Contro l'Aids, la fedeltà al partner di Daniela Daniele

Contro l'Aids, la fedeltà al partner La peste del secolo aumenta tra gli eterosessuali che non adottano sufficienti cautele Contro l'Aids, la fedeltà al partner La prostituzione veicolo di contagio Troppi ignorano il «sesso protetto» PAVIA DAL NOSTRO INVIATO Policlinico San Matteo: c'è chi ascolta gli echi di guerra pensando a quanto sia ingiusto che giovani in piena salute vadano ad uccidere e a morire. Per i 42 malati, affidati alle cure del professor Rondanelli e della Clinica delle malattie infettivo da lui diretta, la vita che sentono sfuggire è infatti il più prezioso dei beni. Negli ospedali e nei laboratori, intanto, si combatte un'altra guerra, silenziosa quanto tragica, contro un virus che sta mettendo in ginocchio l'umanità. Eppure c'è, nei confronti dell'Aids, una sorta di fatalistica indifferenza. Soltanto i dati, le percentuali, riescono a strappare un brivido momentaneo, poi tutto torna nel dimenticatoio. Ma i numeri, secondo gli studiosi, dovrebbero produrre qualcosa di più di un brivido e, quantomeno, suggerire abitudini diverse. Ecco le ultime statistiche, fornite dal professor Elio Guido Rondanelli nella sua veste di vicepresidente della Commissione nazionale Aids. Riguardano la trasmissione eterosessuale dell'Hiv. Nel 1983 fu segnalato, in Italia, il primo caso di Aids per contatto eterosessuale. Un fatto isolato; nell'anno successivo non ne vennero registrati altri. Ma dall'85 in poi è stata un'escalation. Tre furono i malati appartenenti alla categoria eterosessuale 6 anni fa, pari all'I per cento di tutti i nuovi casi; 14 nell'86 (2,9 per cento dei nuovi casi); 50 nell'87 (4,8 percento); 98 nell'88 (5,6 per cento); 164 nell'89 (6,9 per cento); 125 fino al 30 settembre dello scorso anno (7 per cento). L'aumento è evidente. E, malgrado le campagne pubblicitarie di tutto il mondo, sembra che la gente ancora non abbia capito. O non voglia capire. Gli strumenti di difesa, secondo gli esperti, sono sempre due, ripetuti fino all'ossessione moralistica: monogamia e preservativo. Due elementi che fanno a pugni con le battaglie per la liberazione sessuale dell'ultimo ventennio. «Eppure - osserva Rondanelli - sono l'unica possibilità di frenare la malattia. Ma i soli ad aver recepito il messaggio sono stati gli omosessuali. Non dimentichiamo, tra l'altro, che può essere sufficiente un rapporto soltanto por rimanere infettati e che il virus ha una latenza che va dai 5 ai 10 anni». Ai comportamenti (gran numero di partner e pratica del sesso non protetto) si aggiungono i cosiddetti «cofattori», capaci di contribuire al contagio. «Risulta, infatti - continua l'infettivologo -, che la presenza di ulcerazioni genitali, quali ulcera molle o infezione da Herpes simplex, siano condizioni che favoriscono la trasmissione. E ciò vale anche per i rapporti ano-genitali nelle donne». L'Aids ha trasformato la vi¬ sione del sesso: dal lontano passato in una prigione di assoluta riservatezza, alla gioiosa pratica degli Anni Settanta, alle angosce, con la vivisezione di ogni più intimo particolare sull'accoppiamento, degli Anni Ottanta. Così oggi si fruga nel privato e si scopre che, in studi condotti tra pazienti africani ed europei, dal 30 al 90 per cento degli uomini interrogati ha ammesso di aver avuto contatti con prostitute. Che si può dire a questo riguardo? Il professor Rondanelli riferisce altri risultati: «Molte delle prostitute "di professione" , europee e americane, dicono d'imporre l'uso dei preservativi ai loro clienti, ma sovente senza successo. Per contro non lo impongono ai loro partner regolari, che spesso sono ad alto rischio di sieropositività». Altro discorso si deve fare per le tossicodipendenti: «il mestiere» è un modo di procurarsi quattrini per la dose. Ben diverso è lo stato psicologico che caratterizza molte di queste donne per le quali il confine tra la vita e la morte ha un significato particolare. Come dimenticare quelle scritte sui muri? «La droga uccide lentamente, ma io non ho fretta». Un tipo di filosofia in cui il preservativo non è contemplato. E i giovani, i giovanissimi, come la pensano? «1 dati dei quali disponiamo non sono molto confortanti. Un'inchiesta fatta su 829 adolescenti americani sembra indicare che molti di loro non sono affatto spaventati dall'Aids. Il 54 per cento dei soggetti intervistati non ha paura di essere infettato ed il 61 per cento è persuaso di non correre alcun rischio. Un altro studio indicava che gli adolescenti californiani, pur conoscendo l'effetto protettivo del profilattico, non lo utilizzava e non aveva alcuna intenzione di cambiare abitudini. In Francia, secondo un'indagine promossa in quattro licei di Lione, il 43 per cento degli studenti che avevano già avuto rapporti sessuali non si era mai servito del preservativo e solo un 7 per cento dichiarava di usarlo abitualmente». Quel meraviglioso, antico continente che è l'Africa, mortificato nelle sue tradizioni, estirpato dalle sue radici, si sta consumando, neppure tanto lentamente. L'Oms riferisce che il venti per cento dei giovani africani delle grandi città è infetto e che i sieropositivi delle zone sub-sahariane sono passati dai due milioni e mezzo dcll'87 ai cinque milioni attuali. Ci vien voglia di mettere la testa nella sabbia? Non conviene. Pensiamoci per tempo. Daniela Daniele H Il professor Elio Guido Rondanelli (da una foto de «L'Espresso»), direttore della clinica delle malattie infettive al Policlinico «San Matteo» di Pavia e vicepresidente della commissione nazionale Aids

Persone citate: Elio Guido Rondanelli, Rondanelli

Luoghi citati: Africa, Francia, Italia, Pavia