A Roma, in fuga da Israele

A Roma, in fuga da Israele A Roma, in fuga da Israele «Scene inenarrabili, tanta paura» ROMA. «Tra la gente c'è la psicosi del gas. C'è tanta paura: paura per quello che potrebbe accadere da un momento all'altro». Saverio Brancorsini, romano, è uno degli italiani rientrati con la famiglia ieri sera da Tel Aviv, con un aereo speciale messo a disposizione dall'Aeronautica militare italiana per riportare in patria alcuni connazionali residenti in Israele. Il racconto di Brancorsini e di sua moglie è drammatico. Parlano di un Paese in preda alla paura, dove l'incubo dei missili di Saddam Hussein si alterna alla preghiera e alla speranza che la guerra non produca vittime. «A Betlemme - raccontano non hanno dato maschere antigas ai civili e la popolazione si chiudeva in casa a pregare. Gli ebrei hanno molta paura, ma non sono gli unici. Anche gli arabi temevano i missili iracheni». Quella di Saverio Brancorsini e di sua moglie è una delle poche testimonianze. Gli altri italiani preferiscono sottrarsi alle domande e alle telecamere. Escono velocemente dalla sala per raggiungere sul piazzale il pullman dell'Aeronauti¬ ca che li riporterà a Roma. Alla fine molti mancano all'appello. Qualcuno è uscito da una porta secondaria. Erano da poco passate le ore diciannove di ieri sera quando un Hercules C-130 italiano, partito tre ore prima dall'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, è atterrato a Ciampino. A bordo c'erano cinquantacinque persone, fra le quali una ventina di italiani e un gruppo comprendente israeliani, spagnoli, colombiani, francesi e un belga. All'uscita dal controllo doganale volti tesi e affaticati. Si leggeva a chiare lettere la fine di una brutta avventura, ma la preoccupazione per quanti sono rimasti laggiù, ancora sotto la minaccia del dittatore iracheno. Il dottor Silvestri è un medico dell'ospedale italiano di Haifa. Pronuncia solo poche parole: «Hanno consigliato di rientrare. Noi tutti siamo rimasti sconcertati per quanto è accaduto. E' la prima volta che Israele non replica a un attacco straniero». Un'altra testimonianza, quella di Renato, dodici anni, figlio del console italiano Marino Fiori: «Non ho avuto paura - dice -. Abbiamo fatto mol¬ te prove. Nei rifugi si sta bene». La signora Napolitano è moglie di un addetto all'ambasciata italiana di Tel Aviv: «Non ci aspettavamo di essere attaccati. Mio marito è ancora lì». Una signora italiana, moglie di un medico, rifiuta di dire il suo nome. Concede solo poche battute, drammaticissime: «Abbiamo visto cose inenarrabili». Poi la tensione ha il sopravvento, la donna scoppia in un pianto dirotto e fugge via. La missione del C-130 è così compiuta. Bisogna però sottolineare che molti si aspettavano l'arrivo di un maggior numero di italiani. Parecchi parenti, infatti, sono rimasti ad attendei e invano. A Ciampino nessun rappresentante della Farnesina è venuto ad accogliere i nostri connazionali; nessuno è in grado di dire se e come altri rientreranno presto da Israele. Solo poche notizie frammentarie, in un aeroporto assediato dalla polizia e dai mezzi militari e con misure di sicurezza straordinarie. In tutti c'è un po' di tensione. A tre ore di volo c'è la guerra. Mino Lorusso

Persone citate: Ben Gurion, Mino Lorusso, Napolitano, Saddam Hussein, Saverio Brancorsini