DE CRESCENZO: LA MIA GUERRA VI RIPORTERÀ IN LIBRERIA

DE CRESCENZO: LA MIA GUERRA VI RIPORTERA' IN LIBRERIA DE CRESCENZO: LA MIA GUERRA VI RIPORTERA' IN LIBRERIA MALE, grazie» rispondono mesti i librai alla domanda: «Come va?». «Tempesta nel deserto» potrà forse diventare domani un bestseller miliardario, ma per ora sono le librerie ad esser disertate. Dall'inizio della guerra le vendite sono calate del 25% rispetto all'anno scorso, stima la Adhoc: fino al 15 gennaio tutto è andato decisamente bone, si fatturava un 15% in più. Poi, ['«effetto Golfo»: il crollo. A Roma, Remo Croce, presidente dell'Asssociazione Librai italiani, conferma: «Una perdita secca del 30%. Non è un dato solo italiano: si ripete in tutta Europa. Altri settori, dai ristoranti al turismo agli elettrodomestici, stanno peggio di noi». A Torino, Angelo Pezzana, vicepresidente del Salone del Libro, dietro il bancone della sua Luxemburg, dice scon¬ solato: «Siamo qui a guardarci in faccia: non entra nessuno». A riequilibrare i conti non bastano i titoli sulla guerra e sull'Islam. Si vende bene la biografia di Saddam Hussein delle Edizioni Associate. Sta per arrivare il dossier sulla Guerra del Golfo di Salinger e Laurent, 100 mila copie in Francia, tradotto da Mursia. Si va esaurendo il Corano nei tascabili Bur, Oscar e Sansoni (un fenomeno già verificatosi dopo lo «scandalo» dei Versetti satanici di Rushdie), si ritiran fuori le profezie di Nostradamus: ma sono briciole. Adesso, i meno pessimisti intravedono qualche flebile alito di ripresa, nessuno però si fa illusioni. A pagare il prezzo sono soprattutto le grandi librerie nei centri metropolitani, quelle che più vivono di novità e dei clienti di passaggio. «Una botta dura», commenta Aldo Allegri, direttore delle 7 librerie Rizzoli. «Un gran vuoto», conferma il responsabile dei 18 negozi Mondadori per voi, Valerio Avallone. «Noi perdiamo in media il 7% », dice Roberto Montroni, manager dei 21 punti di vendita Feltrinelli. Tutti concordano sulle cause: «Mai vista così poca gente in giro, tutti a seguire la guerra in diretta, alla tv e sulle pagine dei giornali: chi trova più il tempo e la voglia per leggere altro?». In libreria continuano ad andarci i lettori «di catalogo», ma è sparito chi varcava la soglia attratto dal lancio dell'ultimo bestseller, dalla promessa del nuovo «caso» letterario. Proprio la narrativa è il genere più penalizzato. I titoli annunciati per la «rentrée» '91 tardano ad uscire. Una scelta più che comprensibile, «una mossa fisiologica, inevitabile», dicono i librai: «Manca proprio la domanda, non c'è il clima adatto». L'attenzione è rivolta altrove: «Oggi tutti hanno in mente il capitano Gocciolone e la soldatessa Melissa: chi bade¬ rebbe mai al nome di un narratore esordiente?». Nemmeno si pensa che basterebbe da solo un cavallo di razza delle classifiche a richiamare il pubblico. Ufficialmente gli editori smentiscono rinvìi per timore di «flop», ricordano che gennaio e febbraio sono mesi «di transizione, parchi di novità», ammettono solo alcuni «ritardi tecnici». «Sono giorni duri, ma passeranno... Meglio darsi da fare. Cerchiamo di fare qualcosa anche noi, con ottimismo, con coraggio», ha scritto lunedì scorso sul Corriere della Sera il sociologo Francesco Alberoni, esortando i lettori a un «ritorno alla normalità». Ma Garzanti aspetterà marzo per varare il suo nuovo saggio, Gli invidiosi, già previsto per metà febbraio. Mondadori farà slittare da fine febbraio al 12 marzo Elena Elena amore mio, la guerra di Troia raccontata da Luciano De Crescenzo. A letto con l'influenza, lo scrittore attende le bozze e intanto già prepara una Storia della mitologia in videocassette: «La guerra fa venire la voglia del dramma, il dopoguerra riporta la voglia del vivere. Per come sono io, dovrei aspettare. C'è in giro un gran senso di colpa. Non credo ci sia alcuna giustificata paura, a parte le 1500 famiglie che hanno i loro ragazzi nel Golfo. No, è il subconscio che rimorde: io sto qui a farmi i fatti i miei e là c'è gente che muore. Forse non ho il diritto di andare in giro a divertirmi... Però nel mio libro ci sono anche diversi possibili accostamenti con quanto succede oggi. Teatro di guerra è pur sempre il Medio Oriente, e lo scontro, a Troia come in Kuwait, ha origine da una rapina. Allora non c'erano i gas ma già si temevano le armi "improprie": Diomede accusava i Troiani di usare le frecce per sfuggire al corpo al corpo sui campi di battaglia». Quella di De Crescenzo sarà una storia «rico¬ struita con rigore sulle fonti, da Omero a Apollodoro, attraverso i diari di guerra di Ditti Cretese e Darete il Frigio» e poi «romanzata al 5%», vista con gli occhi di un ragazzo che si innamora di Elena, bella quanto ambigua, si accompagna a Tersite lo storpio, un pacifista ante litteram, e incontra un Patroclo mariuolo e un Achille camorrista. «Quasi quasi, prima esco, meglio è, tanto è attuale il libro...», scherza De Crescenzo. Nell'attesa, per chi vuole approfondire passato e presente del Medio Oriente, stanno arrivando in libreria la Mesopotamia di Bottcì (Einaudi) e II linguaggio politico dell'Islam di Bernard Lewis (Laterza). Altri titoli si trovano nel catalogo di piccole case editrici come la Ecig di Genova [Gli sciismi nell'Islam di Henri Laust) o il Vecchio Faggio di Chieti (I curdi nella storia di Mirella Galletti). La guerra non vista in tv richiama immagi¬ ni, ricordi, dolori di altri conflitti: L'officina della guerra di Antonio Gibelli (Bollati Boringhieri) rimedita «l'inutile massacro» del 1915- 18 e i suoi riflessi traumatici nelle testimonianze di medici e psichiatri; Tempo di guerra di Paul Fussel (Mondadori) racconta la vita quotidiana sotto le bombe tra il '43 e il '45. Sul fronte pacifista, Theoria annuncia le Opinioni di un eretico di Gunther Anders, l'allievo di Heidegger, marito di Hannah Arendt. Negli Anni 60 aveva pubblicato La coscienza al bando, il carteggio con il pilota di Hiroshima, prefazione di Bertrand Russell. Si assunse il ruolo «disperato» di «banditore antiatomico e creatore di panico». Ha scritto: «Il compito morale più importante consiste oggi nello spiegare alla gente che deve aver paura e che deve proclamare apertamente la propria legittima paura». Luciano Gerita