Tango, il rivale e vincitore di Menem

Tango, il rivale e vincitore di Menem A Buenos Aires in 250 mila sono scesi per le strade a festeggiare il centenario del celebre Gardel Tango, il rivale e vincitore di Menem Passano ipresidenti, resta il ballo BUENOS AltHES DAL NOSTRO INVIATO Dal seminterrato la voce sale i gradini in cotto che portano al vicolo. Anziana ma limpida, tenta col canto di catturare i giovani distratti che attraversano la Plaza, a un passo da Corrientes, «la calle mas calle» di Buenos Aires. In completo jeans o pretenziosi doppiopetto, scarpe a punta, capelli scuri impomatati, i ragazzi parlano fitto con fanciulle, belle e allegre, che sorridono felici dei loro audaci «Saint-Tropez». Che importa se l'inflazione galoppa, il costo della vita tocca vette da vertigine e l'auto è per molti un sogno quasi proibito? Dopo gli anni della paura si è liberi di tirar tardi, di parlare di nulla e di tutto, di scegliere un cinema o un teatro, anche di ascoltar tango. E questo conta. Anche se dal Golfo arriva l'eco dell'uragano e c'è preoccupazione per i 700 «muchachos» imbarcati sul caccia «Almirante Brown» e sulla corvetta «Spiro». Le 20 appena passate, nel seminterrato, immerso nella penombra il Caie dei Tango è deserto: è presto per «cominciare a vivere». Carica di nostalgie antiche e di incurabili malinconie, la voce canta: «Sur., paredòn y despues... Sur, una ìuz de almacen», «Sud, muraglione e poi... Sud, la luce di un'osteria». Qualcuno un giorno ha osservato: «Si direbbe che senza i crepuscoli e le notti di Bueons Aires non possa nascere un tango». Più tardi trovare un posto sarà impossibile, ai tavoli una folla di giovani e meno giovani seguirà trepidanti le note di «Sur», di «Volver», del «Choclo», di «Caminito». Nella Plaza i negozi raffinati, i caffé, il teatro e la galleria hanno soppiantato l'antico mercato italiano e il «Bacin», un ristorante a buon prezzo nel quale i suonatori di bandoneon, oggi in giro per il mondo come i calciatori, di fisarmonica, aspettavano il giorno e Anibal Troilo, «Pichuco», scriveva brani che nessuno dimentica. Il tango, si dice, non ha età ma soltanto anima. «E' una cosa che il tempo non corrompe», mi dice lo scrittore Osvaldo Soriano. Quel tempo spietato e crudele che guasta questa città dalle due anime, l'europea e la latinoamericana. Quando la dittatura dei militali l'eri e umiliò il Paese e tutto era «prohibido», lo scrittore scelse la Francia. Ora è tornato e vive alla Boca del Riachuelo, dove il folklore delle case di legno variopinto non na¬ sconde l'esistenza miserevole a cui molti son condannati né le difficoltà di chi cerca un lavoro introvabile e dove chi per sopravvivere ruba, chiama «trabajo» la propria attività. «Una fatica, perché oggi le porte degli appartamenti hanno serrature complicate e i giapponesi hanno piazzato allarmi dappertutto». Ma la nostalgia era troppo forte: «A Parigi mi annoiavo, questa città mi mancava, mi mancavano le sue emozioni anche se ormai è tutto routine». Fra mille cose appassite in ernesta città appassita la voglia di tango non sembra mutata. «Perché il tango è vita», sospira Soriano. Dalla vetrina di un caffé di Corrientes osserva il perpetuo rincorresi delle vecchie auto e sorride. «Una sombra ya pronto seràs», ha intitolato il buo ultimo libro, un verso preso da «Caminito». Perche, avverte, «con una strofa si può spiegare tutto, anche Raul Alfonsin. Però non Carlos Menem, lui è più complicato: è peronista ma applica la politica della destra, non ha pudori». Eppoi, in qualche modo, dicono qui, il presidente ha tradito il sentimento. Per i vetero-justicialisti e i neo-nostalgici, il buon argentino dev'essere peronista, tifoso del Boca Juniors e andare pazzo per il tango. Menem si è alleato con i latifondisti antichi nemici di Peron, in periodo di congiuntura feroce ostenta la Ferrari che gli hanno regalato e tifa River Piate. Lo salva giusto il fatto di adorare il tango e poche sere or sono si è esibito in uno sfrenato ballo con Mirta Legrand, una matura giornalista, considerata di destra e spinta, che lo aveva appena intervistato sulla sua fama di tombeur de femmes. Ma quando e dov'è nato il tango? Gli si attribuiscono origini affascinanti e incerte come incerta e affascinante è la mitologia. Pare che il primo tango, musica senza parole, sia stato scritto attorno al 1880. C'è chi dice a Buenos Aires, nel quartiere dei postriboli, fra calle Junin e calle La valle; chi a Rosario, nel «barrio» Sunchales; chi ancora, come a ata Vicente Rossi, a Montevideo nelle «accademie», le sale da ballo, di calle Yerbal, un'altra zona che ospitava «quelle case». In principio era solo suono. Piano, flauto e violino per una musica ispirata, si crede, ai ritmi primitivi importati in Centroamerica dagli schiavi neri e incrociati con le musiche europee. Più tardi, all'inizio di questo secolo, la nostalgia degli emigranti regalò parole di una struggente nostalgia, indimenticabili talvolta. Arrivarono chitarra e bandoneon. Il linguaggio era il «lunfardo», il gergo usato dalla malavita di Buenos Aires. Colpiva come una frustata la lascivia di alcune «figure», le allusioni sessuali fin troppo esplicite, l'atmosfera da bordello. Alcuni titoli sono esplicitamente allusivi come «El choclo» (la pannocchia) ed «El fierrazo» (la pugnalata). E graffiava l'ironia, la sfrontatezza di questo ballo ribaldo. L'allegria no, perché nel tango è impossibile trovare un briciolo soltanto di spensieratezza. «Il tango è un. pensiero triste che si balla», è stato detto un giorno. E se la 1,-asgressione eccitava l'alta bor■esia, la gente del popolo respingeva indignata la tentazione. Lo scrittore Leopoldo Lugones, in «El payador», accenna con disprezzo al tango come a «quel rettile da lupanare». I giovani amano anche altro. Per una stagione breve l'idolo fu Luca Prodan, interprete del rock duro, «italiano, pelado, heroinòmano y musico», morto nel 1984. Ma quando 1' 11 dicembre scorso è stato festeggiato il centenario della nascita di Carlos Gardel «tutta Buenos Aires», hanno detto i giornali, ha impazzato in Avenida 9 de julio facendo l'alba al suono di tanghi «inmortales». Non c'era naturalmente tutta la città, ma almeno in 250 mila son scesi per strada per vivere «Mi Buenos Aires querido», un folla che Menem sogna invano di poter radunare almeno una volta. Come per molti grandi, anche per Gardel, «el maximo idolo de los argentinos», più luoghi si contendono l'onore di avergli dato i natali. L'Uruguay rivendica e la Francia ribatte. Nel cimitero di Tolosa una lapide afferma: «Charles Romuald Gardes detto Gardel creatore del tango cantato che l'ha reso celebre in tutta l'America del Sud è nato a Tolosa il 10 dicembre 1890, al 4 di rue del Canon d'Arcole». La madre, Berthe Gardes, faceva la stiratrice, il padre era sconosciuto. Più tardi, divenuto celebre, si vide arrivare in casa il vecchio genitore. Ma alla madre che gliene parlò, rispose: «Guardate, vecchia mia, io non ne ho bisogno. Voi potete fare quello che volete». E dona Berta liquidò l'antico ma un po' troppo distratto spasimante. E' stato il più grande di tutti. Cantò nei teatri di mezzo mondo e ottenne successi clamorosi. Ha avuto una sorte sfortunata e singolare: morì il 24 giugno 1935, in un incidente aereo in Colombia, sulle montagne di Medellin e la gente ora è felice perché non è mai invecchiato. Gli argentini non si son mai rassegnati alla scomparsa. «Più che un uomo fu un sogno collettivo», ha detto Abelardo Castillo. Al cimitero, fra le dita di una mano del monumento in bronzo che gli hanno dedicato c'è un mozzicone di sigaretta perennemente acceso e signore che hanno avuto la ventura di ascoltarlo come ragazze appena sbocciate all'amore sostano per confidare a «Carlitos» i sogni, le preoccupazioni, le gioie, i dolori. E' stato «il migliore» e in Argentina quando si parla di qualcuno bravo ma non eccelso, si dice: «No es Gardel». Quel genio del pallone che si chiama Diego Armando Maradona «es Gardel», non lo è Paulo Claudio Caniggia, che pure al mondiale ha messo in ginocchio Brasile e Italia. Forse, per una breve stagione, lo è stato Peròn, non lo è Menem. Non sembra esatto affermare che con «Carlitos» sia nato il tango-canzone, certo con lui il tango, quasi costretto all'esodo in Europa, a Parigi soprattutto, tornò trionfalmente sul rio de la Piata. La sua voce «pareva un'orchestra». La sua interpretazione di «Caminito», nella quale la chitarra scolpisce un'atmosfera unica, viene considerata irripetibile. Nei giorni in cui Carlitos «abria cumplido 100 anos» sui muri di Buenos Aires i erano più numerosi i manifesti con il suo volto sorridente di quelli di Menem che pure aveva appena soffocato l'ultima rivolta dei militari «carapintadas». Quando il tango sembrò accusare il peso degli anni un altro grande della musica criolla, Astor Piazzolla, gli dette nuova linfa. E, dopo il periodo così detto del ballo profano e quello del canto e poesia, nacque la musica da concerto. Non a tutti piace quello che Piazzolla compone e suona con divina maestria accompagnandosi con il bandoneon, non piacque a Jorge Luis Borges, l'aedo cieco di calle Maipù che disse: «Non è tango, non ho provato brividi». Lo sopportarono i militari della «junta» che tiranneggiò il Paese negli Anni Settanta perché, spiegò il maestro un giorno, «per loro era troppo complicato per capire». Piazzolla ora è malato e non suona più ma seguitissime sono ancocra le interpretazioni di Osvaldo Pugliese, che ha 82 anni, vive alla Boca ed ha una banda tutta sua. La gente accorre e applaude. Naturalmente anche i turisti accorrono perché il business è grande. All'Antiguo Almacen e alla Casa de Carlos Gardel i tavoli sono perennemente riservati a loro, ma per i «portenos», per chi è nato e abita in Buenos Aires, sono altri i luoghi di ritrovo: in locali adornati di nostalgia alla Boca, a San Telmo, a Palermo vecchio. I giovani ascoltano, si commuovono. Qualcuno balla. Milena Plebs, 31, e Miguel Angel Zotto, 29, del tango hanno fatto lo scopo della loro vita. Ballerini professionisti, ma per vocazione, sottolineano. «Fui conquistata dal tango diciassettenne, mentre frequentavo la scuola di ballo San Martin», racconta Milena Plebs. E Zotto: «Tutta la mia famiglia è "tanguera". Quando ero piccolo e i miei genitori uscivano per andare a ballare, io rimanevo con uno zio che ascoltava tanghi in continuazione». I due ora portano nel mondo «Tango x 2», uno spettacolo di musica e danza considerato un po' il simbolo della riconquista di Corrientes dai giovani tanguisti. Perché, van bene le mode, va bene il rock, ma il tango è un'altra cosa e Radio FM, diretta da un interprete di rock duro, diffonde tanghi per 24 ore al giorno. Quanti tanghi son stati scritti? Quien sabe. Una volta li hanno contati, era il 1969, la società degli autori argentina aveva appena registrato il milionesimo titolo. Vincenzo Tessandori E dopo l'intervista il capo di Stato si abbandonò a una musica sfrenata Lo scrittore Soriano: «Il tempo non lo corrompe» E ha intitolato l'ultimo libro con un verso di «Caminito» Buenos Aires: Milena Plebs e Miguel Angel Zotto hanno riportato il tango in Corientes, il cuore della capitale