I democratici sfilano contro lo zar Gorbaciov

I democratici sfilano contro lo zar Gorbaciov Mentre a Baku un milione di persone commemora le vittime della repressione di un anno fa I democratici sfilano contro lo zar Gorbaciov In300 mila denunciano: dittatura alle porte MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Ad una settimana dalla «domenica di sangue» di Vilnius, l'opposizione democratica è scesa in campo. Centinaia di migliaia di persone hanno risposto all'appello della coalizione progressista «Russia democratica», marciando ai piedi delie mura del Cremlino, al grido di «La dittatura non passerà». Mentre a Baku, la capitale azerbaigiana, un milione di persone ricordava le vittime dell'intervento militare che un anno fa provocò la morte di oltre 130 persone, le forze radicali moscovite sono scese in piazza per opporsi a quello che lo storico Jurij Afanasev ha definito «il corso reazionario di Gorbaciov e della sua squadra». «Siamo qui per esprimere solidarietà con la Lituania, che lotta per la libertà e l'indipendenza, per esprimere una decisa protesta contro i sanguinosi eventi di Vilnius», ha detto lo storico, mentre la folla gridava «vergogna, vergogna» ed inneggiava al presidente russo Biros Eltsin, divenuto la bandiera dell'opposizione democratica. Assente per motivi di sicurezza, Eltsin ha inviato una dichiarazione. «Il pericolo di dittatura, denunciato da alti dirigenti della nostra società, sta divenendo una realtà», recitava il suo appello, in un chiaro riferimento all'intervento di dimissioni pronunciato il mese scorso dall'ex ministro degli Esteri Shevardnadze. In un attacco a Gorbaciov, Eltsin ha scritto che «la dirigenza del Paese ha abbandonato il corso precedente, appoggiando l'offensiva reazionaria». La manifestazione è stata del ' resto caratterizzata da un'aspra ! critica nei confronti del leader del Cremlino: «Gorbaciov sul banco degli imputati», «Gorbaciov, dividi il tuo premio Nobel con Saddam», si leggeva sugli striscioni, «Fuori i boia dal Cremlino», «Abbasso il pcus». Tra decine di bandiere lituane listate a lutto, ritratti di Eltsin e caricature di Gorbaciov, la folla (300 mila persone secondo la «Tass»), ha percorso il viale Kalinin, gridando «assassini, assassini» all'indirizzo del ministero della Difesa. E non di meno Eltsin, nella sua dichiarazione, si è detto pronto «in qualsiasi momento» a riprendere il dialogo con Gorbaciov. «Non cediamo al panico, abbiamo forze sufficienti per fermare la reazione», recitava la sua dichiarazione, «ci appelliamo a tutti i russi ad agire strettamente nell'ambito della legge, non cedete alle provocazioni. La violenza genera solo violenza, ed un qualsiasi passo falso potrà essere usato per giustificare un'azione militare». Simili manifestazioni di protesta si sono svolte ieri anche a Leningrado, dove 40 mila persone si sono radunate nella piazza del palazzo d'inverno, nella capitale ucraina Kiev, in quella moldava Kishinjov, nella metropoli metalmeccanica degli Urali Sverdlovsk ed a Donetsk, centro del bacino ucraino del Donbass. Eltsin ha intanto anticipato di otto giorni l'apertura della sessione del Soviet supremo russo, che inizierà i suoi lavori stamane, in un momento di estrema tensione politica. Dal Baltico giungono notizie preoccupanti: a Riga ignoti hanno sparato una raffica di mitra contro la sede del Comitato centrale del pc locale, senza provocare vittime, mentre il «Comitato di salvezza nazionale», costituito dai comunisti all'ombra dei militari, ha affermato, subito smentito, di avere «preso il potere». L'appello di Eltsin letto a Mosca sembra indicare che ha assunto un atteggiamento di maggiore accortezza, ma secondo i suoi portavoce il leader radicale pronuncerà al Parlamento russo un discorso battagliero. La grande incognita resta Gorbaciov che, volutamente o sotto la pressione dell'ala reazionaria del pcus e dei militari, ha giustificato l'assalto dei paracadutisti alla torre della tv di Vilnius, in cui hanno perso la vita 14 persone. Vero è che alcuni dei consiglieri progressisti estromessi dalla squadra del presidente hanno ribadito la propria fiducia in Gorbaciov, ed il commentatore Anatolij Karpyciov ha scritto sulla «Pravda» che «il presidente è un sostenitore del dialogo, ma un'altra cosa è sicura: qualcuno cerca di accusarlo di ogni cosa». Fabio Squillante I Centinaia di migliaia di dimostranti marciano sul Cremlino per chiedere le dimissioni di Gorbaciov dopo la repressione in Lituania (foto in alto). «Processiamo il pcus», recita uno dei cartelli inalberati dalla folla (foto in basso), che ha paragonato il presidente sovietico a Stalin (foto a destra)