La televisione nell'anno del Gabibbo...

La televisione nell'anno del Gabibbo... Da Topo Gigio a Provolino, dal nano Scrondo al cane Alf, fino al sacco rosso inventato da Ricci La televisione nell'anno del Gabibbo... Grida: «Vi spacco la faccia!». E Vaudience sale velocemente la storia Tutti i divi di gomma Mario Riva, presentatore del «Musichiere», nel 1957 era più di Pippo Baudo nell'87. Era la paciosa bandiera dell'Italia Monocolore, il bonario Amico scudocrociato della gente. Rischiò di affondare quando un settimanale lo accusò di reati contro il Sesto Comandamento. Uno scoop: si era pubblicato con costernazione che l'ex soubrette Diana Dei, sua moglie, non era tale. Peggio: anni prima, Riva aveva abbandonato quella vera, Derna Massoli, sposata di fronte al sacerdote con la promessa che quel che è legato da Dio l'uomo non separerà. Riva non disse niente. Poi apparecchiò una conferenza stampa, presentò ai giornalisti il figlio Franco, impiegato all'Alfa Romeo, e sorrise sentendolo dire: «Papà mi tratta molto bene. Mi ha appena regalato una Fiat 600». E la moglie vera? Non era presente ma con orgoglio Riva annunciò che l'aveva resa unica concessionaria del Musichieretto, il pupazzo di panno del «Musichiere». Il Musichieretto venne così presentato ai signori della stampa, pubblicato in fotografia dai giornali, distribuito al pubblico che perdonò Riva. Fu il primo pupazzo del video italiano anche se comparve più nei negozi che in trasmissione. Il 4 aprile 1958 Cino Tortorella vestito da Mago Zurli con le stelline fra i capelli presentò Topo Gigio ai signori bambini. Lo aveva inventato la burattinaia veneziana Maria Perego che lo animava col marito Franco Caldura. Peppino Mazzullo gli dava la voce. La Rai invece gli dava duecentocinquantamila lire per apparizione. Ebbe sette anni di successi, incise dischi, girò due «Caroselli», andò all'estero: all'«Ed Sullivan Show», lo spettacolo più famoso della Cbs, cominciato nel 1948 e chiuso nel 1971, fu applaudito, rimase qualche settimana e prese 1500 dollari a comparsata (proporzioni: i Beatles ne presero 25.000). A Londra c'è il ristorante Topo Gigio. Chiambretti dice: «Sono il figlio di Vanna Marchi e Topo Gigio». Ricomparve nel 1974 a «Canzonissima» assieme alla Carrà, Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto. Piaceva ai bambini, era alto 22 centimetri, pesava dai due ai cinque etti a seconda delle versioni, era fatto di gommapiuma. La televisione in Italia ha catalogato finora 1237 divi, in maggioranza scemi: da che parte sta Topo Gigio? La sua frase più nota è «Cosa mi dici maaai?». Spesso ricompare. Intanto ha perso per autoelisione l'amico Ino e la fidanzata Rosy, povero single. All'epoca d'oro della tv che non bisogna rivedere perché era più triste che nei ricordi, «Carosello» inventò le regole del varietà d'oggi: sketch di tre minuti più coda pubblicitaria, sipario, nuovo sketch, nuova pubblicità. «Carosello» non c'è più: in compenso gli show sono zeppi di sponsor e gente che propaganda film, dischi e partiti politici. A «Carosello» c'erano due pupazzi eroi che contribuirono alla fortuna del pubblicitario Armando Testa: le sfere parlanti del pianeta Papalla, il cono western Caballero Misterioso che cercava Carmencita nella Pampa Sconfinata. Forse sono stati i più sinceramente amati dai bambini. Probabilmente più dei pupazzoni dei personaggi di Disney animati da mimi nascosti all'interno: ogni tanto irrompono nelle trasmissioni (in genere a Natale), i bambini battono le manine e se ne infischiano perché sono goffi, troppo alti e hanno poco a che vedere con gli originali. Fabbricarono pure pelouche con le facce dei bambini che partecipavano allo Zecchino d'oro: durarono poco. «Carosello» ci regalò anche due hit, entrambi sponsorizzati dai formaggini: la Mucca Carolina e Ercolino sempre in piedi. Erano di plastica gonfiabile, si portavano a casa con un tot di punti fedeltà. Ercolino era la caricatura di Paolo Panelli. Si riempiva d'acqua un serbatoio alla ba- se, gli si dava un pugno sul naso, Ercolino sembrava cadere ma per magia si rialzava. Odorava di sintetico, aveva fascino. Nel settembre del 1972 Raffaele Pisu si presentò a «Il buono e il cattivo» con Provolino, fatto di panno, animato alla meglio dulie mani dello stesso Pisu che gli aprivano e chiudevano la bocca. Pj ovolino parlava con la voce di Franco Parenti. Diceva battute appena leggermente irriverenti, concludeva fra gli applausi «Boccaccia mia statti zitta». Con lui i pupazzi diventarono attori che dicevano malignità che gli umani era meglio che non dicessero. Nel 1984 l'ex medico José Luis Moreno, l'unico ventriloquo che parla muovendo la bocca, ebbe successo e fortuna a «Fantastico 5» col corvo parlante Rockfeller, che l'anno successivo portò a Sanremo e l'anno dopo a Canale 5. Rockfeller fu anche un boom di vendita nei negozi. Ne furono inventate pure copie «parallele», la Sacis intentò causa e ne ottenne il sequestro. Rockfeller riceveva 15 mila lettere a settimana. Il 2 marzo 1985, su Canale 5, a «Risatissima 2», Lino Toffolo tentò di uguagliarlo lanciando Sandrino, pupazzo che parlava senza peli, un po' perché era un pupazzo e un po' perché somigliava a Sandro Pertini. Lo ricordano in pochi. E' più noto Tenerone, Gianfranco D'Angelo a «Drive In»: vestiva di pelouche rosa, diceva cattiverie sui personaggi tv (fanno ancora ri¬ dere le battute su Sandra Milo o sono come dire che Fanfani non è alto?), esclamava: pippo! pippo! forse riferendosi a Baudo. Adesso c'è Gabibbo: parla genovese,, dice «ti spacco la faccia». Parla sul nulla, non dice niente: ha successo. Stefano Pettinati Fare moda Siamo uomini o pupazzi? Forse ogni generazione ha i pupazzi che si merita, e il Gabibbo è qui per ricordarci che siamo tutti un po' «besughi», noi che guardiamo questa televisione di pupazzi umanizzati e umani pupazzizzati (vedi Beautiful). Topo Gigio diventava rosso quando sussurrava: «Cosa mi dici mai?». Ma, in clima di rivalutazione del pupazzo, c'è nuova gloria anche per lui, che si ritrova persino candidato a cantare al prossimo Festival di Sanremo. Il Gabibbo, invece, che rosso fuoco lo è dalla nascita, spalanca la bocca per gridare: «Ti spacco la faccia!». Prima di lui, comunque, a rompere la tradizione dei detestabili Provolini, degli intollerabili Rockfeller, ci aveva provato lo Scrondo, che era un nano vestito da pupazzo e vomitava in differita liquami verdognoli frammisti a gratuite insolenze. E prima ancora, Telemontecarlo aveva affidato alle «facce di gomma» un contronotiziario d'incerta vocazione satirica, non tenendo conto del fatto che anche la satira televisiva sarebbe diventata, di lì a poco, una manifestazione di regime, e che i nostri politici ben volentieri si sarebbero prestati ad interventi in prima persona, senza alcun bisogno di controfigure. Voci falsamente irriverenti, inutilmente maligne: i pupazzi, intesi come dissacratori, non hanno mai funzionato davvero, dimostrandosi spesso ancor più pavidi degli uomini. Pupazzi di regime, più che altro. Quando la censura oscurò Matrjoska, Scrondo fu portato in tournée, cercarono di imbucarlo persino al Festival di Sanremo, dove un pezzettino di gloria non lo si nega a nessuno, ma ugualmente non ebbe lunga vita: in mancanza di altre più precise vocazioni, il piccoletto non era neppure abbastanza repellente da reggere il confronto con i mostri-giocattolo che piacciono ai bambini, hamburger che vomitano senape, pizze dallo schizzo rosso-mortale, esseri gommosi e dsformi scomponibili in altri ancor più deformi. Gabibbo invece - nipote di Scarpantibus e figlio di Antonio Ricci, che su di lui ha trasferito il gergo da angiporto della Genova degli Anni Sessanta, quella che frequentava negli anni dell'Università - alza gli indici d'ascolto e condiziona il linguaggio dei ragazzini. Ed è anche, per così dire, il pupazzo più intellettuale della televisione. Tra poco Gabibbo inizierà a fare le serate in giro per l'Italia, avrà un impresario e un libro paga, firmerà autografi. «Ma ci sono sempre piaciuti, i pupazzi - ricorda il sociologo Sabino Acquaviva - la differenza è che quelli di oggi sono artificiali, esattamente come tutto il resto». Ma tant'è, il pupazzo si fa aggressivo, alza il tono di voce, «buca il video» come direbbero gli esperti, e allora bisogna proprio parlarne... «Il fatto è che stiamo proiettando sulla televisione tutta la nostra vita - dice Acquaviva - il salotto buono da Costanzo, la predica da Celentano, la sagra paesana da Arbore, e anche i pupazzi: tutte le cose, cioè, che non riusciamo più a far vivere ai nostri figli, ma che imponiamo loro attraverso lo schermo». Però il Gabibbo piace anche agli adulti... «Certo, gli adulti cercano l'orco, e perciò hanno i loro mostri». Il pupazzo degli Anni Novanta è un mostro informe, oppure un cane. I bambini che al pomeriggio seguono «Bim Bum Barn!» su Italia 1 hanno il loro Uan, che è un barbone rosa decisamente detestabile, eppure gode di assoluta parità con gli altri conduttori della trasmissione. Per gli adulti funziona benissimo, nel tardo pomeriggio su Raidue, Alf, che è un pastore extraterrestre molto spiritoso e, a differenza di altri extraterrestri altrettanto celebri ma il cui candore risultava, alla resa dei conti, davvero «dell'altro mondo» (per esempio Mork, quello che su un uovo veniva da Hork), è perfido, corteggia cialtronescamente ragazze cieche e origlia le conversazioni dei vicini, meglio se drammatiche, per riferirle in giro. Ed è strano che nessuno abbia ancora pensato di affidare ad Alf l'extraterrestre la conduzione di una trasmissione tutta sua, un bel programma, naturalmente, di tivù-verità. Stefania Miretti In due per un fantoccio Il Gabibbo sono due persone. Il corpo è del mimo Gero Caldarelli, la voce di uno degli autori di «Striscia la notizia»: Lorenzo Beccali. Il più sfortunato è Gero, che ógni sera deve calarsi nell'ingombrante costume cucito sulle sue misure (è alto un metro e 54) dalla moglie Katia, sarta degli scenografi Cheli. Per fortuna questo mimo nato nella scuola del Piccolo Teatro, amico di Nichetti con cui ha girato quattro film, che ama scrivere favole per bambini, ha un carattere dolcissimo e non si lamenta mai. Piccolino, asciutto, un viso buffo alla Macario, la vocetta esile e un modo di camminare saltellando a passettini dice: «Mi rincresce solo che spesso non riesco a vedermi. Io arrivo verso le 20 negli studi, mi infilo nel costume pesantissimo: è di gommapiuma ma ha certe parti in ferro. La testa come un grosso cappello e sulla faccia ho un cappuccio di tela nera. Io vedo dalla bocca del Gabibbo, è faticoso muoversi, ancor di più ballare. «Dopo la registrazione gli altri si fermano per vedersi, io corro a casa, vivo a Milano con moglie e figlia, per dormire e alzarmi presto di mattina ed andare fuori Milano a dar spettacoli per bambini. Torno a Milano e scrivo favole per la televisione svizzera di Lugano». Come si trova in questa seconda pelle? «L'ho detto è fatica, ma il Gabibbo piace ai bambini e io i bambini li aa.jro». Come fa a sincronizzarsi con Lorenzo? «Come lui parla io mi muovo senza provare, perché Lorenzo ha meno tempo di me». Lorenzo Beccali è anche coautore di «Striscia» come lo è stato di «Drive In» e via via fino a «Paperissima». Alto, bruno, con la barbetta, genovese come Antonio Ricci a cui assomiglia. Una prova della popolarità del Gabibbo e di come sia inconfondibile la sua voce l'ha avuta tempo fa, quando dovette essere sostituito da un imitatore. Arrivarono centinaia di telefonate di protesta. «Quello non è il Gabibbo autentico». Promette: «Non succederà più, al massimo mi farò sostituire da Antonio Ricci, che è il mio miglior imitatore». Del resto, di Ricci è la voce del disco della Emi, «Ti spacco la faccia», al vertice delle classifiche tanto che hanno proposto al Gabibbo di andare a Sanremo. «Il Gabibbo a Sanremo come concorrente non andrà. Sarà l'inviato di Striscia la notizia, la talpa rossa dietro le quinte del Festival». Cosa significa Gabibbo? «Terrone in genovese, è la storpiatura di una parola araba». Beccali, come Ricci, ha frequentato la facoltà di Lettere ma non è arrivato alla laurea. A vent'anni era già sposato e di sera lavorava in cabaret. «Ma subito scoprii che preferivo scrivere che recitare». A Milano abita nel residence di Milano Due sopra gli studi, ma sabato e domenica scappa a Cuneo, dove vive la famiglia. Come mai non li ha spostati a Milano, dove lavora da undici anni? «Mai, a Cuneo si vive d'incanto. Certo, durante la settimana è dura...». La voce di Beccali non è rauca come quella del Gabibbo, «ma riesco a renderla tale; il clima di Milano, poi, aiuta. Con Antonio ci dividiamo i personaggi. Io faccio Gorbaciov, il Papa e molte donne, le altre e i politici li fa lui». Ma almeno siete pagati bene? «Non male». E Berlusconi non viene mai a vedervi? «Per ora non si è mai fatto vivo. Io credo che lui si faccia vedere solo quando le cose non vanno bene». Adele Gallotti Topo Gigio con il suo doppiatore Peppino Mazzullo mm A «Striscia la notizia», ecco il Gabibbo accanto a Pisu e a una ragazza «velina» Provolino tra le braccia della sua «voce» Raffaele Pisu