GALLERIE WEBER

GALLERIE WEBER GALLERIE WEBER Icone di luce di Wolf Lo specchio di Caropreso A Alberto Weber sono di scena due artisti milanesi: Silvio Wolf e Manlio Caropreso. Con Silvio Wolf (1952), di cui si ricorda la presenza all'ultima i Documenta di Kassel, ci troviamo di fronte ad un artista che ! ha sempre lavorato con la foto| grafia. La luce, principio primo | del processo fotografico, è da ! lui ricercata come soggetto-og| getto concreto dell'opera, capace di generare immagini e di essere essa stessa immagine. Come? Nelle cinque opere tridimensionali presenti in mostra (ingrandimenti fotografici montati su pannello), intitolate «Icone di Luce», questo processo è chiaro: nella prima sala a due fotografie di quadri secenteschi, posti uno di fronte all'altro, Wolf ha sparato sopra un fascio di luce che rende scura e illeggibile l'immagine. Protagonista del quadro diventa quindi la luce stessa. E non si può non pensare ad un collegamento storico con il Seicento, il secolo che con Caravaggio scopre le potenzialità delle fonti luminose. Nella sala interna assistiamo al processo inverso. Qui le opere presentano un soggetto drammatico: due asiatici che, in atto di protesta, si danno fuoco. Le fotografie li colgono nel momento in cui il corpo è avvolto dalle fiamme. Il fuoco, in questo caso, è luce che brucia il corpo-immagine, ma an- che fonte di luce che crea l'immagine fotografica. Fonte d'ispirazione e soggetto primario del lavoro di Wolf è l'affascinante ricerca di materializzare la luce. «Gli oggetti realizzati - scrive l'artista - sono materializzazioni di luce, corpi spaziali sui quali la percezione oscilla continuamente tra superfici bidimensionali e corpi tridimensionali». Manlio Caropreso è il secondo artista. Nato a Napoli (1958), ma da anni residente a Milano, la sua ricerca è rivolta alla scul- tura come mezzo di sintesi e di colloquio con l'ambiente. Assai suggestivo è il lavoro presentato qui a Torino intitolato «Enciclema». Il termine si riferisce a delle macchine scenografiche di legno usate nel teatro antico per far vedere agli spettatori quanto avveniva all'interno di una casa. Si tratta di un'opera complessa: una struttura di legno posata sul pavimento e collegata, mediante corde, ad una tela nera rettangolare, appesa al soffitto, sopra la quale è applicata una lastra di alluminio. E proprio questo «specchio» opaco di alluminio, con il suo giocare e moltiplicare le pareti in una visione sfuocata e onirica, è l'elemento suggestivo e coinvolgente della mostra. Ciò che si apprezza in questo lavoro è che se da un lato la «macchina» appare complicata e per questo poco comunicativa, dall'altro si assiste ad una sorta di «lievitazione» della scultura stessa per ribaltamenti di piani dal pavimento al soffitto. Lo specchio d'alluminio, con i suoi riflessi, stravolge l'ambiente reale creando uno spazio virtuale dove la scultura trova la sua dimensione. [c. pe.J Silvio Wolf Manlio Caropreso Gallerie Alberto Weber e Carlomaria Weber Via San Francesco da Paola 4 orario 16-19,30; chiuso festivi fino al 24 febbraio

Luoghi citati: Milano, Napoli, Torino