Europa difficile per l'Università di Pierangelo Sapegno

Europa difficile per l'Università I chiaroscuri della formazione in Italia: congresso dell'Uspur ad Ancona Europa difficile per l'Università Gran movimento, attesa per la laurea breve ANCONA DAL NOSTRO INVIATO Antonio Rossi, da Milano, laurea in ingegneria. Università di Bruxelles. Chissà che con l'Europa nuova del '93 non sia più fortunato di tanti suoi colleghi italiani. O vale di più lo stesso titolo preso a Torino, o a Milano? Ci si può anche scandalizzare, come fanno tanti docenti o come fa Vinicio Savorelli, direttore dei sistemi di ricerca dell'Ibm-Semea: «Ma no, ma no. Perché dobbiamo sempre fare gli esterofili? I migliori sono qui da noi». Chissà che non abbia addirittura ragione Carlo Alberto Mastrelli, docente di glottologia a Firenze: «Certe lauree il mondo ce le invidia, non scherziamo». Quali, professore? «Quelle umanistiche, ad esempio. Ma pure scienze naturali, persino ingegneria». Eppure, nel grande magma della scuola italiana, luci e ombre si compensano, come in uno strano gioco a intarsi. Non va tutto male, è vero. Ma non va neppure tutto bene. Non vanno troppo bene, tanto per cominciare, le scelte degli studenti. Le nostre scuole producono meno di seimila ingegneri: alle aziende ne servirebbero 12.500, più del doppio. In compenso, ci sono tanti laureati in lettere senza lavoro. Non vanno bene i dottorati di ricerca. Non vanno bene, soprattutto, le sedi: a volte sovraffollate, a volte deserte. Non tornano i numeri: sembra questo il vero problema dell'Università italiana. Pure il ministro dell'Università, Antonio Ruberti, finisce con l'ammetterlo: «In alcuni aspetti siamo ancora lontani dall'Europa. Ma il nuovo modello è analogo, per certi versi corrispondente a quelli europei». Poi c'è il vecchio modello, con i suoi limiti quasi endemici, le sue sclerosi. L'Italia che studia è un po' come l'Italia che lavora, viaggia fra alti e bassi, senza costanza. Forse, senza sicurezza? Per Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis, molti problemi restano, e qualche altro se ne aggiunge. Così, alla fine, ò meglio non farsi troppe illusioni: «Le grandi novità sono più fittizie che vere». Cominciamo. «Aumentano i professori e diminuiscono gli studenti. Da noi, abbiamo un docente ogni otto studenti». Sono cifre che possono fare clamore. Anche perché, spiega Mastrelli, che è pure segretario dell'Uspur (l'Unione sindacale dei professori di ruolo), «questo significa che per qualche anno mancherà il ricambio, non ci sarà possibilità per i giovani di entrare nell'insegnamento. La nostra Università esperimenta adesso le conseguenze di una legislazione che ha cercato di disciplinare un esistente caotico e pletorico». E non c'è solo la saturazione di docenti, insiste De Rita. Gli atenei italiani hanno una vita interna che non si adegua alle esigenze europee. Si creano specializzazioni per una minoranza di studenti. E poi, sottolinea il professor Claudio Santini, docente di ingegneria alla Sapienza di Roma, «il nostro dottorato di ricerca non vale quello degli altri Paesi. Uno dei nostri mali è quello di rendere sempre tutto uguale. E come si fa a considerare sullo stesso piano il dottorato di ricerca delle facoltà di ingegneria e quello, che ne so, di storia cristiana?». Eppure, assicura Mastrelli, «l'Università italiana è in grado di fare ricerca, e di farla bene. Molte volte mancano i soldi. E soprattutto, quasi sempre, mancano i servizi, che è il nostro vero problema, il grande handicap. Non ci sono labo¬ ratori adeguati, biblioteche all'altezza della situazione, non c'è personale sensibile alle esigenze dello studio. In America ho chiesto: voi come fate con i turni di lavoro? Mi hanno guardato strabuzzando gli occhi: non abbiamo mica turni di lavoro... Come dire, quando la ricerca comanda non si bada a orari. Forse, dovrebbe essere anche da noi così». Per cambiare, non c'è più troppo tempo. Arriva l'Europa nuova. Ad Ancona l'Uspur ha organizzato il suo 7° congresso proprio attorno a questo argomento: «La nuova Europa e l'Università italiana». Il mondo universitario è in movimento. Due importanti leggi sono state approvate l'anno scorso: la prima sul piano quadriennale di sviluppo delle università e la seconda sugli ordinamenti didattici. A queste potrebbero af- fiancarsi in tempi brevi la disciplina sull'autonomia degli atenei e quella sul diritto allo studio. L'innovazione legislativa più recente e rilevante è comunque l'istituzione della laurea breve, un diploma universitario. La norma sarà una realtà già nel prossimo anno accademico, assicura il ministro Ruberti: «Stiamo facendo di tutto per l'avvio a novembre dei primi corsi. Le aree di studio interessate saranno quelle della medicina e dell'ingegneria, e dell'interpretariato nelle facoltà letterarie». La laurea breve piace soprattutto al mondo del lavoro. Come spiega Savorelli: «Dal mercato arriva una richiesta di tecnici non troppo specializzati. E il diploma universitario risolve la gran parte dei problemi di professionalità, perché viene incontro alle nostre esigenze, e può fornire un tipo di preparazione specifica, tecnica. Ma attenzione: noi non vogliamo che gli studi universitari si sostituiscano alle formazioni che danno le aziende». Oggi, aggiunge Savorelli, «si può constatare che le lauree in ingegneria producono laureati con molte più conoscenze di quante servano nella prima fase di lavoro. E questo non è un bene. Provoca insoddisfazioni, demotivazioni». Soluzioni? «Non dobbiamo laureare novantamila premi Nobel. Non ci sarebbero posti di lavoro per tutti. Forse, è necessaria una maggiore focalizzazione nei profili di addestramento». E poi «bisognerebbe orientare gli studenti. Non so se il numero chiuso sia una soluzione. Ma qualcosa occorre fare. Distribuire meglio gli studi. In America, il 30 per cento degli studenti prende un diploma di laurea; il 56 una laurea; il 14 un dottorato di ricerca. E' un'ottima distribuzione. Cominciamo a seguire questo esempio». Pierangelo Sapegno

Persone citate: Antonio Rossi, Antonio Ruberti, Carlo Alberto, Claudio Santini, De Rita, Giuseppe De Rita, Ruberti, Savorelli, Vinicio Savorelli