Filo spinato a pranzo di Mirella Serri

Filo spinato a pranzo Filo spinato a pranzo Guai a mettere allo stesso tavolo Reichlin e Carlo De Benedetti 1 ROMA RA si discute di più. Chiacchiera e polemica, impegno e disunpegno sono tornati ad animare le serate dei salotti romani. Ci voleva la guerra: disertati cinema e ristoranti, annullati gli impegni di viaggio, non restano che la mondanità, le cene tra amici e le discussioni attorno al caminetto. L'argomento è d'obbligo: il conflitto del Golfo e la partecipazione italiana, fatta salva qualche digressione sul pds. «C'è un aumento del privato, si mangia pasta e lenticchie con molto gusto e l'amore aumenta smisuratamente di valore - dice Fabio Mauri, regista di teatro, pittore, docente di estetica, esperto editoriale e quant'altro ancora - ma soprattutto la guerra è una panacea per i nevrotici che si sentono rassicurati, rimuovono i loro problemi sull'altare del disastro collettivo». Le amicizie talvolta vacillano. «Vi nascono schemi ideologici e pregiudizi sostiene il filosofo Giacomo Marramao -. Tra alcuni miei conoscenti, ad esempio, ho visto rispuntare l'antiamericanismo Anni Sessanta e il pacifismo emozionale. Ma anche l'interesse per la politica e l'impegno, che si erano smorzati da alcuni anni, tornano d'attualità». Al fascino indiscreto della Tempesta nel deserto non si sottraggono neppure giovani regine dei salotti come Stella Leonetti di Santoianni, trentaquattrenne e nobile, esponente del bel mondo della Capitale. Non foss'altro perché la guerra è un ottimo ri- medio all'incomunicabilità: «Mi è capitato anche poche sere fa, ad una grande festa di compleanno di un'amica gallerista: persone che non si incontravano da tanto tempo e si volevano sondare reciprocamente, capire le strade percorse e le mete raggiunte, non trovavano nulla di più efficace che interrogarsi l'un l'altro sul versante della "barricata" prescelto, quello dei pacifisti o quello dei bellicisti». Le contrapposizioni attraversano le linee di demarcazione politiche tradizionali: soprattutto nel campo degli ex comunisti e dei dicci. Guai a mettere insieme a tavola Alfredo Reichlin, ministro ombra del pidiesse e il finanziere Carlo De Benedetti, che fino a pochi mesi fa si frequentavano con reciproca stima; ancor più uiimmaginabile, oggi, una cena nella villa sull'Appia Antica del ministro del Bilancio Paolo Cirino Pomicino, interventista, a cui partecipi il suo collega di corrente, l'andreottiano Sbardella, improvvisamente scopertosi pacifista. Neanche il presidente del Consiglio riuscirebbe a metterli d'accordo. Polemiche sulla guerra e polemiche sul pidiesse spesso si intrecciano: è il segno di una passione politica risvegliata dal fragore dei bombardamenti, oppure si tratta d'altro? «Non saprei dice lo storico Lucio Villari - è certo però che il recente Congresso del pci-pds sembra essere stato colpito da un missile. Anche la sua fine è stata bellicosa e anomala. Da notare che non si è quasi riusciti a parlar d'altro che dì guerra. Il clima di incertezza che pervade un po' tutto ha investito anche l'assise "comunista" e questo non mi sembra però un dato negativo». La violenza della guerra si trasferisce, sostengono in molti, nella violenza verbale delle discussioni intorno alla guerra. «Domande aggressive e risposte aggressive. Questo è l'atteggiamento che mi pare prevalente, e non solo nell'ambito sindacale»: Ottaviano Del Turco, segretario generale aggiunto della maggiore confederazione sindacale, la Cgil, sostiene di non essere un nottambulo mondano («vado a letto presto per svegliarmi all'alba. Gli amici li vedo a pranzo»). Certo è che non frequenta solo i colleglli di corso d'Italia, ma anche amici pittori come Mario Cerali e Piero Guccione. Dagli artisti sostiene di trarre le osservazioni più inquietanti: «Sono gli unici a riflettere approfonditamente sulla vita e sulla morte». Il conflitto del Golfo ha acceso nei salotti le discussioni, ma, talvolta, anche le contrattazioni. Dice ad esempio Lucia Torossi della galleria «Arco Farnese» di via Giulia: «In queste settimane le gallerie sono meno frequentate, ma molta gente pensa che sia il momento buono per comprare, perché teme che la guerra porterà inflazione e vuole mettere al riparo i risparmi». Mirella Serri

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