Scatta l'Operazione bisturi ecologico

Scatta l'Operazione bisturi ecologico I bombardieri Usa hanno colpito le centraline di pompaggio del terminale in Kuwait Scatta l'Operazione bisturi ecologico Schwarzkopf: ilflusso di greggio è stato drasticamente ridotto ARABIA SAUDITA DAL NOSTRO INVIATO Dodicesimo giorno di guerra, e cambia tutto. Stava andando male agli americani, o comunque non stava andando come tutti invece si aspettavano quella notte di due settimane fa, quando i bombardieri Usa arrivarono ruggendo sui cieli dell'Iraq a dare a Saddam la lezione del loro immenso potere planetario. Stava andando male perché la guerra tecnologica appariva sempre più una variabile stupefacente, e però non decisiva, delle vecchie guerre tradizionali; e sempre più si andava scoprendo dai bollettini quotidiani del quartier generale che raffinatezze elettroniche, precisioni millimetriche, raggi laser, computerizzazioni totali dei sistemi d'attacco, facevano della guerra un drammatico, e affascinante, processo di simulazione dei videogames ma non bastavano a battere la resistenza dell'armata irachena, il suo sterminato arsenale bellico, le vecchie solide esperienze dei trinceramenti, dei bunker dove riparare la pelle, dell'aspettare al coperto che il nemico scarichi la sua rabbia e si frustri poi nella pochezza dei risultati conseguiti. Ieri invece arrivava il colpo di scena, e l'immagine della potenza yanquee come dominio imbattibile delle tecnologie scientifiche recupera l'offuscamento di questi ultimi giorni. Il profilo della guerra si proietta nuova- mente all'interno di uno scenario dove vive già il mondo del futuro, il potere della macchina sulla limitatezza dell'uomo. L'altra notte, i bombardieri americani hanno attaccato e reciso la fonte del pompaggio di greggio nel Golfo, intervenendo con una precisione chirurgica attraverso strumenti che pure pesano qualche migliaio di chili. La catastrofe ecologica non può più essere cancellata, resterà incisa nell'equilibrio ecologico; ma le sue dimensioni vengono prese sotto controllo e i rischi di un allargamento della contaminazione ambientale appaiono destinati a sparire entro un tempo non lunghissimo. «Datemi ancora 24 ore e potrò dare una risposta», ha detto ieri il generale Norman Schwarzkopf, e intendeva dire dei risultati definitivi dell'intervento. Schwarzkopf è il gran capo di questa guerra (quasi) americana, parla poco, lui comanda e basta. Quando ieri sera in sala stampa si è visto però che il quotidiano bollettino militare veniva a leggerlo lui stesso, tra quelle poche righe doveva esserci qualche annuncio molto importante. E c'era. Pacato, il gran capo ha raccontato l'operazione più sorprendente di questa guerra che stava andando avanti da 11 giorni già con qualche ombra di stanchezza e di disincanto: l'Operazione bisturi ecologico. Giovedì scorso, una larga macchia di petrolio aveva cominciato a stendersi lungo le coste set¬ tentrionali del Golfo, di fronte al Kuwait; segnalata prima dai ricognitori come la possibile perdita di greggio dalle stive di una nave affondata, la macchia era invece apparsa presto un'enorme coltre di idrocarburi che stava coprendo le acque e la vita dell'intero bacino arabico. Un flusso continuo di almeno 200 mila barili al giorno si riversava nel Golfo, e ricognizioni più accurate ne rivelavano anche la fonte: il terminale di un giacimento kuwaitiano, il Sea-Island, una decina di miglia fuori dalla costa. Gli americani accusavano l'Iraq di aver compiuto «un atto di terrorismo ecologico», violando deliberatamente gli equilibri della natura con lo scopo di distruggere ogni risorsa della regione e fare escalare la guerra in una avventura senza ritorno per tutti, vincitori e vinti. Gli iracheni ribattevano che la responsabilità, al contrario, era tutta degli americani, i quali avevano bombardato il terminale di SeaIsland e il giacimento di Mina al Ahmadi e ora tentavano di scaricare su altri il risultato della loro furia militare. In tre giorni, la macchia era diventata un'isola fluttuante di greggio, lunga già più di 35 miglia e larga almeno 10, un'enorme serpente nero che divorava la vita delle acque e della costa kuwaitiana, muovendo lentamente verso Sud. L'allarme si trasformava nell'accorata constatazione di un disastro ecologico senza precedenti, già tonnel- late di greggio si appiccicavano alle spiagge e soffocavano cormorani, delfini, crostacei, piccole e grandi forme di vita marina. La segnalazione di qualche fiammata sull'acqua faceva pensare anche a un progetto militare iracheno, di sfruttare il petrolio come una barriera di fuoco contro la minaccia di un attacco anfibio degli alleati; ma gli esperti di idrocarburi smentivano subito questa terribile prospettiva di un Golfo interamente in fiamme, spiegando come la forte volatilità di almeno il 50% degli elementi del flusso che si riversava nelle acque riducesse praticamente a zero la minaccia dell'incendio immane. Restava comunque certo, e immodificabile, il disastro ecologico, «un danno che colpirà anche le generazioni future», com¬ mentava ieri Abdulbar Al Gain, responsabile dell'ecologia saudita. «Ci vorranno anni solo per arrivare a controllarlo». La guerra tecnologica era diventata una guerra dei mondi, che trasformava le leggi antiche della natura. Ieri, invece, il colpo di scena. Anzitutto è arrivata la denuncia delle responsabilità: «Dal 16 al 24, le forze alleate non hanno compiuto alcuna operazione nel- l'area di fuoruscita del greggio; ma abbiamo potuto notare come le cinque petroliere ancorate accanto alla costa kuwaitiana, e che gli iracheni usano come serbatoi galleggianti, mentre prima erano ben dentro l'acqua, cariche di greggio, col passare dei giorni si mostravano sempre più alte sul livello del mare. E parallelamente si era allargata la macchia di greggio nel Golfo. La mia conclusione, diceva Schwarzkopf, è che gli iracheni hanno pompato il greggio volontariamente in acqua». Dall'atto di accusa si passava alle misure d'intervento. «Dovevamo evitare che il disastro diventasse una catastrofe ancora più grave. Abbiamo chiesto ai nostri tecnici. Le soluzioni suggerite erano due: bruciare alla fonte il flusso di greggio, o piuttosto, e meglio, bloccare direttamente la fuoruscita alla fonte. Abbiamo scelto questa soluzione, e ieri notte, dalle 21 alle 21,36, con una squadra di bombardieri F-111 B e due missili intelligenti abbiamo centrato esattamente le centraline di pompaggio e le manichette di collegamento col terminale». I missili pesano qualche centinaio di chili, ma il computer li ha pilotati con la precisione di un bisturi. «Non posso gaia, ire che il flusso sia cessato dei tutto, ci vuole una verifk a ma lo abbiamo ridotto di molto», diceva Schwarzkopf. Staremo a vedere. Mimmo. andito pyi obassora JSfOZUBAIR^ La marea di petrolio ha avuto origine da Al Ahmai (attaccato ieri), ma forse anche da Al Khafji

Persone citate: Ahmadi, Norman Schwarzkopf, Schwarzkopf

Luoghi citati: Arabia Saudita, Iraq, Kuwait, Usa