanno costretto alle dimissioni il suo vice-primo ministro Ghennadij Filshin. A questo quadro, agitato dai disordini etnici, vanno aggiunti la catastrofica situazione economica, il calo di tutti gli indici di produttività, la chiusura di decine di grandi fabbriche per mancanza di materie prime e semilavorati, la crisi energetica, in un momento in cui, abbandonati i piani di riforma radicale dell'economia, il nuovo premier Valentin Pavlov propone un ritorno alla centralizzazione ed una politica dei prezzi ancora una volta fissata dall'alto per decreto. La perestrojka «è morta a causa di colui che la iniziò», quel Gorbaciov che ora «si orienta verso la dittatura», ha dichiarato Eltsin, agitando lo spettro di un Paese sempre più povero, in cui le probabili rivolte popolari, se represse, potrebbero sfociare in «guerra civile». Eltsin, leader riconosciuto dello schieramento progressista, aveva ancora pochi giorni fa ribadito la sua disponibilità al dialogo con Gorbaciov e con «tutte le forze politiche», ma l'ormai chiarissimo tentativo di estrometterlo dalla vita politica ha dettato le sue ultime, quasi disperate dichiarazioni. Ed in effetti la sua posizione appare disperante. La popolarità di Eltsin è crollata dal 47 al 17 per cento, e l'appoggio una volta sicurio del Parlamento della «sua» repubblica è venuto meno: sotto la spinta dei comunisti i deputati hanno approvato la convocazione straordinaia del Congresso repubblicano, allo scopo di votare la sfiducia nei confronti di Eltsin e del suo primo ministro Ivan Silaev. Il presidente russo, che per mesi ha accarezzato l'idea di una nuova Unione di repubbliche costituita dal basso, scavalcando l'autorità centrale di Gorbaciov, si è visto abbandonato anche da quello che appariva come uno dei suoi più prestigiosi alleati: il presidente della repubblica del Kazakhstan, Nursultan Nazarbaev. Intervenendo una settimana fa nel Parlamento della sua repubblica, Nazarbaev ha clamorosamente voltato faccia ai «ten¬ tativi di creare un centro parallelo» a quello di Gorbaciov, lanciando una nuova proposta: concludere immediatamente un nuovo trattato federale con l'appoggio di otto repubbliche (Federazione russa, Ucraina, Bielorussia, Kazakhstan, Uzbekistan, Kirghizia, Turkmenia e Tagikistan). «Alla fin fine le porte dell'Unione non saranno mai chiuse per chi vorrà unirsi a noi in futuro», ha detto Nazarbaev, alludendo alle recalcitranti repubbliche del Baltico, del Caucaso ed alla Moldavia. Eppure Eltsin non può e non vuole piegarsi all'autorità di un centro che di giorno in giorno si sposta sempre più a destra, ed al referendum del 17 marzo prossimo sulla conservazione dell'Unione, nelle schede elettorali della Russia, ha fatto aggiungere una nuova domanda nell'estremo tentativo di riottenere il perduto mandato popolare: «Volete l'elezione diretta del presidente russo?». Ed è proprio per impedire questo tentativo che l'attacco della destra si è concentrato nelle ultime settimane con particolare violenza su Eltsin e la sua squadra. Ogni progetto di conservazione della vecchia Unione, ormai, appare realizzabile solo ad una condizione: Eltsin deve cadere. Fabio Squillante Un crucciato presidente della Federazione Russa, Boris Eltsin, dietro il presidente dell'Unione Sovietica, Gorbaciov