Sul conflitto la satira italiana non ride di Curzio Maltese
Sul conflitto la satira italiana non ride A differenza di quanto accade nel mondo dove i vignettisti imperversano su oltre 500 giornali Sul conflitto la satira italiana non ride Lj ITALIA è l'unico Paese occidentale che non abbia ancora espresso una diffusa «satira di guerra». E' un dato anomalo, anche rispetto a nazioni assai più coinvolte nel Golfo. Negli Usa da due settimane impazza su Herald Tribune, Washington Post a altri cinquecento giornali locali il feroce, «disfattista» anti-militarismo delle vignette di Garry Trudeau e di «Zorro», pseudonimo scelto da un soldato impegnato sul fronte saudita (La Stampa, 29 gennaio). In Francia sono esplose le tirature del «Canard enchaìné». La guerra arricchisce, con i fabbricanti d'armi, i direttori di fogli umoristici. Una vecchia regola. Vista da destra o da sinistra - per citare la più famosa rubrica del «Candido» di Guareschi - la guerra ha scritto la storia della satira, anche italiana. Il '15-18 segna l'acme di popolarità del grande Scalarini, il «vero direttore fo finisce di taglio basso: «Guerra: decisivo il ruolo di Cuneo», fantacronaca del conflitto visto dalla città che ospitò Totò militare. All'interno un «Cossiga, scudo umano» e il solo riferimento diretto: «Usa in ginocchio, è arrivato il conto dell'albergo di Arnett». Poco, in dodici pagine. Acqua fresca, al cospetto della vitalissima produzione americana. In compenso, «Cuore» affida la diffusione a una locandina che sancisce la definitiva riappacificazione di Serra con Forattini, sul comune terreno della volgarità: «Inchiesta: Dio e Allah, chi ce l'ha più grosso?». Ai lettori spetta giudicare se è meglio o peggio della celebre «saddamizzazione» disegnata dal direttore di Satyricon: il dittatore che a calzoni calati appunto «saddamizza» un tremante Shamir. Al posto della satira di guerra, battute da caserma. Al con¬ dell'Avanti», e della geniale coppia de «L'Asino», Galantara e Podrecca - l'uno pacifista, l'altro interventista. Tra il '35 e il '40, cioè dalla campagna d'Etiopia allo scoppio della seconda guerra mondiale, si registra il più grande boom dell'editoria satirica nel nostro Paese. Ben sette pubblicazioni, delle quali due - «Marc'Aurelio» e «Bertoldo», ovviamente allineate col fascismo nello sforzo di ridicolizzare il Negus e le potenze «demoplutocratiche» - sfiorano insieme i quattro milioni di lettori. E oggi? Oggi è in edicola l'attesissimo primo numero del nuovo «Cuore» di Michele Serra, trasmigrato dall'Unità a un editore privato, ma senza troncare il cordone ombelicale col partito. L'apertura è interamente dedicata al congresso del pci-pds, con uno slogan apocrifo di Occhetto: «Siamo d'accordo su tutto, basta che non si parli di politica». Il Gol¬ fronto, «Striscia la notizia», che doppia con la voce di Ollio le conferenze del generale Schwarzkopf, è roba da raffinati. Del resto, la tramissione di Ricci è l'unica voce critica della tv. Censurata al volo l'idea di produrre un Blob di guerra, la Rai sforna soltanto Crème Caramel. Né le finestre satiriche dei settimanali, con l'eccezione di Benni e Altan, si sono aperte sul Medio Oriente. C'è poco da ridere sul Golfo? Oreste del Buono, piccolo padre di un paio di generazioni d'autori, sostiene il contrario. «Questa guerra è tragicamente autosatirica. Svanito l'ottimismo tecnologico dell'avvio, abbiamo assistito a episodi inquietanti: gli alleati che si bombardano da soli, soldati creduloni ingannati dalle finte dei carristi iracheni, comandanti confusi, esperti in bilico tra rambismo e catastrofe. Pare un remake di "1941" di Spielberg». Se ne sono accorti i lettori de La Stampa, non gli umoristi. Scrivono a OdB domandandosi «come mai i generali italiani esibiscono cinque file di medaglie, quando non si spara un colpo dal '45?». S'interrogano sulla sorte del cormorano, sempre lo stesso, costretto a tuffarsi nel petrolio dalle tv del mondo. Sarà che a differenza di Scalarini e Podrecca, Galantara e Mosca, o anche di Grosz e Feiffer, i giovani autori italiani oscillano tra «prò» e «contro», come le tante anime della sinistra. Normale che, infilate le matite nello zaino, tra il Golfo e la spiaggia di Rimini abbiano optato in massa per l'ultima e il congresso della Cosa, che promette un gran lavoro, nonostante la tanto lamentata «nausea» della politica nostrana. In attesa di puntare compatti sul fronte di Sanremo. Curzio Maltese
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