Gli ottant'anni di Bo letteratura come vita

Gli ottant'anni di Bo letteratura come vita Tre testimoni per un maestro del '900 Gli ottant'anni di Bo letteratura come vita Carlo Bo venerdì compie ottant'anni. In onore del grande critico letterario, senatore a vita, da quarantadue anni rettore all'Università di Urbino, l'editrice Montefeltro sta per pubblicare un volume, «Per Carlo Bo», in cui raccoglie testimonianze inedite. Ne offriamo tre in anteprima. SI TANNO accostati fianco a fianco sullo stesso palchetto della mia biblioteca, e non solo per J la quasi omografia, Carlo Bo e Charles Du Bos. Sicché, nell'atto in cui mi accingo a dire del primo, mi vien naturale tirare giù e aprire alla pagina 20-1 le seconde Approximatiotis, Ce n'est qtie lorsqtie la mori vieni encadrer la vìe qiie leportrait est irai meni accnchéau nmr... Parole di Henry James, che Du Bos riferisce e commenta a proposito di Jacques Rivière, ma che tuttavia, nell'occasione ben altrimenti fausta, degli ottant'anni di Carlo Bo, vengono buone anche per lui. Costituendo, un tal venerabile genetliaco, in qualche modo un approdo e come un culmine, da cui sia lecito considerare nel suo intero sviluppo la parabola umana e creativa dello scrittore. Non ancora un ritratto da appendere al muro, visto che, grazie a Dio, il curricolo è lontano dall'esser concluso, ma quantomeno un bilancio, ancorché provvisorio, di un'opera che ha pochi confronti nel nostro Novecento letterario. Bisognerebbe aver avuto diciott'anni nei primissimi Anni Quaranta, o ancor prima, per capire il senso e il peso d'una presenza quasi leggendaria. Quando poteva succedere, e se ne illuminava la giornata, di trovare su una bancarella per poche lire il gran tomo delle immagini giovanili di SainteBeuve; oppure di leg- Carlo Bo: gere, prestato da Angelo Romano, durante una marcia di fanti fra Fabriano e Loreto, di leggere, dico, Letteratura amie vita, reggendolo con tre dita della sinistra, mentre con la destra si fumava una Milit... Si andava, inscatolati e comesospinti meccanicamente in avanti dai compagni di plotone; e c'era la guerra; e si aveva fame, paura. Quelle pagine parlavano d'altro, ma sottilmente aiutavano la nostra fame e la nostra paura a confrontarsi con un impegno morale, con una disperata fiducia, facevano sul «tempo minore della storia» balenare la luce d'un tempo maggiore ch'era quello della coscienza... Poi ciascuno scelse le sue strade, scorciatoie che spesso si sono rivelate vicoli ciechi. Le onde del millennio muoiono «•sulla spiaggia, fra bagliori di cielo che si stenta a intendere se siano l'annunzio di una catastrofe o il presagio di un'aurora. Ma per quel messaggio di mezzo secolo fa, per quell'antica complicità, grazie tardive, commosse, bene-auguranti agli ottant'anni di Ciarlo Bo. Gesualdo Bufalino ¥ * C|ON Carlo Bo, insieme abbiamo attraversato il Secolo. Possiamo dirlo. Nato due anni prima Idi lui, io. Ma insomma la «generazione» è la stessa («generazione» nel senso che le ha attribuito un altro amico di du¬ ta remotissima: Oreste Macri). Potremmo anche preparare la sorpresa, agli amici e ai nemici, di concludere insieme il Millennio. Un'accoppiata di vecchi «compagni di strada». Festeggiatissima, nel caso terminale del Duemila... Le date di nascita, sua e mia, sono quelle che si sanno. L'amicizia cominciò adagio, poco per volta, intorno agli «Anni 30». Ai tavoli delle «Giubbe Rosse», nei tempi della gran mitologia fiorentina. Mi pare verso il '33'34, il primo incontro. Quando scendevo dal Nord a fare incetta di amicizie letterarie. Tutti i nomi che sappiamo, tra «Solaria» e poi «Letteratura». Leggevo il suo Riviere edito dalla Morcelliana. L da lì venni incitato a leggere gli Rtudes nel volumetto bianco di Gallimard; dove entra anche la musica, senza affettazione, con accattivante naturalezza. E chi lo sa per qualedistrazione non acquistai in tempo il gran volume giovanile su Sainte-Beuve. Senza averlo ancora oggi potuto carpire a un amico che lo possedesse. Per il resto, i libri di Bo li ho tutti. Hanno accompagnato l'intera mia vita di lettore, sostenendo- ne le operazioni mentali. Prima nel «Frontespizio», poi negli Otto Studi di Vallecchi (all'epoca che i libri erano libri, e non sarcofaghi, o loculi, comeoggi, stante i disfacimenti editoriali -; le rilegature hanno congelato il libro... ), «Letteratura come vita» fu lettura chiave, per me. Mi ha servito a lungo, ancora oggi; mi ha insinuato idee che non riesco ad abbandonare. «Letteratura comevita» l'ho trasportata in «musica come vita». Insieme alle implicazioni che letteratura e musica ti calcano addosso. Pensieri e sentimenti che non lasciano la preda. E la critica, la saggistica, anzi: la letteratura (estetica e morale) di Bo è stata una delle ficelles per il mio inquieto divagare, insieme ad altri «maestri» della stessa generazione e di t]uella precedente; risalendo fino a tutto ciò che .devo a Giuseppe De Robertis. Anche per Du Bos il debito passa attraverso Bo. Fu lui a insistere su quel nome che prima non conoscevi). Le ApproximalioHS, ilJournal, i «colloqui» con Gidc. Chi legge più Du Bos in Italia? E nella Francia attuale? Chiusa la Firenze del «Frontespizio», di «Letteratura» dell'amico Bonsanti, delle edizioni bianco-rosso dei Fratelli Parenti; chiusa la Firenze delle mitologie giovanili, sopraggiunsero per Bo, per me, gli anni «milanesi». Cambiava tutto. Era chiuso per sempre qualcosa rutto - che non si sarebbe ripetuto. Lui a «via Solferino», io alla «Scala». Cose illustri, ma non prive di tetraggine. Insieme ai toni della Città. Gli incontri al «Biffi-Scala». Insieme a un amico scomparso troppo presto, Enrico Emanuela. Era mutata la sede per le mie letture di Bo. Il Corriere della Sera, ecco. Ed ora anche la Milano di quegli anni, mutata. Non più il «Biffi-Scala»; mai più. Un timbro - letterario, morale, artistico, civile? - non lo ghermisci; non sai quale possa essere, quale ti aizzerebbe ai soprassalti di un passato. Gli incontri con l'amicomaestro, diradati; troppe intermittenze vanno cumulandosi. Viviamo un ultimo tempo senza parole. Insieme all'amicizia di sempre, con la mia anagrafe maggioritaria, mi preparo a non sopravvivergli. Gianandrea Gavazzeni ¥ ¥ AROLUS ti guarda maiestatico con il suo nome. Giudica in silenzio le banalità degli astanti, ma la fonte del suo giudizio è certo altrove, molto lontano. A monte. Rimasti soli al tavolo del bar, che già pP»Ì| c'era ombra sulle Case Rotte, dico: «Tutto questo succede perché la Terza Guerra tarda a scoppiare. Oppure è già scoppiata a nostra insaputa. E' nella gente, e la gente ci si sporca». Carolus scuote energicamente la grande testa in verticale, approva. Debbo aver toccato un punto sensibile del suo involucro carnale. Credo di conoscere quei pochi sui quali reagisce. Gli altri no, occulti in chissà quali grotte di sé. «E noi? Noi come gli emigrati al tempo della Grande Rivoluzione, l'unica che ha davvero cambiato il mondo». Nuova scossa di approvazione dalla parte di Carolus. Altro silenzio. Noi dunque oggi come quegli emigrati, allora. Per questo, anche nelle righe di questa memoria, sono reticente sull'oggi e su quanto gli pertiene nominalmente, oggetti, strumenti, istituzioni, persino la topografia. Una ripugnanza in me opera uno sbarramento contro una quotidianità mai come ora avvertita sgradevole. Non ho predilezioni per nessuna epoca passata, recente o remota, nessuna in cui vorrei o avrei voluto vivere. Eppure mi succede, trovatomi di colpo in un altro tempo qualunque, di usare locuzioni, detti, nomenclature, perifrasi. Non mi dispiaceva prima della destituzione la nomina di poeta palatino, il suo decoro vocale, di cui ora è oggetto di scherno anche il solo ricordo. Basterebbe un'espressione così - oggetto di scherno - a infastidire Luciana le poche volte che riesco a imbastire un discorso con lei. Non sa che è un riparo dall'indifferenza di lei, dalla volgarità di altri. Le prime lampade accese, e attorno alle Case Rotte il girotondo ora stretto ora largo delle rondini. Il solstizio passato appena due giorni fa, e di pochissimo più corte le giornate. «Addio - fa Carolus - è già finita l'estate». Vittorio Sereni pP»Ì| Carlo Bo: «il peso di una presenza quasi leggendaria)

Luoghi citati: Fabriano, Firenze, Francia, Italia, Loreto, Milano