LA SFIDA delle buone maniere

LA SFIDA delle buone maniere L'Inghilterra riscopre il «Debrett's» del garbo, l'Italia critica l'inciviltà di certi politici. Con sorprese¬ LA SFIDA delle buone maniere v TINA trentina di anni fa ; i partecipavo all'Internaj j tional Seminar di HarI vard, astuta iniziativa del si I professor Henry Kissinger. Erano stati invitati due polacchi: gesto insolito, in piena guerra fredda. Accademici autorevoli, iscritti al partito comunista oltre che cattolici praticanti, colpirono gli ospiti soprattutto perché facevano il baciamano, pratica insolita in una società priva di matrici aristocratiche. Quando Eleanor Roosevelt, vedova del Presidente, venne a tenere una conferenza e fu oggetto di un simile omaggio, restò insieme sbalordita e conquistata. Un trionfo delle buone maniere. All'opposto, penso a una scena del film tratto da un libro di successo nello stesso periodo, I qua- ; derni del maggiore Thompson. L'ufficiale inglese, da tempo in Francia e marito di una francese, ha preso l'abitudine di stringere la mano. Tornato in Inghilterra, partecipa a una caccia alla volpe e tende la mano a un'anziana nobildonna, la quale, perplessa e disgustata, dopo un attimo fa cadere nella palma del maggiore uno scellino. Che dice, in proposito, il Debrett's, il classico manuale Etiquette & Modem Manners, che appare ora in nuova edizione a cura di Elsie Burch Donald, editore Webb e Bower e distribuzione della Penguin? Prevede la stretta di mano in poche occasioni, per lo più incontri d'affari. In compenso, è largo di particolari riguardo agli inchini di fronte a membri della famiglia reale o a persone d'alto lignaggio. Curiosa storia, quella del Debrett's. Il suo primo curatore, John Debrett, morto nel 1822, era un editore e compilatore di annuari, e il suo testo sulle buone maniere assunse in breve una considerevole autorità, con ricadute non solo nella vita sociale, ma in letteratura, da Dickens a Wodehouse, l'inventore del maggiordomo Jeeves, laddove Wilde lo rovesciò come un guanto nella satira di un mondo visto come accolta di pomposi imbecilli. Oggi, dire Debrett's significa poco in Inghilterra, se si eccettuano strati sociali ben precisi, cui si indirizza, anche tenendo conto del prezzo, 15 sterline (circa 32 mila lire). Meglio rivolgersi alle rubriche dei rotocalchi, come fanno gli yuppies italiani. Il problema, però, riguarda in sé la praticabilità delle buone maniere, la loro persistenza o il loro anacronismo, non soltanto in Inghilterra, dove il marchio vitto- riano e edoardiano ha perduto molto del suo smalto, a cominciare dal modo di esprimersi. Prendiamo a questo proposito un caso proverbiale. Samuel Johnson, detto dottor Johnson, l'arbitro della cultura inglese del '700, si trovava in carrozza con una signora che non gradiva la testimonianza olfattiva delle scarse abluzioni del compagno di viaggio. «Signore - disse la dama - lei sa odore». «No, signora», precisò con gelida e cortese precisazione filologica il dottor Johnson, «non so odore, io puzzo». Cortese modo di mostrarsi offensivo, solo che si pensi al successivo divieto vittoriano, addirittura, di ricorrere al verbo «sudare», sostituito da «traspirare». I o buone maniere tanto più risaltano quanto drammatica è la situazione. Nella sua Ode a Crowell, il poeta seicentesco Andrew Marvell parla della decapitazione del re Carlo I, il quale, attorniato da «volgari bande armate», con «grazia» appoggiò la testa sul ceppo, «come su un letto». Il pudore vittoriano non fece che sanzionare codici ben più antichi, aggiungendovi una buona dose di compunta repressione. Una fase estrema è rappresentata dallo stile «U» e da quello «Non U», ossia il buon gusto contro il cattivo gusto, il raffinato ninnolo cinese in salotto o la bambolina sul lunotto dell'auto. Il gentiluomo «U», in compagnia di una signora, resiste a stimoli lancinanti ma non si assenta mai per andare alla toilette, neppure fingendo una telefonata. Le buone maniere si intingono talvolta di un tocco d'ipocrisia. Il Debrett's si pone il problema di come congedarsi al telefono da un interlocutore troppo facondo. Ecco le varie possibilità: «Non voglio trattenerla a lungo: so che lei è indaffaratissimo»; «Mi ha fatto molto piacere sentirti; allora, ci vediamo venerdì»; «Vorrei continuare, ma devo correre dal dentista»; ((Ahimé, devo lasciarti, perché stanno suonando al campanello». Analogamente per il tipo di messaggio da lasciare nella segreteria telefonica, sobrio e contenuto. Nessuno spazio a una pur creativa stravaganza. Un problema che ci riguarda tutti, specie noi latini, riguarda la precedenza entrando o uscen¬ do da una porta. Prima lei; no, prego, prima lei. Nel verdiano Falstaff esiste una soluzione decisiva: «Ebben, passiamo insieme». Il Debrett's suggerisce il consueto atteggiamento nei confronti di una persona anziana o di una donna, ma senza provocare confusioni, e raccomanda di evitare che per eccesso di zelo una porta mobile finisca per sbattere addosso alla persona che si desiderava di favorire. Credo che, sul piano delle buone maniere, si possa lecitamente parlare della civiltà della coda, alla quale noi italiani ci dimostriamo spesso estranei. Sbagliando anche sul piano pratico, perché facendo coda si guadagna tempo senza azzuffarsi. La coda è assolutamente in decadenza in Inghilterra: parlo della ben nota queue - termine stranamente francese - e non della più banale americana line. Per incredibile che possa sembrare, mi capitò a Londra in Regent Street, mentre ammiravo delle pipe in una vetrina, tenendo un piede sui gradini del negozio, di sentirmi chiedere da un signore: «E' in coda?». Si trattava di un relitto vit¬ toriano, ma comunque la vicenda accadeva molti anni fa. Dicevo che le cose cambiano. Provate a chiedere a un inglese medio se conosce il Debrett's. Vi risponderà in genere di no, o che ne ha sentito appena parlare. Il manuale circola in ambienti piuttosto ristretti, e le buone maniere si imparano in famiglia o a scuola. Circolano naturalmente, come il fair play nello sport, quando c'è. Difatti, gli hooligans sono un'istituzione inglese, nata anche terminologicamente tra periodo vittoriano e edoardiano, e rappresentavano, almeno all'origine, una forma di ribellione, di trasgressione rancorosa, non senza ima motivazione classista. Ho l'impressione che da noi si verifichi il contrario, e che la sfida delle buone maniere possegga un significato, a sua volta, trasgressivo, più diffuso di ciò che si pensa. L'inchiesta dell'Espresso sulla «razza cafona», vale a dire sull'arrogante inciviltà di molta classe politica, conosce più eccezioni di quanto si creda, e va scorta decisamente sotto il profilo politico più che individuale e comportamentale. Le aree cre¬ scenti d'uso di buone maniere meritano una considerazione sotto questo profilo, e sollecitano attenzione e riconoscimento anziché facile derisione. I candidi, i disinteressati, praticano le buone maniere fino al rischio della parodia. Tralasciando l'abusato esempio dell'americano Stanley che, trovando il grande esploratore Livingstone e salvandolo tenta di fare l'inglese: «Il signor Livingstone, presumo?», penserei piuttosto al puro, onesto signor Pickwick di Dickens che, ingiustamente incarcerato, sta in una cella con un falsario. «Mi occupo di carta», spiega il falsario. E Pickwick: «Cartolaio, immagino, signore?». L'apoteosi delle buone maniere e dì un candore che Dostojevski avvicinava a Cristo e a Don Chisciotte. Si comprende allora che le buone maniere non si identificano necessariamente con l'etichetta, come sembra voler dimostrare il Debrett's, e forse neppure con il costume, ma con un modo di essere, di fissare i rapporti umani e sociali, con una disponibilità mentale e insieme culturale. La coscienza corporativa ignora le buone maniere, la cui presenza finisce addirittura per suscitare più stupore che riconoscenza. Che so, il fermarsi alle strisce per consentire a un pedone di attraversare, il rifiuto di «fare i furbi», che sostanzia spesso in Italia una norma generalizzata. In un simile contesto, può far sorridere la casistica di Debrett's a proposito delle procedure con cui richiamare l'attenzione di un cameriere in un ristorante o al bar: prima con una serie di ammiccamenti, poi con un eventuale gesto improntato a sobrietà, mai alzando la voce o producendo rumori di oggetti sbattuti. Sembra, dicevo. Ma chi, come me, abbia visto uno dei più noti attori italiani, dei più compresi di sé, insultare senza ragione e con estrema villania un barista, si sente indotto a non trascurare indicazioni del genere, e a porre l'ottica delle buone maniere sul piano - perché no? - culturale, oltre che civile. Esiste, però, il rovescio della medaglia, quando le buone maniere diventano l'emblema di una categoria, di una classe sociale, di una consorteria, e il praticarle corrisponde a una vera e propria complicità. In altre parole, le buone maniere possono, per strano che sembri, diventare fonte di discriminazione. Una simile insidia si annida certamente nella tradizione britannica che il Debrett's incarna. Le buone maniere riservate a pochi, i quali grazie a esse si riconoscono, anche sul piano del linguaggio, escludendo i corpi estranei. Significativamente, a proposito della precedenza dinanzi a una porta, e più specificamente del cedere il posto su un mezzo di trasporto, il Debrett's avverte che non si vede perché un «lavoratore» debba cedere il posto a una «lavoratrice». Qui il classismo britannico viene colto in fallo, come quando si deplora che spesso i turisti stranieri costituiscano un elemento di disturbo in quanto non rispettano la coda. Se una classe politica è anche «razza cafona», andiamo oltre il problema delle buone maniere. Un mese fa un rispettabile, si fa per dire, esponente conservatore inglese ha attaccato un avversario di colore chiamandolo «sporco negro». Gli sono arrivate lettere di deplorazione, ma anche di consenso: bravo, era ora. Si comprende anche troppo bene che, da questo punto di vista cruciale, le buone maniere servono solo quando fanno comodo. Claudio Gorlier la «razza cafona» nel nostro Paese ha più eccezioni di quanto si creda Cresce la cortesia non più derisa. Anzi, diventa una trasgressione Le leggi vittoriane, l'utilità della coda. Dal classismo alla nuova cultura ^ ^ fi | | J Londra. Un fiore per Lady Diana. In Inghilterra è uscita una nuova edizione del «Debrett's», celebre manuale delle buone maniere. Insegna inchini e baciamano, ma anche come congedarsi al telefono da un interlocutore troppo facondo