Ma c'è anche una seconda chiazza

Ma c'è anche una seconda chiazza Ma c'è anche una seconda chiazza Nessun problema per le quattro navi italiane DHARHAN (Arabia Saudita). Le maree nere nel Golfo sono due e quella che si è vista finora è soltanto la punta di un iceberg. Lo ha rivelato ieri Abd El Aziz Al Hokail, vice presidente dell'«Aramco», la compagnia arabo-americana del petrolio. Ad ammazzare i pesci e i cormorani e a tingere di nero le spiagge saudite, ha spiegato Hokail, è una chiazza di petrolio lunga tre chilometri e larga duecento metri che si è formata presso Khanji, una località saudita al confine con il Kuwait dove si trova una raffineria. Non ha voluto precisare come il petrolio sia finito in mare, ma si sa che i serbatori di Kanjii sono stati colpiti qualche giorno fa dall'artiglieria irachena. La macchia di greggio che proviene dal Kuwait è mille volte più grande: supera i 50 chilometri di lunghezza e i dodici di larghezza. Ieri è arrivata a quattro o cinque chilometri dalla costa e se il gioco delle correnti continuerà a spingerla con la stessa forza le proporzioni del disastro potrebbero diventare spaventose. Hokail ha assicurato che la produzione e l'esportazione del petrolio saudita non corrono pericolo. Per funzionare gli impianti dell'«Aramco» lungo la costa hanno bisogno di acqua pulita, ma sono protetti da dighe galleggianti installate durante la guerra tra Iraq e Iran. Barriere uguali sono state disposte intorno alle centrali in cui si ricava acqua dolce dal mare. Il ministro saudita delle acque, Abdul Rahman Al Sheikh ha sostenuto che il rischio di una grande sete è remoto. «L'acqua delle centrali ha sottolineato - viene prelevata in profondità, cinque o sei metri sotto lo strato di petrolio». Altri esperti sostengono però che se la quantità di greggio riversata nel Golfo aumentasse ancora, dopo l'evaporazione delle sostanze volatili i residui più pesanti precipiterebbero sul fondo e la catastrofe sarebbe completa. Adesso vi è chi dice che le conseguenze della marea nera si faranno sentire per almeno dieci anni. Ma la verità ò che nessuno sa con sicurezza se gli iracheni abbiano pompato petrolio in mare di proposito e soprattutto se stiano continuando a farlo. Non risulta che tra sabato e ieri le dimensioni della macchia nera siano aumentate. Abd El Aziz Al Hikail si è detto convinto che l'Iraq sta inquinando deliberatamente il Golfo, ma ha ammesso di non avere informazioni di prima mano. Il vice presidente dell'«Aramco» ha parlato di «cooperazione internazionale» per correre ai ripari, ma ha aggiunto che per adesso non si sa quale sia la composizione precisa della marea nera, né quale tipo di solvente si potrebbe eventualmente usare. Ha aggiunto che se veramente gli iracheni scaricano in mare gli immani depositi di petrolio del Kuwait, nessuno potrà fermarli. La confusione sulla reale portata del disastro è al culmine e in qualche momento assume risvolti fuori della realtà, come la paura che il Golfo bruci. Chiunque si intenda un pò di petrolio, ribadiscono i tecnici che lavorano in Arabia Saudita, sa bene che a contatto con l'aria il 4 per cento evapora nel giro di 24 ore e quello che resta è troppo denso per prendere fuoco. E' vero che sabato alcuni focolai erano stati segnalati intorno al terminale della stazione di pompaggio di Mina Al Ahmadi nel Kuwait. Ma secon¬ do i tecnici è assolutamente impossibile che il fuoco si espanda. Hokail ha accusato gli iracheni di aver cercato di appiccare il fuoco «per pura crudeltà». «Il petrolio - ha detto non si incendia da solo, a meno che non ci sia una fonte di calore molto vicina». Ma ancora una volta, ha chiarito che le sue sono soltanto ipotesi. E non ha spiegato perché gli iracheni, che di petrolio si intendono anche loro, dovessero tentare quello che notoriamente è impossibile. Che cosa stia succedendo al petrolio del Kuwait per adesso non lo sa nessuno. L'unica cosa certa è che la quantità di petrolio in mare è già superiore a quella fuoriuscita nel 1989 in Alaska dalla petroliera «Exxon Valdez» e, diversamente da allora, si può fare poco per limitare il danno. L'Iran da parte sua ha dichiarato che è necessaria la cooperazione internazionale per fare fronte al disastri) ecologico causato dall'immissione di greggio nel Golfo Persico; l'agenzia «Ima» riferisce citando il direttore dell'Ente per la tutela ambientale iraniano, Hadi Manafi, che sul posto sono state inviate équipe di esperti. La chiazza di greggio, che si sta allargando, costituisce «una grave minaccia per la gente e per la vita marina», ha osservato Manafi, secondo il quale il modo più indicato per contenere il disastro è quello di intervenire alla fonte. Secondo fonti militari di Riad e di Washington, gli iracheni hanno continuato per il quarto giorno consecutivo ad alimentare la chiazza di greggio, che scaturisce dal terminale iracheno di Sea Island; Manafi ha detto che l'Iran da solo non può fronteggiare questa emergenza, e ha sollecitato aiuti internazionali. «Radio Teheran» osserva che l'unico modo per controllare la chiazza di greggio, che minaccia nell'immediato le risorse idriche dell'Arabia Saudita, è l'immediata cessazione delle ostilità e l'avvio di iniziative internazionali di bonifica; condannando l'intervento degli americani e degli alleati nel conflitto, la radio iraniana osserva che quando la guerra sarà finita «saranno i Paesi della Regione a pagarne le conseguenze». Nessun problema, almeno per il momento, per le quattro navi italiane che operano nelle acque del Golfo. Le chiazze di petrolio alla deriva sono lontanissime. Le fregate «Zeffiro», «Libeccio», il caccia «Audace» e la nave rifornitrice «Stromboli» incrociano in una zona sicura, distante almeno 250 miglia dall'enorme massa oleosa. Per il 29 gennaio è previsto, intanto, un avvicendamento per una delle navi, la fregata «Libeccio», che sarà rilevata dalla «Lupo», mentre alla fine del mese un'altra unità, la San Marco, giungerà nel Golfo. La «San Marco», nata originariamente come nave da sbarco, è stata attrezzata ad ospedale e nave appoggio, ha una capacità di 110 posti letto, un team sanitario di 15 ufficiali medici, 20 sottufficiali infermieri, 15 marinai e 2 elicotteri di pronto impiego. In particolare, l'unità è stata preparata per rispondere ai requisiti della protezione civile, ed è dotata di strutture e impianti che la rendono particolarmente idonea alla ricezione, al primo trattamento ed allo smistamento di eventuali traumatizzati. (Ansa-Agi) Uno dei cormorani impregnati dal petrolio fuoruscito dal terminale kuwaitiano

Persone citate: Abdul Rahman, Al Sheikh, Aziz, Hadi Manafi, Mina Al Ahmadi, Riad, Stromboli, Valdez