Prima crepa nel fronte anti-Iraq

Prima crepa nel fronte anti-Iraq Prima crepa nel fronte anti-Iraq L'Oman favorevole al piano di pace di Teheran GOLFO PERSICO DAL NOSTRO INVIATO La clamorosa iniziativa iraniana di mediare fra Usa ed Iraq nel tentativo di porre fine al conflitto del Golfo prima dell'inizio dell'offensiva terrestre in Kuwait ha già sortito un effetto imprevisto in seno allo schieramento interarabo coinvolto direttamente nella guerra. Si sta infatti incrinando la compattezza fin qui dimostrata dagb Stati del petrolio, in passato solidali a fianco del fronte anti-iracheno ed adesso spinti verso posizioni più pacifiste su una linea indirizzata alla rapida cessazione delle ostilità nel timore che il prolungamento delle operazioni belliche possa sovvertire gli equilibri politici della regione. Ad aprire a sorpresa la piccola crepa è stato il sultanato dell'Oman, l'unico della coalizione il cui territorio si affaccia sull'Oceano Indiano, con l'offerta di massima apertura alla mossa diplomatica di Teheran. Per ora si tratta di una disponibilità di principio giustificata dalla volontà di risparmiare ulteriori morti e distruzioni ma comunque significativa in quanto Muscat gode di enorme prestigio in seno al Consiglio del Golfo, l'unione che lega Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Qatar e Bahrain. Un esempio insomma contagioso, che potrebbe avere sviluppi imprevisti. Certo, alcuni episodi inquietanti hanno spinto il sultano Qaboos a mettere le mani avanti visto che durante le ultime settimane a Muscat la tradizionale quiete pubblica del sultanato era stata sconvolta da fatti inusuali. Prima l'attentato all'auto di un diplomatico inglese, poi diverse aggressioni a cittadini stranieri, infine il campanello d'allarme del sondaggio effettuato nella provincia meridionale del Dhofar, vicino al confi¬ ne con lo Yemen: il 90% degli interrogati si era dichiarato contrario alla guerra senza tuttavia condividere l'appello alla «Jihad» lanciato da Saddam. Degli incidenti non si era saputo nulla finché l'ambasciata britannica ne ha dato notizia in una lettera ai connazionali con l'invito a segnalarli se si fossero ripetuti. Fonti diplomatiche hanno tuttavia precisato' che l'Oman ha chiesto a Usa e Gran Bretagna di ridurre l'impiego delle basi aeree ospitate nel territorio quale trampolino di lancio delle incursioni verso l'Iraq ed il Kuwait. Nessuna conferma ufficiale invece è giunta riguardo l'eventuale stop delle prove di sbarco eseguite da reparti di malines lungo tratti della costa omanita. Da Muscat partiva mtanto come emissario di pace il ministro degli Esteri Yousuf Bin Alawi per sondale gli umori a Riad, Doha, Manama ed Abu Dhabi. La missione esplorativa ha riproposto il piano del «linkage»: ossia collegamento, anche se a posteriori, della fine del conflitto con l'impegno occidentale di intavolare trattative globali tese alla soluzione della crisi mediorientale. Ieri Radio Muscat ha annunciato che Alawi aveva ricevuto un messaggio del suo collega iraniano Ali Akbar Velayati che illustrava l'offerta del presidente Rafsanjani, mentre la tv di Stato ha dato risalto alla missiva inviata a Qaboos dal premier pachistano Nawaz Sharif, autore di un progetto per il ritiro delle truppe irachene dal Kuwait quale condizione preliminare per l'avvio di negoziati con Baghdad. In ogni caso non si prevedono mutamenti nell'apporto omanita al controllo dello Stretto di Hormuz, la via d'accesso al Golfo di vitale importanza per le flotte alleate. Piero de Garzarolli

Persone citate: Ali Akbar Velayati, Doha, Jihad, Nawaz Sharif, Piero De Garzarolli, Qaboos, Rafsanjani, Riad, Yousuf Bin