FOGLI DI QUERCIA

tuttolibri tuttolibri FOGLI DI QUERCIA Otto libri anticipano il congresso del pei Dal pei al pds nei saggi dì De Giovanni, Chiaromonte, frignio, Napolitano, Curandini, Curi e Flores D'Arcais, Prospero, Ferrara (nelle foto, dall'alto: Napolitano, Flores D'Arata, e. a destra fngrao) con lui a un'esplicita sostanziale revisione di quel giudizio laudativo sull'Urss a cui pure si era acompagnata l'affermazione convinta della necessità di seguire tutt'altra via nel nostro P36S6)) GUIDO CARANDINI, Il nuovo e il futuro (Laterza, pp.154, L. 16.000). Il primo comunista italiano che ha chiesto esplicitamente il cambiamento del nome e del simbolo del partito rivolge il suo appello a tutti quei sostenitori del nuovo corso di Occhetto che si ritengono «del tutto irresponsabili di quel che è avvenuto fuori dei propri confini e vorrebbero scaricarsi del fardello del fallimento senza compiere un atto esplicito e consapevole di autocritica». Per Carandini si impone però al pds la necessità di superare un altro guado: la liquidazione della mentalità utopistica e progressista, ovvero l'illusione di un «sogno progettuale per il futuro». UMBERTO CURI, PAOLO FLORES D'ARCAIS, L'albero e la foresta (Franco Angeli, pp.96, L. 16.000). Elogio a quattro mani della quercia occhettiana modulato da due punti di vista: da quello «interno» dell'intellettuale già organico (Curi, direttore dell'Istituto Gramsci gnato a ragionare e ad operare», la battaglia meridionalistica e la stagione della «solidarietà nazionale» guidata da Enrico Berlinguer. Tra le cose cattive: la scomunica di Tito e la pubblicazione sull'Unità, al tempo in cui Chiaromonte era direttore del giornale, di un articolo molto audace di Umberto Cardia sui rapporti tempestosi tra Gramsci e Togliatti: «un articolo debole, non documentato, intriso di psicologismo e perfino di mitomania». Spiegando le ragioni della sua adesione al partito comunista Chiaromonte scrive: «il primo alt a Hitler fu dato dall'Unione Sovietica». Povero Churchill. PIETRO INGRAO, Le cose impossibili (Editori Riuniti, pp.216, L.26.000). Autobiografia di un «comunista testardo» raccontata sotto forma di dialogo con lo storico Nicola Tranfaglia. L'amore per Charlie Chaplin e l'incontro con Luchino Visconti, la venerazione per il Leopardi delle Operette morali e la lettura di Bertolt Brecht: si delinea così l'educazione sentimentale del leader morale degli avversari di Occhetto, del più strenuo oppositore all'eutanasia del partito. Pietro Ingrao non lesina giudizi severissimi su molti errori compiuti dal partito: «met¬ temmo troppo sugli altari il poeta Pablo Neruda», «celebrammo troppo il Metello di Pratolini», nello scontro tra Togliatti e Vittorini sul Politecnico aveva ragione Vittorini, «il giudizio sull'Ungheria fu in radice sbagliato». Ma confessa così la ragione profonda della sua inossidabile fede nell'«orizzonte del comunismo»: «purtroppo a me l'esistente non piace; e per questo sono comunista». GIORGIO NAPOLITANO, Al di là del guado (Lucarini, pp.130, L. 15.000). Il manifesto dei riformisti del pei che non esitano a definirsi, con esplicita franchezza, «socialdemocratici». Nel 1979 Napolitano pubblicò un altro libro, che aveva come titolo In mezzo al guado. Dopo undici anni di incerta navigazione il leader migliorista esprime la sua soddisfazione per l'avvenuto, definitivo approdo. La metamorfosi del pei, Napolitano l'aveva prefigurata già nel 1988 dichiarando, non senza aspre reazioni nel partito, che il pei era «oramai uscito dai confini della tradizione comunista». Segno di un atteggiamento mentale apertamente revisionista. Che si sposa, però, ad un'autentica e immarcescibile venerazione per il «realismo politico» di Togliatti: «mai si giunse cennio. Purché si liberi in fretta dell'utopismo ingraiano e imbocchi con decisione la strada delle riforme istituzionali. GIULIANO FERRARA, Ai comunisti. Lettere da un traditore (Laterza, pp.109, L. 12.000). «E' in un anfratto della psicologia, non troppo lontano dall'intelligenza ma neanche troppo vicino, che troverete, se solo li cercate, i documenti della nostra comune affiliazione alla Ceka, della nostra libera appartenenza a tutte le polizie politiche del Novecento». In gioventù comunista per vocazione e per diritto di nascita, funzionario del pei torinese negli Anni Settanta, Giuliano Ferrara racconta ai compagni di ieri le ebbrezze, i turbamenti, le vertigini e le scoperte di quella nuova patria mentale che si chiama ex comunismo. Il libro riserva una sorpresa: l'amore di Ferrara per gli operai (per la loro «tenuta mentale», la loro «emotività compiuta e adulta», la loro «brutale ragionevolezza»), E una conferma: l'odio di Ferrara per gli intellettuali filo-comunisti: «avete sempre avuto il vizio di pensarvi eccezionalmente torbidi quando eravate un po' fessi». veneto) e da quello esterno dell'intellettuale disorganico che sta per diventare organico (Flores d'Arcais). Contro «lo spauracchio, costantemente agitato dagli ingraiani» dell'«omologazione», Curi propone di bandire dal vocabolario del pds l'obsoleto termine «antagonismo». Flores d'Arcais articola invece la summa del suo programma (tra cui «l'abrogazione del principio di ereditarietà di qualsivoglia bene» anche se, per ammissione di Flores, «tale obiettivo resti per ora solo parzialmente proponibile, per radicati motivi antropologici e psicologici») sotto forma di cinquanta tesi. Nemico numero uno: il psi, «parte integrante e trainante della nuova destra partitocratica». Alleato privilegiato: Leoluca Orlando e la sua «rete». MICHELE PROSPERO, Il nuovo inizio (Métis, pp.218, L.22.000). Titolo beneaugurante per un libro di politologia applicata al pei tanto rigoroso quanto entusiasticamente schierato con le posizioni del segretario Occhetto («quando oggi il pei parla di un nuovo inizio, è l'esperienza politica di tutto il secolo che viene ripensata»). La tesi del libro è che il nuovo pei altro non è che il prodotto di una gestazione durata un de¬ Pierluigi Battista