Shamir chiede garanzie

Shamir chiede garanzie Shamir chiede garanzie 7/ ministro Arens inviato da Bush GERUSALEMME DAL NOSTRO INVIATO Il ministro della Difesa, Moshe Arens, è da ieri sera a Washington per cercare di capire quali sono le reali intenzioni degli Usa nella guerra del Golfo, e per concordare di conseguenza l'atteggiamento di Gerusalemme. Un viaggio-lampo, deciso innanzitutto per ottenere precise assicurazioni. Dal giorno della dichiarazione congiunta sovieticoamericana il governo israeliano paventa un compromesso che permetta a Saddam di sopravvivere e all'Urss di imporre un negoziato con l'Olp sui Territori occupati. Mosca sta esercitando con successo una forte pressione su Washington, scrive preoccupato il quotidiano Ma'ariv, citando a conferma «la vaghezza dei propositi americani e la disponibilità ad accettare la semplice promessa di un ritiro iracheno del Kuwait». Anche per questo Gerusalemme guarda con inquietudine al viaggio a Baghdad dell'inviato di Gorbaciov e attende con crescente impazienza l'inizio dell'offensiva terrestre contro le forze irachene. Il premier Shamir si aspetta dalla guerra due risultati: la completa distruzione dell'arsenale iracheno e la liquidazione di Saddam e del suo regime (richiesta espressamente dal primo ministro israeliano). Ma poiché Shamir non è affatto certo che questi obiettivi siano condivisi dagli americani, a Washington Arens cercherebbe di ottenere l'avallo ad un attacco israeliano, in base alle considerazioni espresse ieri dall'editorialista del Jerusalem Post: «Israele può aiutare a eliminare la minaccia degli Scud e a porre fine alla guerra. C'è da sperare che Arens raggiunga la coordinazione con gli americani necessaria a questo scopo». Se Arens fallisse, il vertice israeliano tornerebbe ad esaminare la possibilità di un attacco notificato preventivamente agli Usa, ma non concordato. Così il viaggio di Arens sarà un test per verificare la tenuta dei rapporti Usa-Israele, ora molto più tesi di quanto non risulti dalle dichiarazioni di Shamir e Arens. Ad acutizzare la diffidenza reciproca ha concorso da ultimo la censura espressa dal Dipartimento di Stato per i bombardamenti israeliani di basi e villaggi palestinesi nel Sud Libano. Ancora l'editorialista del Je¬ rusalem Post, considerato «la voce ventriloqua di Shamir» da diplomatici occidentali, ne ricava motivi per sospettare dell'atteggiamento americano. Queste tensioni si riflettono anche nel governo, dove il più filo-americano, il ministro degli Esteri David Levy, è in difficolta. Leyy partirà a giorni per Washington, ma Shamir l'ha scavalcato, facendolo precedere dal fido Arens. E ieri, nel corso della seduta del governo, il ministro degli Esteri è stato attaccato con durezza dai ministri dell'estrema destra, che gli hanno intimato di non concordare alcuna iniziativa negoziale con gli americani. Poiché Levy ha reagito, ne è nato uno scontro furioso. Shamir ne ha approfittato per menare un altro colpo al suo rivale, che vuole insidargli la poltrona di primo ministro: Levy, ha detto il premier, non ha altro mandato che quello di discutere. Da Washington Arens, e poi Levy, cercheranno anche di ottenere aiuti per 3,2 miliardi di dollari, somma nella quale Israele quantifica il danno economico che subirà dalla guerra (l'ultimo Scud, sfuggito sabato alle batterie anti-missile, cadendo alla periferia di Tel Aviv ha distrutto sei villette, tra le quali un'ambasciata e la casa del vicesindaco, e danneggiato 500 appartamenti). Altri 10 miliardi di dollari il governo Shamir li ha chiesti per finanziamenti quinquennali, ma la prima risposta deU'amministrazione americana non è stata incoraggiante. E pochi giorni fa la stampa israeliana aveva accu¬ sato gli Usa di frapporre ostacoli perfino su una garanzia necessaria a Gerusalemme per ottenere un prestito di 400 milioni di dollari. Ma Washington vuole garantirsi una carta per indurre Israele ad attenersi alle raccomandazioni americane. Guido Rampotdi