«No al presidenzialismo»

«No al presidenzialismo» «No al presidenzialismo» Intanto la de ne approfitta e «stoppa» le proposte di Craxi ROMA. Seconda domenica di guerra: palazzi del potere nuovamente aperti e illuminati ma sempre più stanchi e vuoti, consueta salita mattutina di Andreotti al Quirinale, soliti comunicati del ministero della Difesa. La forza della routine si va riappropriando della capitale, che pare intenzionata a rispolverare antichi temi accantonati all'inizio delle ostilità nel Golfo. «Non è pensabile che importanti problemi interni possano essere dilazionati sine die», ammonisce Cristofori, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Quali sono i più indilazionabili di tali problemi? Ma le riforme istituzionali, ovviamente. Ed ecco che, quasi in manovra congiunta, scende in campo l'intero stato maggiore scudocrociato per ribadire un deciso no, tanto al referendum propositivo quanto alla repubblica presidenziale. Come se, acclarata l'impraticabilità di una crisi di governo, la triade di piazza del Gesù avesse deciso di sferrare l'attacco a Craxi. Non che la guerra sia entrata del tutto nell'ordinaria amministrazione della politica nostrana. Anzi: domani il ministro Rognoni è atteso dalle competenti commissioni di Montecitorio, e dovrà rispondere a ben 16 interrogazioni. La guerra, poi, costituisce ancora il metro principale per misurare le reazioni al congresso del pci-pds che inizierà giovedì a Rimini. Ma la pausa non esiste negli spartiti della politica; tutt'al più è un preludio ad azioni di forza. Come quella ora messa in atto da Forlani, Gava e Andreotti (quest'ultimo per voce di Cristofori). Tra gli effetti collaterali della guerra, c'è anche quello che costringe il pentapartito alla compattezza. In un anno di tempo tranquillo (salvo spiacevoli sorprese dal Golfo), si può davvero metter mano alla Grande Riforma. Ma tanta garanzia sembra aver portato il vertice de alla convinzione che il potere contrattuale dell'alleato sociali- sta sia sensibilmente diminuito. E dunque fa ora la voce grossa, ben accordando toni e temi. L'attacco alla proposta di repubblica presidenziale è assunto in prima persona dal segretario, che ha scelto ieri la tribuna sorrentina delle donne de. Per ribadire il no all'elezione diretta del capo dello Stato, Forlani ha agitato i fantasmi di Mussolini e Hitler, sottolineando che anche in Germania «il potere fu dato democraticamente a un uomo solo»; il presidenzialismo non ha dato «risultati esemplari» in America Latina, e anche negli Usa «è sempre stato criticato»; e poi nell'era atomica, «dove si rischia di saltare in aria da un momento all'altro», non è auspicabile «un eccesso di decisionismo». A Gava, invece, il compito di bocciare la richiesta di referendum propositivo. L'attuale capogruppo a Montecitorio, ma sempre potente leader del Grande Centro, da qualche giorno è impegnato in imo scambio di note col vicesegretario socialista Amato. «Faremo di tutto perché la maggioranza del Paese sulla •repubblica presidenziale voi non l'abbiate», gli ha controreplicato ieri con molto garbo e altrettanta forza, così avvertendo il psi: «Noi non siamo per la democrazia plebiscitaria. A noi è stato insegnato il valore della democrazia rappresentativa». E per non lasciar spazio a dubbi, Gava ammonisce pubblicamente anche De Mita e il pur fido Scotti, colpevoli di aver detto che il presidenzialismo è meglio di niente. Che fare? Il rigido binario entro cui ogni alleato di governo dovrà muoversi, è indicato da Cristofori: «Mi riferisco in particolare all'esame e alle conseguenti determinazioni in materia di modifica della legge elettorale politica, all'iter del disegno di legge costituzionale sulla riforma del sistema bicamerale, e al riordino della finanza locale». Gianni Pennacchi

Luoghi citati: America Latina, Germania, Rimini, Roma, Usa