Tra politici e paillettes

Tra politici e paillettes Tra politici e paillettes Come è cambiata la satira in tv All'undicesimo congresso del partito comunista sovietico, Vladimir Jilianovich Lenin affermò: «Non è serio in politica contare sulle convinzioni, la devozione e le belle qualità dell'anima». La storia, negli ultimi duemila anni, ha prodotto poche novità: una è la tv. Chi sa se Lenin avrebbe considerato serio in politica contare sulla televisione? L'opposto è assodato: in tv è serio contare sui politici. Soprattutto su quel sublime atto di governo capillare che chiamiamo «raccomandazione» o «calcio nel sedere». Pare che agisca anche su altri aspetti della società: se la tv ne è lo specchio, lamentarsi del fatto che un presentatore è spinto dagli onorevoli pare una cosa da poeti idealisti. Un Altissimo Mandarino Rai spiegava: «I politici intelligenti raccomandano personaggi intelligenti: perché dovrei dire no?». E i politici cretini, se esistono? Chissà se è a causa loro che in tv il genio non si spreca. Chi vincerà il Festival di Sanremo? C'è perfino chi insinua che la vera gara si svolga a Roma. delle voci di Andreotti, De Mita, Pannella e Occhetto. A «Crème Caramel», che fino all'anno scorso si chiamava «Biberon» e ora ha cambiato nome forse perché in politica lo si fa, sfilano i sosia (non tanto sosia) degli stessi personaggi, meno Pannella, più Craxi (identico) e De Michelis. In platea i politici si sganasciano dalle risate quando il simil-De Mita dice «bobolo» per «popolo», come se non lo avessero mai sentito dire da quello vero. Hanno un senso dell'umorismo più aperto, o magari vogliono dire al pubblico: siamo gente di spirito. Non basterebbe un comunicato? Quando le Kessler non lavoravano in tv perché una di loro dormiva a Capri assieme a Umberto Orsini senza averlo sposato, Alighiero Noschese non lavorava neanche lui perché in teatro aveva imitato Fanfani troppo pesantemente. Oggi forse lo supplicherebbero di una caricatura: si chiama pluralismo, o pubblicità che, come tutti sanno, è l'anima del consenso. Stefano Pettinati Forse i politici apprezzano la televisione meno di Berlusconi; sicuramente se ne interessano da più tempo: nel '54 Berlusconi aveva diciott'anni e pensava a studiare; i politici pensavano alla tv e mettevano in chiaro due cose: il monopolio di Stato e il controllo del Governo. Curzio Malaparte (in trasmissione diretta) definì l'Italia «Sporco Paese di preti in cui non si può divorziare»: si decise che doveva nascere la Censura e la Censura allargò i suoi domini interessandosi soprattutto al sesso. Finì per occuparsi anche di calcio e astronauti: cambiò gli accenti al Benfìca e a Yuri Gagàrin perché certi nomi rispettabili hanno la maledizione di ricordarne altri che a scuola non si dicono. Bénfica e Gagarìn parvero più quieti: per la Censura il ridicolo non è mai stato un problema. Oggi la Censura si chiama Distorsione della notizia, che nei Tg non striscia ma cambia pelle a seconda dei canali. I politici, oltre a governarla, si fanno anche ospitare dalla tv, sempre più spesso: «Crème Caramel» fa intravvedere le natiche delle ballerine, molto carine, e mostra pure Giulio Andreotti ospite, che ha meno rotondità ma è più incisivo delle girls e perfino più popolare. Il primo onorevole a metter piede in televisione (davanti al pubblico) fu Mario Sceiba: era 1*11 ottobre del 1960, il programma si chiamava «Tribuna elettorale». Incominciò: «Vi confesso che avevo qualche perplessità a prendere la parola in televisione». Proseguì: «Non possiamo avere le qualità fisiche di coloro che sono così popolari fra i telespettatori». Concluse: «Vi dovrete accontentare di quello che possiamo offrire e accettare tutti, belli o brutti che siamo e così come siamo fatti». Anni dopo, Giulio Andreotti andò a «Al Paradise», varietà guidato da Oreste Lionello: era il primo onorevole in uno show leggero. Aprì una strada, chiuse un'epoca in cui si pensava che le pailettes togliessero dignità ai senatori. Negli spettacoli i politici possono mostrare un volto umano che difficilmente traspare sui giornali, forse perché scrivono quello che fanno. Si è indotti a dire: ma è anche lui uno di noi! E' un po' quello che sosteneva il poeta, drammaturgo e giornalista Karl Kraus: «Il segreto dell'agitatore è di rendersi stupido quanto i suoi ascoltatori, in modo che questi credano di essere intelligenti come lui». I politici non vanno in tv solo per politica, ma anche per scopi più alti. A Henry Kissinger offersero 400 milioni di lire per apparire allo show del giovedì sera «Buonasera Raffaella» trasmesso dall'America. C'era un filmato in cui lo si vedeva arrivare nello studio, chiedere un paio di volte «Dov'è l'attrice?» (intendeva la Carrà), spazientirsi e minacciare di andarsene. L'intervista fu uno zucchero, la Carrà rise molto. Gli onorevoli in televisione, a seconda della trasmissione, parlano di problemi di salute oppure dicono cose spiritose. In questi giorni discutono molto sul Golfo, ma, secondo l'Auditel, interessano solo se vanno su Raitre. Assenti i politici, sovente ci sono i loro imitatori. Anche in radio: Marcello Casco che è il genio del varietà radiofonico dialoga con le parodie

Luoghi citati: America, Capri, Italia, Roma, Sanremo