L'incendio di Saddam brucia contro l'Islam

L'incendio di Saddam brucia contro l'Islam r I RISCHI DEL FANATISMO L'incendio di Saddam brucia contro l'Islam MENTRE le bombe occidentali distruggono immobili e materiale bellico - roba che i petrodollari possono riacquistare - Saddam Hussein ed il suo amico Muhammar Gheddafi vincono la battaglia per il mondo islamico. Pare infatti che dopo la guerra, la vasta zona tra Dakar e Giakarta diventerà un'area sempre meno accogliente per l'Occidente, e sempre più caratterizzata da miseria economica e morale. Si tratta di una battaglia che dura da anni, ed è imperniata su due mezzi: la strumentalizzazione della religione e l'abile distribuzione di denaro e armi. Saddam e Gheddafi tentano di coinvolgere i regimi islamici nel proprio gioco. Alcuni governi installatisi dopo l'indipendenza si sono rivelati truffe crudeli: tasse, petrodollari, aiuti occidentali, hanno nutrito oscene burocrazie e corse agli armamenti. Popoli ai quali manca da mangiare hanno carri armati in abbondanza e capi che vivono sontuosamente. Peggio ancora, questi capi hanno messo l'Islam al servizio delle proprie strategie di potere. Invece di fare libera concorrenza all'Occidente in campo economico, tecnico e sociale, questi governi hanno dato da intendere alle masse che la loro miseria è colpa degli ebrei, che di fronte all'Occidente basta rinchiudersi in certe usanze e gridare «infedeli»; che gli arabi adempiono il loro dovere religioso sostenendo guerre e guerriglie ami-israeliane. Di conseguenza la politica del mondo islamico si è radicalizzata. All'interno di ciascun Paese come in campo internazionale - poche le eccezioni -, il potere è finito nelle mani di coloro che meglio sanno maneggiare le suggestioni pseudoreligiose ed armare gli amici nel campo altrui. La guerra del Golfo ha fatto il gioco di Gheddafi e Saddam. Gheddafi, che aveva già finanziato il golpe islamico-militare in Sudan, ha ora una intensa influenza in Ciad, Niger, Mali, ^Buriana Faso, Mauritania. Nell'Africa occidentale la guerra del Golfo ha avuto effetti prevedibili: anche il presidente senegalese Abdou Diouf, che pur deve molto alla Francia, ha cercato di schierarsi con Saddam. Ma anche nei Paesi dove gli uomini di Gheddafi sono pochi, il sentimento delle masse concede così tanto potere a chi lo sa sfruttare, che anche i re del Marocco e della Giordania si affannano per dimostrarsi come parte integrante del nuovo mondo islamico definito da Saddam e Gheddafi. Intendiamoci, la fede islamica delle radio di Tripoli e Baghdad non ha niente a che fare con lo spiritualismo del Corano. E' invece un credo politico-razzista spacciato da un fanatico come il colonnello libico, e da un Saddam che fino a qualche mese fa si dichiava addirittura ateo. Ma non importa: a tal punto le povere masse diseredate sono disponibili ad accogliere qualsiasi messaggio di rivoluzione. Contro tutto ciò la verità non può nulla. Quando queste folle ascoltano Saddam che si vanta d'aver «gasato gli ebrei», e rispondono «Dio è grande», chi spiega loro che anche Hitler -diceva le stesse cose? Quando re Hussein, pauroso, dice: «Saddam ci difende tutti», chi osa chiedere: «Da chi?». I mezzi diplomatici che ha profilato il segretario di Stato James Baker - cioè un trattato regionale, aiuti economici, la promessa di bloccare le vendite di armamenti -sarebbero dighe di paglia in un torrente. Che fare? Non è la prima volta che il mondo islamico è sconvolto da profeti falsi e bene armati. Basta ricordare il Mahdi sudanese di un secolo fa. Non si possono cancellare dalla memoria dei popoli le immagini violente, gli odi insensati. Ancor meno possibile è rimpastare il corpus islamico a modo nostro. Siamo costretti a combattere questo fenomeno soltanto sul piano multare. Angelo Godevi Ila (della Stanford University) sity) j